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Insegnare è insegnare a vivere
Che cosa può fare la psicologia per supportare una scuola che non si limita a riempire le menti di contenuti e a “normalizzare” i diversi?

Siamo all’inizio del nuovo anno, e i problemi che la scuola si trova a fronteggiare sono sempre gli stessi: organici dei docenti, formazione e aggiornamento, supporto all’insegnamento “speciale”, modi di intervenire con gli alunni lenti, o iperattivi, borderline, con autismo.
E ci sono anche i problemi di cui sono portatori gli altri studenti “atipici”: stranieri, adottati, bulli, aggressivi, instabili, ansiosi, e quanti altri fanno sì che in alcune classi e in certi contesti le atipicità siano più numerose degli alunni senza problemi.
Ci chiediamo che cosa può fare la psicologia per supportare una scuola che “insegna a vivere” e non si limita a riempire le menti di contenuti, e a “normalizzare” i diversi; una scuola che mira a promuovere cultura in tutte le componenti della società, anche le più disagiate e difficili.
La presenza dello psicologo è essenziale, a condizione che sappia proporsi come supporto e che abbia competenze specialistiche in diversi ambiti: riabilitazione dei disabili, promozione di abilità carenti nei BES; ma anche promozione di benessere individuale e organizzativo, intervenendo nelle dinamiche del gruppo classe e dell’istituto, e nel lavoro di rete con le altre agenzie sociali che hanno funzione educativa, anzitutto le famiglie.