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Cantare è emozione

Incontri emozionanti

Se il ruolo delle emozioni è centrale nel percorso di apprendimento di ogni bambino, tanto più è cruciale nelle situazioni di discontinuità e di vulnerabilità maggiore, quali quelle vissute dai bambini e ragazzi che hanno una storia diretta o famigliare di migrazione. Yamil, arrivato in classe da poco, ogni tanto esplode in gesti di rabbia e di sfida. Guarda i suoi compagni con curiosità e timore; si capisce che vorrebbe far parte del gruppo ma non ha ancora parole comuni e abitudini condivise. Sef invece se ne sta in disparte, chiuso come un riccio; ha lo sguardo spento, triste e sorride raramente. Soheila parla sottovoce e con fatica, fa di tutto per essere &ldquo;invisibile&rdquo; e trasparente, anche. Nelle piccole storie dei bambini e dei ragazzi raccontate dagli insegnanti si colgono disorientamento, stupore, senso di solitudine, paura dell&rsquo;abbandono, rabbia, isolamento.

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Chi non ha parole per dire, usa i gesti e il corpo per esprimersi. In questo tempo, segnato spesso da distanze che si stanno allargando, mettere la paro- la accanto alle emozioni, e prima dei gesti, vuol dire allenare alla consapevolezza e all&rsquo;ascolto di sé e degli altri. Vuol dire insegnare a tenere insieme la mente che pensa e la mente che sente, come scrive Goleman: &ldquo;Abbiamo due menti, una che pensa e l&rsquo;altra che sente. Queste due modalità della conoscenza così fondamentalmente diverse, interagiscono per costruire la nostra vita mentale&rdquo;.

Parlare con il corpo: strategie intradirette o eterodirette

Anche in una fase di apprendimento linguistico iniziale, la lingua delle emozioni deve dunque trovare il suo posto e permettere a coloro che sono giunti da poco, alle prese con vicissitudini e cambiamenti profondi e improvvisi, di potersi dire e raccontare. Almeno un po&rsquo;, seppure in modo semplice, ma non solo a gesti. All&rsquo;inizio saranno poche le parole da condividere, ma via via le sfumature dei vissuti troveranno un lessico emotivo più adeguato, ricco di metafore e immagini inediti, anche grazie allo scambio e al racconto degli altri.

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Dare parole alle emozioni

Ogni bambino e ragazzo (e naturalmente questo succede anche agli adulti) impara solo se si sente accolto, se avverte che c&rsquo;è un posto per sé, dove si sente a casa, al quale appartiene e nel quale si riconosce. Il ruolo della componente affettiva nel processo di apprendimento è centrale e cruciale: l&rsquo;emotività ha una funzione da acceleratore dell&rsquo;acquisizione e facilitatore della motivazione o, viceversa, può fare fa da freno e da ostacolo e produrre demotivazione e chiusura.

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Lavorare in classe sulle emozioni: tre proposte

3. Caro diario, scritture autobiografiche 
Allenare i bambini, fin dalle prime classi della primaria, a scrivere di sé significa insegnare loro ad ascoltarsi, a trovare parole per descrivere e descriversi. Significa abituarli a riconoscere e denominare emozioni affinando via via il lessico, l&rsquo;attenzione, lo sguardo verso gli altri. Le sollecitazioni per organizzare, in maniera ordinaria e costante, i momenti e le attività dedicate alla scrittura di sé possono essere varie:

<ul>
	<li style="text-align: justify;">il racconto di eventi a carattere personale o vissuti insieme;</li>
	<li style="text-align: justify;">il piccolo diario;</li>
	<li style="text-align: justify;">le immagini di giochi dell&rsquo;oca autobiografici;</li>
	<li style="text-align: justify;">i racconti collettivi di storie inventate che danno parole e trama allo stare bene insieme.</li>
</ul>

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2. Tanti libri sulle emozioni 
Moltissimi sono i libri, i film e i video che parlano di emozioni, vissuti e stati d&rsquo;animo, sollecitano l&rsquo;empatia, invitano a mettersi nei panni degli altri. In rete, si trovano bibliografie aggiornate e suddivise per fasce di età. Qualche proposta, dal catalogo Giunti, per i bambini: 
Tea - Il libro delle emozioni 
Gli Emozionari. Dimmi come ti senti Come ti senti oggi? 
E per i più grandi: 
Dieci lezioni sulle emozioni.

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Il filtro affettivo

1. Autoritratti emotivi 
Un&rsquo;attività semplice che può diventare di routine è il &ldquo;calendario emotivo&rdquo;. Ogni tanto si chiede di disegnare su un post-it l&rsquo;immagine che rappresenta lo stato d&rsquo;animo e le emozioni di quel giorno e poi di raccontare agli altri perché ci si sente felici o tristi. E, in seguito, anche: arrabbiati, nervosi, preoccupati, sollevati, fiduciosi, tranquilli... Un&rsquo;altra modalità può essere la scrittura del proprio &ldquo;autoritratto emotivo&rdquo;, affidando alla poesia il compito di dire come si è e alle metafore quello di dare forma e colore alle emozioni e alle caratteristiche individuali.

Non si può fare spazio dentro di sé a contenuti nuovi, a saperi che si interiorizzano e si fanno propri se le emozioni ci sovrastano, spengono la curiosità e impediscono l&rsquo;apertura. Un brillante e noto studioso di apprendimento delle seconde lingue, Stephen Krashen, parla a questo proposito di &ldquo;filtro affettivo&rdquo;, definendo così la barriera di difesa che ostacola l&rsquo;acquisizione e che ha a che fare con l&rsquo;emotività, il contesto, il clima, le relazioni. Succede molte volte che un bambino o un ragazzo restino muti e in disparte in classe e per lungo tempo e non facciano sentire la loro voce, mentre nelle situazioni più vicine, di piccolo gruppo o di laboratorio linguistico, dove il filtro affettivo si abbassa, le loro competenze si &ldquo;scongelano&rdquo; e sono in grado di esprimersi e di prendere la parola. Oppure che uno stesso alunno si ponga in maniera diversa nelle relazioni con l&rsquo;uno o l&rsquo;altro docente, con l&rsquo;uno o l&rsquo;atro educatore.

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Impara solo chi si sente accolto

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