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Su come sia andata la didattica d’emergenza e la didattica a distanza leggiamo ogni giorno articoli che riguardano soprattutto questioni che non sono strettamente didattiche: il benessere dei ragazzi, il bisogno di socialità, la gestione degli orari, le quarantene, i contagi nelle classi, lo spreco dei soldi per i banchi con le rotelle... Non che queste cose non siano importanti se non cruciali, ma manca il cuore vivo della vita in classe: gli aspetti pedagogici e didattici. &nbsp;Facciamo il punto&nbsp;Gli studi si sono moltiplicati, anche se manca una grande inchiesta complessiva di riferimento: singole scuole, enti, associazioni hanno provato a registrare le fragilità ma anche le trasformazioni di un anno speciale, quasi come se questo fosse uno stress test per la tenuta del sistema scolastico italiano.Quello principale è stato pubblicato dall’INDIRE. Altri provengono dal Cnr, dal Censis, da Save the children, dalla Sird, da Sant’Egidio e da molte scuole d’Italia. È interessante leggere questi studi accostandoli, perché alcuni si focalizzano sui docenti, altri sui dirigenti, sulle famiglie, e solo in pochissimi casi, si dà voce agli studenti.&nbsp;Tempi, spazi, dispositivi&nbsp;Sui tempi scolastici e la percezione della DAD non c’è nessuna sorpresa: sui media non c’è stata nessuna narrazione positiva, e anche tra i docenti le lamentele hanno surclassato i giudizi positivi.Il punto è che parlare di DAD come se fosse un’entità a sé stante inganna il dibattito. Il dato più evidente è che spesso abbiamo assistito alla riproposizione di un setting didattico identico a quello in presenza.La didattica “laboratoriale” riguarda il 14,5 per cento degli insegnanti, che mostra subito una delle questioni principali: stare al fianco dei docenti con una adeguata formazione.I dati sulla disponibilità di strumenti tecnologici per seguire le lezioni, che dopo un anno cominciano a essere diffusi realmente, ci dicono che con il Decreto Cura Italia di marzo scorso sono stati destinati all’emergenza scolastica 85 milioni; da quella prima tranche si è continuato a spendere. Ci sono però alcuni elementi critici che vanno rilevati: il più significativo è che quasi tutti gli studi mostrano come una buona percentuale di studenti usi il cellulare e una connessione scadente e insufficiente per connettersi.&nbsp;<img filer_id="233492" data-cke-saved-src="/media/filer_public_thumbnails/filer_public/80/bf/80bfaccc-ab41-489b-a8ae-65f1552cbeac/parole_bambini_addario_loay.png__400x371_q85_subsampling-2.png" src="/media/filer_public_thumbnails/filer_public/80/bf/80bfaccc-ab41-489b-a8ae-65f1552cbeac/parole_bambini_addario_loay.png__400x371_q85_subsampling-2.png" title="" align="" thumb_option="" original_image="false" width="400" height="371">L’esclusione dei più fragili&nbsp;Il report dell’Istat del 2020 o lo studio dell’Unicef pubblicato a febbraio 2021 rilevano quanto le disuguaglianze e le povertà educative siano consistenti e distribuite secondo le prevedibili linee.Nel report dell’Unicef si legge che i questionari sono stati somministrati online perché le interviste in presenza non erano fattibili, per cui “il campione utilizzato in questo rapporto è costituito solo da famiglie che dispongono di dispositivi digitali e accesso a Internet”. Si interroga chi si può interrogare.C’è poi un capitolo dove le disuguaglianze sono state gravi e inaudite: gli alunni con disabilità. Un quarto di loro è stato escluso dalla didattica a distanza. Inoltre, nonostante gli esiti positivi delle strategie e degli strumenti messi in atto dal sistema scolastico italiano per rispondere ai bisogni di inclusione della utenza di origine straniera, i soggetti più a rischio sono costituiti dalle prime generazioni che trovano maggiori difficoltà nel raggiungere livelli minimi di apprendimento.

Su come sia andata la didattica d’emergenza e la didattica a distanza leggiamo ogni giorno articoli che riguardano soprattutto questioni che non sono strettamente didattiche: il benessere dei ragazzi, il bisogno di socialità, la gestione degli orari, le quarantene, i contagi nelle classi, lo spreco dei soldi per i banchi con le rotelle... Non che queste cose non siano importanti se non cruciali, ma manca il cuore vivo della vita in classe:
 
 gli aspetti pedagogici e didattici
 
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 Facciamo il punto


 Gli studi si sono moltiplicati, anche se manca una grande inchiesta complessiva di riferimento: singole scuole, enti, associazioni hanno provato a

Su come sia andata la didattica d’emergenza e la didattica a distanza leggiamo ogni giorno articoli che riguardano soprattutto questioni che non sono strettamente didattiche: il benessere dei ragazzi, il bisogno di socialità, la gestione degli orari, le quarantene, i contagi nelle classi, lo spreco dei soldi per i banchi con le rotelle... Non che queste cose non siano importanti se non cruciali, ma manca il cuore vivo della vita in classe: gli aspetti pedagogici e didattici.  Facciamo il punto Gli studi si sono moltiplicati, anche se manca una grande inchiesta complessiva di riferimento: singole scuole, enti, associazioni hanno provato a registrare le fragilità ma anche le trasformazioni di un anno speciale, quasi come se questo fosse uno stress test per la tenuta del sistema scolastico italiano.Quello principale è stato pubblicato dall’INDIRE. Altri provengono dal Cnr, dal Censis, da Save the children, dalla Sird, da Sant’Egidio e da molte scuole d’Italia. È interessante leggere questi studi accostandoli, perché alcuni si focalizzano sui docenti, altri sui dirigenti, sulle famiglie, e solo in pochissimi casi, si dà voce agli studenti. Tempi, spazi, dispositivi Sui tempi scolastici e la percezione della DAD non c’è nessuna sorpresa: sui media non c’è stata nessuna narrazione positiva, e anche tra i docenti le lamentele hanno surclassato i giudizi positivi.Il punto è che parlare di DAD come se fosse un’entità a sé stante inganna il dibattito. Il dato più evidente è che spesso abbiamo assistito alla riproposizione di un setting didattico identico a quello in presenza.La didattica “laboratoriale” riguarda il 14,5 per cento degli insegnanti, che mostra subito una delle questioni principali: stare al fianco dei docenti con una adeguata formazione.I dati sulla disponibilità di strumenti tecnologici per seguire le lezioni, che dopo un anno cominciano a essere diffusi realmente, ci dicono che con il Decreto Cura Italia di marzo scorso sono stati destinati all’emergenza scolastica 85 milioni; da quella prima tranche si è continuato a spendere. Ci sono però alcuni elementi critici che vanno rilevati: il più significativo è che quasi tutti gli studi mostrano come una buona percentuale di studenti usi il cellulare e una connessione scadente e insufficiente per connettersi. L’esclusione dei più fragili Il report dell’Istat del 2020 o lo studio dell’Unicef pubblicato a febbraio 2021 rilevano quanto le disuguaglianze e le povertà educative siano consistenti e distribuite secondo le prevedibili linee.Nel report dell’Unicef si legge che i questionari sono stati somministrati online perché le interviste in presenza non erano fattibili, per cui “il campione utilizzato in questo rapporto è costituito solo da famiglie che dispongono di dispositivi digitali e accesso a Internet”. Si interroga chi si può interrogare.C’è poi un capitolo dove le disuguaglianze sono state gravi e inaudite: gli alunni con disabilità. Un quarto di loro è stato escluso dalla didattica a distanza. Inoltre, nonostante gli esiti positivi delle strategie e degli strumenti messi in atto dal sistema scolastico italiano per rispondere ai bisogni di inclusione della utenza di origine straniera, i soggetti più a rischio sono costituiti dalle prime generazioni che trovano maggiori difficoltà nel raggiungere livelli minimi di apprendimento.

La didattica quotidiana e le sperimentazioni&nbsp;L’aspetto più virtuoso va rintracciato nel lavoro di molti docenti e nelle sperimentazioni didattiche. Chi già aveva messo in campo metodi di didattica innovativa, ha potuto collaudarne la riproducibilità in un contesto difficilissimo e verificarne l’efficacia.La più diffusa è la flipped classroom, la classe capovolta, che si basa sul principio che la lezione diventa compito a casa mentre il tempo in classe è usato per attività collaborative, esperienze, dibattiti e laboratori. Si è poi compresa l’importanza di valorizzare anche la modalità asincrona&nbsp; della didattica digitale, soprattutto rispetto al fatto che la scuola prima era uno dei pochissimi luoghi dove ci si poteva sconnettere.Sappiamo quanto l’iperconnessione svilisce i processi di apprendimento, invece di valorizzarli. Le modalità della blended learning sono tantissime: organizzare dibattiti, le aule laboratorio disciplinari, lo spazio flessibile, il dialogo euristico...&nbsp; Che cosa è mancato sul serio?&nbsp;La questione che sentiamo porre in questo ennesimo lockdown riguarda il “tempo perduto”, gli apprendimenti perduti, la scuola perduta. Sono davvero entità misurabili in una pandemia? La pedagogista Rachael Gabriel sul “Washington Post” scrive: <blockquote>Non esiste una perdita di apprendimento. Quando si parla di istruzione primaria e secondaria, la verità è che alcuni di noi sono più abituati alle interruzioni di altri. Quelli di noi che devono spostarsi molto, vivono tra due paesi o che hanno subito un grave infortunio, una malattia o sono cronicamente malati, e anche quelli che hanno cambiato scuola almeno una volta sanno come si sente la perdita. Ma non è una perdita di apprendimento.&nbsp; </blockquote> L’apprendimento non è mai perso, anche se potrebbe non essere sempre “trovato” su test pre-scritti di conoscenze pre-specificate o misure pre-esistenti di ideali risultati pre-coronavirus. Le domande sulla DAD mostrano come la fatica del fare scuola solo davanti a uno schermo sia sentita tanto quanto i timori per la diffusione del contagio. Contagio, restrizioni, DAD, fanno parte di un’unica complessa esperienza che ha sconvolto la vita scolastica: astrarre da quest’evidenza può essere molto pericoloso se vogliamo riflettere su come agire sulle politiche scolastiche per il prossimo futuro.&nbsp;

• Raimo, C. <a data-cke-saved-href="https://www.slow-news.com/al-dl-la-dello-schermo-scuola-emergenza/" target="_blank" href="https://www.slow-news.com/al-dl-la-dello-schermo-scuola-emergenza/">Al di là dello schermo. Un anno di scuola d’emergenza, a distanza, sperimentale, in crisi.</a> Su&nbsp; www.slow-news.com

Parlare di DAD come se fosse un’entità a sé stante inganna il dibattito &nbsp;

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