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Maestri artigiani e bambini inventori
Ideare e costruire a scuola "utotombo", strumenti semplici ed efficaci che aiutino ragazze e ragazzi a pensare, ragionare, fare ipotesi, memorizzare. Di Franco Lorenzoni.
   Sono sempre stato affascinato dalle
   
    parole intraducibili
   
   .
   
   Giocando tra persone di diverse provenienze geografiche e culturali mi è sempre piaciuto collezionare parole che sembrano rifiutarsi e opporsi a qualsiasi tentativo di traduzione. Sono parole o espressioni che respingono la facile connessione e si rintanano in se stesse, quasi che la sostanza intima del loro voler dire è così legata alle donne e agli uomini che le danno voce da tempi lontani, da essersi piantate in un luogo e non potersi muovere di lì, come il letto di Ulisse e Penelope ad Itaca, che fu scolpito nel legno di un ulivo ancora radicato al suolo.
  
Parole intraducibili
Sono parole all’apparenza inamovibili, visto che il trasportare è uno dei significati del tradurre. Parole che resistono all’idea di rinascere e rivivere in un altro paese e a farsi corpo in un'altra lingua. E poiché ogni lingua vive nelle memorie tramandate di generazione in generazione, se qualche parola resiste alla presunzione di chi pensa che tutto si possa tradurre, penso che quell’espressione vada presa e ascoltata seriamente. Del resto i nativi americani, che avevano buone ragioni per diffidare degli uomini bianchi giunti da predatori nelle loro terre, assimilavano il verbo tradurre al tradire .
    
  
Imparare dall'arte africana
   Molti anni fa visitai a Bruxelles un’esposizione di
   
    arte africana
   
   intitolata “Utotombo”. Erano perlopiù oggetti scolpiti di legno semplici e bellissimi. C’erano molte maschere utilizzate nei riti di iniziazione, raccolti da un antropologo in Congo, che un tempo fu colonia belga. La parola
   
    utotombo
   
   è una di quelle parole intraducibili di cui si diceva e il catalogo azzardava, per rendere l’idea, che quel suono voleva dire
   
    
     oggetto efficace costruito con amore
    
   
   . L’idea di condensare in una sola parola una definizione così nitida e profonda mi ha affascinato e da allora, giocando tra noi, quando qualche bambino o adulto inventava uno strumento, a Cenci dicevamo che era stato
   
    scoperto un nuovo
    
     utotombo
    
   
   .
   
   Personalmente sono sempre stato affascinato dalla
   
    capacità inventiva dei bambini
   
   e dalla
   
    capacità artigiana di alcune maestre e maestr
   
   i, capaci di ideare e costruire materiali semplici ed efficaci che aiutino ragazze e ragazzi a pensare, ragionare, fare ipotesi, memorizzare.
  
Maestri e mastri
   Nella
   
    Casa-laboratorio di Cenci
   
   e nelle sperimentazioni fatte nella scuola elementare di Giove in tanti, da quasi 40 anni, abbiamo
   
    immaginato e costruito strumenti
   
   che ci aiutassero a vedere ciò che accade in cielo per registrare lo scorrere del tempo. Alcune volte, con sorpresa e piacere, ci siamo accorti che le nostre invenzioni erano in realtà antiche e avevano migliaia di anni. Altre volte rappresentavano nuove variazioni, sorte da tentativi collettivi di immaginare come fissare un’esperienza visiva e fermare il tempo. Basta un manico di scopa piantato a terra con su avvitata una vite ad occhiello e dello spago e dieci canne per
   
    registrare il percorso del sole
   
   per accorgerci che “sole e luna sono i nostri maestri di geometria”, come ha detto un giorno una bambina.
   
   Rileggendo e ripensando a tante esperienze dal passato penso che, per innovare la didattica, noi maestre e maestri dovremmo cimentarci ad essere anche un po’ mastri. Avere la capacità, cioè, di provare a ideare e costruire oggetti con pazienza artigiana, sapendo
   
    prendere spunti dall’arte, dal passato, da altre maestre e maestri
   
   che provando a rendere manipolabili concetti complessi, hanno proposto la costruzione e il gioco con oggetti di diversa fattura come via maestra dell’apprendere e provare ad intendere il mondo con le mani, con gli occhi e con tutti i sensi all’erta.
  
   
    Nelle foto: strumenti costruiti
   
   
   
    nella scuola primaria di Giove e nella
   
   
   
    Casa-laboratorio di Cenci
   
  
