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Un piccolissimo mostro: Scuola dell'infanzia, I.C. Fratelli d'Italia, Costa Volpino (BG)

Sicuramente in quest’anno c’è stato un balzo nella competenza digitale e c’è stata una maggiore apertura verso l’esterno da parte della scuola, che ha sconfinato, quando era possibile, nel giardino accanto, nel cortile attiguo. E ancora, vi è stata un’attenzione più solerte al momento dell’accoglienza e del commiato: “Benvenuto” e “Arrivederci a domani” sono diventate parole più dense, dal significato più vero.Ma altri due temi e parole chiave, vissuti nel tempo dei dis-abbracci e della distanza necessaria, sono stati centrali: l’alleanza con le famiglie e il coraggio dei bambini. Un’alleanza educativa più strettaIn quest’anno di scuola a singhiozzo, nei giorni attraversati dai timori e dalle speranze, il filo tra scuola dell’infanzia e casa si è fatto più stretto e robusto. Insegnanti e genitori hanno condiviso la gioia del ritrovarsi nonostante tutto, si sono chiesti il perché delle assenze di alcuni, attivando subito contatti e disponibilità. Hanno scambiato pensieri e preoccupazioni e assaporato l’allegria dei bambini nei momenti della festa e delle scoperte quotidiane. Una cosa che ci portiamo da questo tempo duro e difficile è il legame più saldo che si è stabilito con le famiglie.Per affrontare insieme le sfide del quotidiano, la scuola dell’infanzia e i genitori hanno stretto un’alleanza educativa più densa sul che fare e su come fare, sulle modalità e i tempi della comunicazione, sul coinvolgimento di tutti in un progetto comune. Una comunità di famiglieSi è praticata un’attenzione più consapevole anche verso le famiglie non italofone, nei confronti delle mamme che parlano poco l’italiano. Così, fuori dalla scuola, al mattino o al pomeriggio, i gruppetti delle mamme divisi per nazionalità si sono spesso sciolti e ricomposti in altro modo, per costruire nuove mescolanze. Ciascuno ha cercato il contatto per chiedere, informarsi, tenere a bada i timori, ricevere consigli. Si sono moltiplicate le iniziative di mediazione informale, di traduzione spontanea e reciproca, in una solidarietà civica dell’emergenza che rimane esperienza preziosa e replicabile.Una cosa che abbiamo imparato in questo tempo difficile è che si deve stare bene tutti insieme: non solo una famiglia, un gruppo, una comunità, un paese, ma tutti quanti. E su questa grande sfida l’educazione dovrà esprimersi e la pratica educativa farsi messaggio quotidiano, atteggiamento concreto, pensiero da condividere e alimentare.

Sicuramente in quest’anno c’è stato un balzo nella competenza digitale e c’è stata una maggiore apertura verso l’esterno da parte della scuola, che ha sconfinato, quando era possibile, nel giardino accanto, nel cortile attiguo. E ancora, vi è stata un’attenzione più solerte al momento dell’accoglienza e del commiato: “Benvenuto” e “Arrivederci a domani” sono diventate parole più dense, dal significato più vero.


 Ma altri due temi e parole chiave, vissuti nel tempo dei dis-abbracci e della distanza necessaria, sono stati centrali:
 
 l’alleanza con le famiglie e il coraggio dei bambini.
 


 


 Un’alleanza educativa più stretta


 In quest’anno di scuola a

Sicuramente in quest’anno c’è stato un balzo nella competenza digitale e c’è stata una maggiore apertura verso l’esterno da parte della scuola, che ha sconfinato, quando era possibile, nel giardino accanto, nel cortile attiguo. E ancora, vi è stata un’attenzione più solerte al momento dell’accoglienza e del commiato: “Benvenuto” e “Arrivederci a domani” sono diventate parole più dense, dal significato più vero.Ma altri due temi e parole chiave, vissuti nel tempo dei dis-abbracci e della distanza necessaria, sono stati centrali: l’alleanza con le famiglie e il coraggio dei bambini.Un’alleanza educativa più strettaIn quest’anno di scuola a singhiozzo, nei giorni attraversati dai timori e dalle speranze, il filo tra scuola dell’infanzia e casa si è fatto più stretto e robusto. Insegnanti e genitori hanno condiviso la gioia del ritrovarsi nonostante tutto, si sono chiesti il perché delle assenze di alcuni, attivando subito contatti e disponibilità. Hanno scambiato pensieri e preoccupazioni e assaporato l’allegria dei bambini nei momenti della festa e delle scoperte quotidiane. Una cosa che ci portiamo da questo tempo duro e difficile è il legame più saldo che si è stabilito con le famiglie.Per affrontare insieme le sfide del quotidiano, la scuola dell’infanzia e i genitori hanno stretto un’alleanza educativa più densa sul che fare e su come fare, sulle modalità e i tempi della comunicazione, sul coinvolgimento di tutti in un progetto comune.Una comunità di famiglieSi è praticata un’attenzione più consapevole anche verso le famiglie non italofone, nei confronti delle mamme che parlano poco l’italiano. Così, fuori dalla scuola, al mattino o al pomeriggio, i gruppetti delle mamme divisi per nazionalità si sono spesso sciolti e ricomposti in altro modo, per costruire nuove mescolanze. Ciascuno ha cercato il contatto per chiedere, informarsi, tenere a bada i timori, ricevere consigli. Si sono moltiplicate le iniziative di mediazione informale, di traduzione spontanea e reciproca, in una solidarietà civica dell’emergenza che rimane esperienza preziosa e replicabile.Una cosa che abbiamo imparato in questo tempo difficile è che si deve stare bene tutti insieme: non solo una famiglia, un gruppo, una comunità, un paese, ma tutti quanti. E su questa grande sfida l’educazione dovrà esprimersi e la pratica educativa farsi messaggio quotidiano, atteggiamento concreto, pensiero da condividere e alimentare.

Paura che salva e paura che bloccaA scuola, i bambini hanno trovato routine, “stelle” o “tutori” di resilienza per sollecitare la capacità di far fronte alla situazione, di mobilitare le loro risorse per adattarsi, reagire, re-inventare. Il tema della paura dei bambini e, dunque del coraggio, è stato, ed è, centrale in questo tempo. Come sappiamo e come dovremmo imparare anche noi adulti, vi è una paura buona e una paura cattiva: la prima protegge, attiva meccanismi di difesa, mette in guardia; la seconda paralizza, lascia sguarniti e senza risposta.Fra i “tutori di resilienza”, possiamo allora annoverare un oggetto tradizionale che ci viene dal Guatemala e dal Messico: la piccola muneca quitapena (in inglese nota come worry doll o trouble doll). Si tratta di una piccolissima bambola, grande quanto un pollice, a cui prima di addormentarsi si racconta che cosa ci preoccupa e che poi si mette sotto il cuscino. Durante la notte la bambola assorbe i pensieri negativi e le nostre preoccupazioni. Possiamo confezionare insieme in sezione la bambolina scaccia guai e invitare i bambini a farne altre da donare ai più piccoli. Storie per volareE fra le “stelle” che danno coraggio possiamo naturalmente comprendere i libri e le storie. La narrazione è un volo di libertà per portarci via, con le parole e l’immaginazione, da tutto questo. Fra i molti libri che insegnano il coraggio e a essere più forti, ce n’è uno che invita a osservare la natura e a imparare da lei, da quello che abbiamo intorno: possiamo apprendere dal vento, dal sole, dagli alberi a reagire, essere leggeri, avanzare… [Thomas, S. (2020). Dal ramo al mare. Torino: Giralangolo].

Stare bene tutti e continuare a stare bene insieme sono diventate priorità necessarie ineludibili

“Stelle” intorno ai bambiniL’isolamento sociale, i timori diffusi e pervasivi e le regole che via via si mitigano o, al contrario, si inaspriscono hanno tuttavia modificato la vita quotidiana e le abitudini dei bambini. Da una ritualità chiara e prevedibile, che scandisce il tempo e definisce l’uso degli spazi, i piccoli si sono trovati in una situazione di incertezza, con routine stravolte e divieti mai prima sperimentati. Tutto questo può avere causato ansia e malessere in una parte dei bambini, ma ha anche prodotto una diffusa capacità di adattamento, flessibilità, creatività.Abbiamo sentito molto parlare di resilienza a proposito dei bambini in questo anno di emergenza sanitaria. Le storie dei bambini che diventano “resilienti” e che riescono ad adattarsi, come fa un camaleonte, a condizioni diverse e difficili, ci mostrano che non c’è un solo fattore a renderlo possibile, ma una costellazione di elementi, condizioni e variabili.Tuttavia, un fattore fra gli altri emerge in maniera sorprendente: nel loro ambiente &nbsp;vi devono essere delle “stelle”, cioè persone, dispositivi e attenzioni che hanno un ruolo protettivo di guida/ traghettatore, rassicurazione, àncora.“Occorre che la società e l’ambiente abbiano predisposto intorno al minore in situazione di vulnerabilità qualche “stella…” e dei “tutori di resilienza” [Cyrulnik, B. (2009). Autobiografia di uno spaventapasseri. Strategie per superare le esperienze traumatiche. Milano: Raffaello Cortina]. <img filer_id="233293" src="/d/filer/sharing/1620211390/233293/" title="Un piccolissimo mostro: Scuola dell'infanzia, I.C. Fratelli d'Italia, Costa Volpino (BG)" align="" thumb_option="" original_image="false" style="height: 637px; width: 800px;" data-cke-saved-src="/d/filer/sharing/1620211390/233293/" alt="Un piccolissimo mostro: Scuola dell'infanzia, I.C. Fratelli d'Italia, Costa Volpino (BG)">

“Stelle” per rassicurare e storie per volare

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