Libri e albi illustrati: testo e immagini

Libri divulgativi: animali e macchine

Esami universitari

La professione insegnante

In primavera, durante uno degli infiniti webinar che arricchiscono e affaticano il nostro vivere a distanza, ho ascoltato l’affermazione di una maestra sarda che mi ha dato da pensare. Stavamo presentando la documentazione di una ricerca sul dialogo euristico promossa dall’INDIRE negli ultimi tre anni, in cui abbiamo cercato di mettere al centro della didattica l’imparare a pensare dialogando insieme a bambine e bambini, spremendo i loro cervelli attorno a un tema, una domanda, un oggetto culturale. Divisi in coppie, ci siamo scambiati a lungo i nostri dialoghi trascritti in classe, aiutando la docente o il docente con cui eravamo gemellati a rilevare caratteristiche e peculiarità degli interventi orali raccolti. Chi legge da fuori, infatti, ha uno sguardo diverso e può aiutare a comprendere meglio ciò che accade nel nostro contesto abituale. &nbsp;<blockquote>Quanto gli spazi che utilizziamo sono adatti a favorire l’attenzione e l’ascolto reciproco? Quanto sono in grado di accogliere “musiche” capaci di mettere in movimento memorie e pensieri, emozioni e ragionamenti? &nbsp; &nbsp; </blockquote>Danza e dialogo&nbsp;Mentre raccontavamo questa esperienza a un certo punto Diana Daino, che nel gruppo è sempre stata la più critica, la più emotiva e tra le più esigenti con sé stessa, ha raccontato che per lei incontrare il dialogo ha rappresentato un totale stravolgimento del suo fare scuola. Le ha permesso di rompere con molto di ciò che aveva praticato come insegnante fino allora, costretta a riprodurre la stessa scuola che l’aveva fatta soffrire da bambina. Il dialogo l’ha portata a rimettersi in gioco e intraprendere sfide che l’hanno riportata, con la memoria, all’esperienza vissuta quando aveva imparato a danzare. So assai poco della danza, anche se l’amo molto, ma mi ha colpito assai l’associazione tra danza e dialogo emersa dalla memoria di Diana. Nella danza è il corpo tutto intero che apprende. Ritmo, movimento, sguardo e tensioni muscolari cercano la loro armonia nel presente e chi insegna deve saper cogliere al volo il modo in cui ciascuno entra nella danza. Tutti sperimentano le possibilità che offre lo spazio, in una relazione con gli altri che muta continuamente e dunque chiede la massima concentrazione. Nella danza il corpo trasforma lo spazio, mentre nella scuola, troppe volte, lo spazio avvilisce le potenzialità del corpo (e spesso del pensiero). Proviamo allora a prendere sul serio la connessione intuita da Diana. &nbsp;<blockquote>Più si è capaci di coinvolgere bambine e bambini a partire dalle loro domande e inquietudini, più porte apriamo al futuro arricchendo&nbsp;il loro l’immaginario </blockquote> Danzare gli spazi&nbsp;Nelle prossime stagioni dobbiamo immaginare e sperimentare nuovi spazi e prenderci tutto il tempo necessario per riparare il grande strappo simbolico causato da troppa distanza e dall’esser stati costretti a percepire ogni contatto come possibile contagio. È un’ombra, questa, che si è allungata sulle relazioni reciproche e ci vorrà del tempo e molta cura per diradarla. Tuttavia dobbiamo non dimenticare che il primo ambiente di apprendimento sta nella testa di noi insegnanti, nelle chiusure e aperture che incarniamo e proponiamo, spesso inconsapevolmente. Già la scorsa estate avevamo immaginato altri spazi da dedicare nell’emergenza a una didattica da ripensare: giardini, biblioteche, musei, teatri e piazze, oltre alle strade che circondano le nostre scuole, da trasformare in isole pedonali per svolgere in sicurezza attività all’aperto nella città.&nbsp; Moltiplicare i linguaggi&nbsp;Ora, visto che le ferite da curare sono tante, dovremo prestare particolare attenzione a non proporre l’incontro con le diverse discipline sempre allo stesso modo, sempre negli stessi spazi, dove vige il soporifero triangolo lezione-memorizzazione-verifica. Poiché la geografia si apprende meglio esplorando la città e la letteratura si arricchisce quando diamo voce alle parole dando corpo ai testi, anche col teatro, dovremmo sempre tenere presente che più si moltiplicano i linguaggi, più si differenziano le proposte, e meno studenti si perdono.&nbsp; Tempi, spazi, esplorazioniMa per attivare questi processi è necessario disporre di tanto tempo e ripensare con radicalità agli spazi per offrire con cura la bellezza delle conoscenze sedimentate nel passato, per realizzare le esperienze più varie fondandole su conversazioni e dialoghi in cui bambine e bambini si sentano protagonisti di percorsi di esplorazione e ricerca nei quali possano sempre dire la loro. Solo in un contesto di ascolto capace di moltiplicare gli stimoli è infatti possibile sviluppare il rigore e l’impegno necessario a ogni vero apprendimento. Dobbiamo infine avere particolare attenzione affinché il giusto e inevitabile ampliamento dell’uso delle tecnologie nella scuola non incentivi nuove pigrizie spaziali, coltivando l’illusione che l’intero mondo possa essere contenuto dentro a uno schermo al quale accedere stando seduti. Ritengo al contrario che, per incontrare la sterminata quantità di contenuti presenti in rete, abbiamo ancor più bisogno del corpo tutto intero e dei nostri sensi, di praticare diversi linguaggi e di incontrare la natura e la città, facendo continuo esercizio di esplorazioni non virtuali. &nbsp;

Una grande sfida ci attende

Dove trovi questo contenuto