La “scatola azzurra” va alla scuola primaria

Didattica all'aperto: giocare con parole d'autunno

Un ingresso che fa star bene

Pedagogia

Cantare è emozione

Incontri emozionanti

Emozioni in gioco

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 L’autobiografia e il racconto di sé hanno un valore che va oltre gli scopi pedagogici e psicologici inerenti a una maggiore conoscenza degli alunni e delle loro storie. Ogni scrittura personale, la più spontanea e modesta, è un modo per riconoscersi e per essere riconosciuti, per trovare un posto nel gruppo con le proprie esperienze e pensieri.
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 Parlare e scrivere di sé, con crescente scioltezza e regolarità, acquisendo una progressiva abitudine all’introspezione, sono apprendimenti (per la vita futura, oltre che per la scuola) che aiutano in molti casi a socializzare, irrobustire l’autostima, condividere. Con il fare concreto, con il pro
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L’autobiografia e il racconto di sé hanno un valore che va oltre gli scopi pedagogici e psicologici inerenti a una maggiore conoscenza degli alunni e delle loro storie. Ogni scrittura personale, la più spontanea e modesta, è un modo per riconoscersi e per essere riconosciuti, per trovare un posto nel gruppo con le proprie esperienze e pensieri.
Parlare e scrivere di sé, con crescente scioltezza e regolarità, acquisendo una progressiva abitudine all’introspezione, sono apprendimenti (per la vita futura, oltre che per la scuola) che aiutano in molti casi a socializzare, irrobustire l’autostima, condividere. Con il fare concreto, con il proprio mettersi in gioco, con l’incoraggiamento, un luogo nel quale sia possibile autoesprimersi e realizzarsi.
 
L’atelier autobiografico
Nella scuola primaria di atelier se ne organizzano da sempre: scientifici, geografici, storici, linguistici ecc. Sono ambiti nei quali però non viene comunque meno, di solito, la valutazione delle prestazioni. L’atelier autobiografico è invece un luogo dinamico, tanto interattivo quanto personalizzato, che offre e prevede la più totale avalutatività, proprio per scopi pedagogici. Qui non conta la misurazione dei meriti. Anzi spesso, coloro che sembrano demotivati allo studio, grazie a questa proposta, possono riaffezionarsi alla scrittura e alla lettura. Non si valuta, ma si osserva e consiglia, in quanto “la materia” che si ha a disposizione (la propria storia, la propria memoria, la propria identità e persona) è cosa quanto mai delicata. Va maneggiata con cura; non è un “contenuto” paragonabile ad altri.
 
Come rendere efficace l'atelier?
Un atelier è efficace e coinvolgente a patto che ogni stimolo a raccontarsi, in forme e modalità diverse, avvenga all’insegna della più totale libertà. Nel piacere di giocare con la memoria e nel diritto, anche, di rifiutarsi di farlo. Sintomo che di per sé “accende” interrogativi da approfondire a quattr’occhi con chi ci segnali atteggiamenti di fuga.
L’atelier non è un contesto nel quale indurre frustrazioni, incalzare le correzioni, chiedere di uniformarsi a qualche modello prestabilito. L’atelier è il luogo dove occorre che ciascuno si senta autorizzato a essere sé stesso, con errori di grammatica, sintassi ecc.
 
Le regole da rispettare
È consigliabile allestire l’atelier dopo che con gli alunni, e con le loro famiglie, se ne siano chiariti gli obiettivi affinché non insorgano malintesi, sospetti, pregiudizi, rispetto a supposte irruzioni indebite nella sfera privata. L’atelier si propone di educare alle diverse “arti” del racconto di sé stessi, anche per aiutare i più timidi o i neoarrivati, a farsi coraggio e a scoprire che parole, idee, ricordi non mancano mai quando si intendano risvegliare le sensazioni ed emozioni percettive, gli incontri che hanno contrassegnato una storia di crescita. Rispetto alla quale la sospensione del giudizio costituirà la regola tassativa.
Devono poi essere molti i linguaggi messi a disposizione per iniziarsi a un simile racconto nella prospettiva di considerare la scrittura il filo conduttore da privilegiare, già prima che i piccoli ne abbiano acquisito la padronanza necessaria e sufficiente.
 
Una proposta per tutte le classi
Nella scuola primaria, un atelier può essere organizzato di conseguenza per livelli progressivi e anticipato da occasioni e suggestioni volte a dare a bambine e bambini il senso del loro autoappartenersi, valorizzando la cultura della memoria come rifugio e ricchezza per il futuro.
Con attività che solo nelle ultime classi potranno dar maggior rilievo allo scrivere.
L’arte di raccontarsi va quindi stimolata in crescendo; in un’attenzione continua per il proprio passato. Il quale potrà per esempio essere ritrovato, enfatizzando i ricordi più significativi:

con la voce (evocando i ricordi traducibili in parole e racconti orali);
con il corpo (quando i ricordi a gesti, mimandoli, drammatizzandoli, rammentano la storia del proprio crescere fisico);
con matita e penna (perché i ricordi sono disegnabili e trasponibili teatralmente, in fumetti, in cantastorie);
con la poesia (se i ricordi possono diventare filastrocche, rime e canzoni);
con il taccuino (se le memorie vengono ritrovate rivisitando luoghi indimenticabili, reincontrando persone ecc.);
con le immagini (i ricordi sono impressi nelle foto, negli album di famiglia, nei ritratti, e vanno commentati);
con il coinvolgimento di nonni, genitori, parenti, in quanto testimoni di vita.

L’atelier è anche l’occasione per introdurre all’uso delle principali tipologie del genere autobiografico (il diario, la cronaca, gli appunti, la lettera, lo sfogo interiore, l’autoprofilo, il memoriale di viaggio o d’esperienza, l’episodio, la didascalia...); per leggere brani tratti da autobiografie famose o meno; per invogliare i genitori a tenere diari e a scrivere di più. La libertà di parola, che è libertà di scrittura e di stampa, l’educazione alla loro difesa costituzionale, il piacere di occuparsi delle storie altrui sono valori che iniziano al senso della scrittura come diritto, oltre che come dovere. E forse, così avvicinati, potranno cessare di essere considerati soltanto nobili (un po’ astratti) ideali.
 


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