L’importanza della prevenzione a partire dalla scuola dell’infanzia. Intervista al prof. Giacomo Stella

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Uno spazio di libertà Propongo alla classe vari esercizi teatrali ed espressivi e la ragazza si innamora del gioco delle palline, un’attività che richiede coordinamento e attenzione reciproca, dosaggio della forza e volontà di creare un’intesa. Mostra di iniziare a sentirsi a suo agio e, anzi, riesce a esprimere qualità che per prima non si riconosceva. Proseguo il lavoro sul gruppo e sulla relazione. Sono molte le attività teatrali ed espressive che propongo alla classe e, a poco a poco, Eva è sempre più coinvolta, anzi spesso è lei la prima a chiedere di iniziare&nbsp;l’attività. Le piace questo spazio di libertà che le concedo. Quando c’è, sa esserci totalmente; quando per lei quello che facciamo è troppo, si disconnette. Tra di noi si stabilisce un patto non verbale che ci lega nel silenzio, siglato con uno sguardo di sbieco e un sorriso appena accennato. Il corpo è fondamentale nella sua vita, un importante veicolo espressivo, e gradualmente in quello spazio fatto di movimento e gioco Eva riesce a trovare la forza per uscire dalle sue paure, per superare i suoi fantasmi.

Se, in generale, nei contesti educativi le attività espressive e cinestesico-motorie hanno un grande valore inclusivo, creare momenti di educazione all’affettività e consapevolezza emozionale è fondamentale soprattutto per quei ragazzi con particolari fragilità che hanno alle spalle un percorso costellato di esperienze negative. Molte ragazze e ragazzi con disturbi e disabilià, infatti, attraversano il loro percorso scolastico esposti a derisione da parte dei compagni o a veri e propri atti di bullismo. Soprattutto dove il numero di alunne e alunni certificate/i è alto, un approccio basato

Se, in generale, nei contesti educativi le attività espressive e cinestesico-motorie hanno un grande valore inclusivo, creare momenti di educazione all’affettività e consapevolezza emozionale è fondamentale soprattutto per quei ragazzi con particolari fragilità che hanno alle spalle un percorso costellato di esperienze negative. Molte ragazze e ragazzi con disturbi e disabilià, infatti, attraversano il loro percorso scolastico esposti a derisione da parte dei compagni o a veri e propri atti di bullismo. Soprattutto dove il numero di alunne e alunni certificate/i è alto, un approccio basato sulla pedagogia delle emozioni, un lavoro sulla dimensione affettivo-relazionale, sono imprescindibili per portare avanti una didattica che sia veramente inclusiva e rispettosa di quella complessità che si rivela con estrema chiarezza proprio in questi casi.

Eva ha potuto capire che non è sola, che anche altri vivono le sue incertezze e che il mondo della scuola ascolta e ha spazio per tutti

Se, in generale, nei contesti educativi le attività espressive e cinestesico-motorie hanno un grande valore inclusivo, creare momenti di educazione all’affettività e consapevolezza emozionale è fondamentale soprattutto per quei ragazzi con particolari fragilità che hanno alle spalle un percorso costellato di esperienze negative. Molte ragazze e ragazzi con disturbi e disabilià, infatti, attraversano il loro percorso scolastico esposti a derisione da parte dei compagni o a veri e propri atti di bullismo. Soprattutto dove il numero di alunne e alunni certificate/i è alto, un approccio basato sulla pedagogia delle emozioni, un lavoro sulla dimensione affettivo-relazionale, sono imprescindibili per portare avanti una didattica che sia veramente inclusiva e rispettosa di quella complessità che si rivela con estrema chiarezza proprio in questi casi.

Ma com’è possibile che alcune semplici attività espressive e relazionali abbiano contribuito a creare questo piccolo miracolo? In realtà il cerchio, così come è stato proposto per quasi un anno, ha dato a tutti i ragazzi e le ragazze la possibilità di definire un contesto protetto e non giudicante. Piano piano le storie hanno iniziato a fluire sempre più liberamente e sono stati tanti i momenti emozionanti contenuti e protetti da un patto in cui i partecipanti si sono impegnati alla discrezione e al rispetto reciproco.&nbsp; Il creare dei momenti di comunicazione profonda e onesta ha permesso a Eva di raccontare il bullismo subìto, la morte della nonna, le difficoltà con un professore, la paura di non farcela, la vergogna di leggere in pubblico, e ha avuto modo di capire che non era sola, che anche altri&nbsp;vivono le stesse incertezze e che il mondo della scuola c’è, ti ascolta, ha spazio anche per te, per ciò che senti. Questo ha fatto sì che gli stati interni di ogni allievo e di Eva, in particolare, diventassero sentimenti riconosciuti, condivisi, compresi. I piccoli rituali hanno aiutato a conferire all’incontro un valore speciale, espresso senza il bisogno di tante griglie e di tante parole. Per il resto, è stata la vita che ha fatto il suo corso.

I miglioramenti in un anno di lavoro Il lavoro produce man mano numerosi significativi miglioramenti: Eva inizia a prendersi gradualmente degli spazi espressivi autonomi rispetto all’educatrice, dimostra in vari momenti di curare sempre di più la sua persona esprimendo una volontà di relazione e di incontro.&nbsp; Durante il periodo di isolamento domestico del marzo-aprile 2020 partecipa alle lezioni on line e risponde correttamente alle consegne, concludendo l’anno con un’ottima votazione. Anche adesso la ragazza, a quasi due anni dal nostro primo incontro, mantiene l’attenzione per lungo tempo durante le ore di didattica a distanza e dimostra di aver elaborato con tranquillità il distacco dall’educatrice che l’aveva seguita per vari anni. Eva è spesso disponibile a mettersi in gioco leggendo, offrendosi volontaria per le interrogazioni e raccontando gli episodi legati alla lunga quarantena che la sua famiglia e lei hanno dovuto vivere a causa della positività al Covid 19. Molti dei tratti di irascibilità sembrano adesso fortemente attenuati se non addirittura scomparsi. A distanza di un paio d’anni, quindi, quella ragazza che si nascondeva negli angoli rifiutando qualunque&nbsp;contatto con i coetanei e con gli insegnanti adesso mostra di apprezzare la scuola e di comprendere i possibili sviluppi professionali offerti dal percorso di studio. Si interessa con curiosità alle scienze umane, riconosce il valore dell’amicizia e se ne prende cura con attenzione e intelligenza. Finalmente si trova bene nella classe ed è contenta del suo livello di inserimento.

<img filer_id="232566" src="/d/filer/sharing/1618566205/232566/" title="" align="" thumb_option="" original_image="false" style="height: 272px; width: 320px; margin: 10px 15px; float: right;" data-cke-saved-src="/d/filer/sharing/1618566205/232566/">Incontro Eva (nome di fantasia) nel settembre del 2019. Eva ha allora 16 anni, è una ragazza con disabilità cognitiva, molto in difficoltà sul piano affettivo e relazionale. Quando la conosco si mostra estremamente burbera e scontrosa, passa tutta la sua giornata scolastica rannicchiata in un angolo, attaccata all’educatrice, con la quale vive un rapporto quasi simbiotico. Bofonchia e impreca e, se qualcuno le si avvicina, si sposta rapidamente per&nbsp;sottrarsi a qualsiasi forma di contatto. La madre, durante i colloqui, sottolinea più volte la tendenza della ragazza a una forte autocritica e la sua mancanza di autostima; Eva vive con molta ansia alcune verifiche e tende a vedere eventuali insuccessi come fallimenti personali, indicatori di incapacità irrisolvibili. Nella sua vita scolastica ha vissuto ricorrenti episodi di derisione e atti di bullismo, legati alla sua particolare condizione. Il quadro di partenza presentato dalla diagnosi appare fortemente limitante&nbsp;sia per quanto riguarda gli aspetti funzionali a livello neurologico (gravi carenze della memoria di lavoro, capacità attentive limitate con forme severe di discalculia, dislessia e disortografia), sia da un punto di vista affettivo-relazionale, con un costante bisogno di riferirsi alle figure di sostegno, educatori o insegnanti, con le quali tende a stabilire un rapporto di tipo quasi simbiotico con tratti di dipendenza morbosa molto accentuati.

Il rituale del cerchio Inizio a lavorare con la classe invitando gli alunni a disporsi in cerchio e introducendo piccoli rituali di apertura e chiusura del setting espressivo e relazionale; Eva ci osserva dall’angolo in cui è rintanata e in cui si confina.&nbsp; Non la invito mai a partecipare e non le impongo la presenza. Rispetto solamente il suo spazio e la sua ritrosia. Lei finge di non essere interessata a ciò che accade ma non perde un passaggio, una parola, un movimento. Inizia a partecipare così, a distanza, incuriosita da questi nuovi movimenti in classe. Piano piano si avvicina, si siede per qualche istante dietro a qualche compagna poi all’improvviso si alza e sfugge via. Ci vogliono un paio di mesi e diversi “cerchi” prima che Eva provi a partecipare.

Contini M.G. (1992), Per una pedagogia delle emozioni, La Nuova Italia, Firenze. Contini M.G. (2002), La comunicazione intersoggettiva tra solitudine e globalizzazione, La Nuova Italia, Firenze. Contini M.G., Fabbri M., Mannuzzi P. (2006), Non di solo cervello. Educare alle connessioni mente-corpo- significati-contesti, Raffaello Cortina Editore, Milano. Gardner H. (2013), Formae Mentis, sulla pluralità dell’intelligenza, Feltrinelli, Milano. Regni R. (2003), Viaggio verso l’altro, educazione, comunicazione, relazione, Armando Editore, Roma.

Il valore inclusivo delle attività espressive

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