Difficoltà nella scrittura, nella gestione dello spazio e del corpo

Come evitare comportamenti provocatori in classe

Chiarimenti sui DSA

Muoviamo i primi passi

Il dettato ortografico

Calcolatrice e altre strategie

“Chi aiuta deve mettersi nei panni dell’altro, capire perché non riesce e questo potenzia la sua metacogni- zione, l’imparare a imparare”. È diventato centrale il tema dell’educazione fra pari e delle strategie collaborative volte ad attivare un passaggio spontaneo e virtuoso di conoscenze, emozioni ed esperienze dall’interno dello stesso gruppo. Strategie come il peer tutoring e il cooperative learning hanno ormai una presenza stabile nella quotidianità didattica. Quello che forse non tutti sanno è che i vantaggi non sono solo per chi si trova a essere aiutato, ma anche per chi fornisce supporto, e investono sia la sfera sociale, che quella cognitiva (Hattie, 2009). Dopo il percorso fatto in classe un compagno ha detto: “Mi piace Luca anche se non sempre capisco cosa vuol dire. Ci gioco volentieri, perché se urla o se si morsica la mano so cosa devo fare per farlo smettere. Di sicuro quest’anno lo inviterò per il mio compleanno”.

La collaborazione fa bene a tutti

“Tutti devono capire che siamo diversi, ma questo ci arricchisce”. In un contesto sistemico come la classe, anche le differenze rivestono un valore specifico, da promuovere come risorsa e non da penalizzare come elemento che si distanzia da un concetto precostituito di norma. In altre parole, portare in primo piano le diversità costituisce una condizione imprescindibile dell’educazione al rispetto e alla&nbsp;convivenza sociale. Anche per quanto riguarda le situazioni di disabilità il discorso non cambia: tutti devono sapere che Luca non è una sorta di ospite, ma un compagno da conoscere e apprezzare nelle sue particolarità. Quando il suo comportamento viene spiegato e non appare più così bizzarro, nel momento in cui gli ausili di cui necessita servirsi sono alla portata di tutti, non è più il bambino strano che sta da solo, ma diviene un amico con cui stare anche fuori dalla scuola. Le insegnanti di Luca stanno lavorando su questo aspetto con un cartone animato dal titolo “Il Re del Mercato” (Fondazione Ares), nel quale un bambino “strano” è seguito nella sua crescita dalle galline del pollaio e i suoi atteggiamenti particolari, in un contesto che non li stigmatizza soltanto, finiscono per essere valorizzati e apprezzati. Questo strumento promuove varie attività didattiche su diversi ambiti disciplinari. Oltre ciò si lavora sulla conoscenza del programma PECS: tutti apprendono le varie fasi e questo porta a incrementare moltissimo le comunicazioni con Luca. Diventa anche un gioco interessante per scambiarsi informazioni che tutti devono interpretare.

Marta è l’insegnante di sostegno di Luca, un bambino con disturbo dello spettro autistico a basso funzionamento che frequenta la seconda primaria. Insieme alle colleghe curricolari e all’educatrice è preoccupata perché le sembra di riuscire a coinvolgerlo in pochissime iniziative, come se non fosse per nulla attratto da tante cose, compresi i giochi, che invece dovrebbero motivare i bambini della sua età. Luca, inoltre, non presenta linguaggio verbale e le sue modalità comunicative si limitano a vocalizzi e strilli. Da poco ha iniziato un programma di comunicazione aumentativa e alternativa centrato sullo scambio di immagini.
 
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Marta è l’insegnante di sostegno di Luca, un bambino con disturbo dello spettro autistico a basso funzionamento che frequenta la seconda primaria. Insieme alle colleghe curricolari e all’educatrice è preoccupata perché le sembra di riuscire a coinvolgerlo in pochissime iniziative, come se non fosse per nulla attratto da tante cose, compresi i giochi, che invece dovrebbero motivare i bambini della sua età. Luca, inoltre, non presenta linguaggio verbale e le sue modalità comunicative si limitano a vocalizzi e strilli. Da poco ha iniziato un programma di comunicazione aumentativa e alternativa centrato sullo scambio di immagini.I compagni sembrano disponibili ad aiutare Luca, ma di fatto non riescono a prendere iniziative significative e stanno progressivamente attenuando le loro attenzioni per il compagno, fatta eccezione per i momenti in cui presenta dei comportamenti aggressivi, solitamente rivolti a sé stesso (morsicarsi la mano e colpirsi sul volto), che determinano sorpresa e paura. Anche i rumori sembrano disturbarlo ed è frequente che metta le mani alle orecchie come per attenuarne l’effetto.Marta si chiede come attivare maggiormente il supporto dei compagni e fare in modo che diventi un’autentica risorsa per l’inclusione. Con i colleghi si sta interrogando sul come fare, convinta che non siano sufficienti gli appelli e le sollecitazioni verbali alla disponibilità dei bambini ad aiutare.

“Quando qualcuno ha bisogno è necessario esserci, anche se non sa chiedere aiuto”. La classe non è un insieme di individualità, ma una trama di relazioni reciproche di simpatia, di solidarietà, di aspettative, di timori, di accoglienza più o meno convinta, che vanno aiutate a indirizzarsi nella prospettiva del gruppo, nel quale i componenti si sostengono e si rispettano, convinti che i risultati migliori possono essere ottenuti attraverso una reale condivisione e collaborazione. In questo contesto l’educazione prosociale diventa determinante. Non si tratta di fare l’“ora delle buone maniere”, ma di promuovere un atteggiamento orientato alla valorizzazione degli aspetti positivi dei compagni, anche di quelli apparentemente più in difficoltà, al rafforzamento dell’empatia e alla promozione di azioni di aiuto e sostegno. In classe di Luca tutti i bambini sono stati invitati a estrarre il nome di un compagno e a scrivere tre cose positive di lui senza nominarlo. La lettura degli elaborati è stata seguita dall’invito a individuare l’allievo descritto, così facendo è apparso evidente come tutti abbiano aspetti positivi.

Educare all’aiuto

Marta è l’insegnante di sostegno di Luca, un bambino con disturbo dello spettro autistico a basso funzionamento che frequenta la seconda primaria. Insieme alle colleghe curricolari e all’educatrice è preoccupata perché le sembra di riuscire a coinvolgerlo in pochissime iniziative, come se non fosse per nulla attratto da tante cose, compresi i giochi, che invece dovrebbero motivare i bambini della sua età. Luca, inoltre, non presenta linguaggio verbale e le sue modalità comunicative si limitano a vocalizzi e strilli. Da poco ha iniziato un programma di comunicazione aumentativa e alternativa centrato sullo scambio di immagini. I compagni sembrano disponibili ad aiutare Luca, ma di fatto&nbsp;non riescono a prendere iniziative significative e stanno progressivamente attenuando le loro attenzioni per il compagno, fatta eccezione per i momenti in cui presenta dei comportamenti aggressivi, solitamente rivolti a sé stesso (morsicarsi la mano e colpirsi sul volto), che determinano sorpresa e paura. Anche i rumori sembrano disturbarlo ed è frequente che metta le mani alle orecchie come per attenuarne l’effetto. Marta si chiede come attivare maggiormente il supporto dei compagni e fare in modo che diventi un’autentica risorsa per l’inclusione. Con i colleghi si sta interrogando sul come fare, convinta che non siano sufficienti gli appelli e le sollecitazioni verbali alla disponibilità dei bambini ad aiutare.

<ul><li style="text-align: justify;">Cottini, L. (2018). Didattica speciale e inclusione scolastica. Roma: Carocci. </li><li style="text-align: justify;">Cottini L., Vivanti G. (2022). Autismo e didattica. Firenze: Giunti EDU. </li><li style="text-align: justify;">Cottini L., Vivanti G. (2017). Autismo. Come e cosa fare con bambini e ragazzi a scuola. Firenze: Giunti EDU. </li><li style="text-align: justify;">Hattie, J. (2009). Visible Learning - A synthesis of over 800 meta-analyses relating to achievement. NewYork: Routledge.</li></ul>

Questione di clima

“Dobbiamo accrescere il senso di appartenenza di tutti gli allievi a un contesto gradevole e stimolante: la classe”. Per far questo deve prevalere uno spirito collaborativo e di comunità positiva che possa attenuare stili relazionali troppo competitivi e individualistici. In primo luogo, è l’atteggiamento che vengono ad assumere gli insegnanti a rivestire una valenza determinante per la formazione del clima della classe, nel momento in cui gli stessi si pongono come modelli positivi di persone sempre pronte a fornire aiuto, a interessarsi di ognuno, a incoraggiare e sostenere. Così facendo viene facilitata l’individuazione della classe come comunità, della quale ognuno fa&nbsp;pienamente parte; una comunità che si prende cura di ciascuno e dove ogni allievo può dare un contributo apprezzato a favore di compagni in dificoltà. In secondo luogo, è possibile lavorare per stimolare un reale senso di appartenenza di tutti gli allievi al gruppo. Festeggiare insieme alcune occasioni, non solo quelle classiche come i compleanni, ma anche più informali, come un successo scolastico o sportivo, la riuscita in un determinato compito, un aspetto che determina felicità e soddisfazione in un allievo, può creare delle condizioni di reale vicinanza e rafforzare il senso di appartenenza e di identità dei componenti del gruppo classe. Nella classe di Luca si è deciso di portare a scuola varie confezioni di patatine e di organizzare un piccolo “Patatina party”&nbsp;per festeggiare il fatto che il bambino sia rimasto in classe senza colpirsi e urlare: un bel momento che i compagni apprezzano stando vicini a lui senza far troppo rumore e disturbarlo.

Le differenze vanno conosciute e valorizzate

I compagni diventano una risorsa

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