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Salutare, ringraziare, scusarsi: la comunicazione e le regole pragmatiche
Nell’insegnamento delle lingue ci si preoccupa molto della correttezza formale e poco dell’adeguatezza comunicativa, cioè del rispetto delle norme pragmatiche, condivise dalla comunità linguistica, che garantiscano l’efficacia di qualsiasi atto comunicativo. Di Maria Cristina Peccianti.
Importanza degli aspetti pragmatici di una lingua
Le regole pragmatiche della comunicazione non sono affatto secondarie rispetto alla globale competenza linguistico-comunicativa di un parlante, intesa appunto come la capacità di assumere comportamenti verbali corretti ed efficaci nelle diverse circostanze comunicative. Un bambino acquisisce le regole pragmatiche (che riguardano quando è opportuno parlare e quando tacere, che cosa si può dire a chi, quando, dove e come) nella propria lingua madre insieme alle regole che riguardano la produzione di frasi grammaticalmente corrette. In pratica, un bambino che impara a parlare diviene capace di compiere una serie di atti linguistici, di partecipare ad eventi discorsivi e di valutare quelli degli altri, in modo da inserirsi in modo opportuno nel discorso oppure chiedere di ripetere o spiegare.
Pur tuttavia, nell’insegnamento delle lingue si tendono a proporre, specie nell’ambito della riflessione metalinguistica, attività esercitative avulse dai contesti pragmatici, frasi, parole e forme sospese nel vuoto delle realtà comunicative. Ci si preoccupa molto della correttezza formale e poco dell’adeguatezza comunicativa che invece è fondamentale per l’efficacia di qualsiasi atto linguistico-comunicativo
Caratteristiche degli eventi comunicativi
Sarebbe invece opportuno impostare corsi e percorsi di L2 dando agli apprendenti consapevolezza delle caratteristiche degli eventi linguistico-comunicativi, che si manifestano in atti comunicativi, e facendoli riflettere e lavorare sulla loro gestione. A questo proposito ricordiamo che un evento comunicativo:
a) si realizza sempre in una determinata situazione, fatta di circostanze fisiche e psicologiche;
b) prevede dei partecipanti che possono cambiare ruolo in rapporto alle varie fasi dell’interazione comunicativa e avere una relazione simmetrica o asimmetrica, cioè basata sull’uguaglianza o la disuguaglianza;
c) ha sempre degli obiettivi, più o meno palesi, trasmessi dagli atti di discorso dei parlanti;
d) comprende, nell’atto di discorso, sia la forma che il contenuto del messaggio, coinvolgendo tanto le regole morfosintattiche di costruzione delle frasi quanto quelle
semantiche di coerenza dei testi e quelle pragmatiche, relative alla padronanza dei modi di parlare e all’abilità di usare i mezzi espressivi con appropriatezza ed efficacia rispetto agli obiettivi;
e) è caratterizzato anche dal tono, cioè da tutti gli atti non verbali che contribuiscono alla realizzazione dell’evento: un tono molto marcato, ad esempio, può prevalere sul contenuto del messaggio e falsarlo;
f) si realizza attraverso un particolare canale, cioè un mezzo di trasmissione del messaggio (orale, scritto, telefonico…);
g) seleziona una determinata forma di utilizzo del codice linguistico, in parte legata al canale ma in parte dipendente da altri fattori, che riguarda la scelta delle varietà linguistiche e i registri (dialetto, lingua standard, registro formale o informale…);
h) è regolato da norme, condivise da una comunità linguistica, che implicano specifici comportamenti (l’ordine dei turni di parola in una conversazione, la distribuzione dei silenzi, i toni di voce, i gesti, la prossemica…).
In classe
Il lavoro sugli aspetti pragmatici sarà naturalmente condotto in modo graduale, secondo l’età degli alunni e il loro livello di competenza linguistica, proponendo attività riflessive su un paio di elementi alla volta fra quelli riguardanti l’evento comunicativo.
Possiamo cominciare con atti molto comuni riguardanti la vita quotidiana, come salutare, ringraziare, scusarsi, e costruire insieme agli alunni un tabellone con queste coordinate:
- come salutare: chi, quando, dove, perché
- come ringraziare: chi, quando, dove, perché
- come scusarsi: con chi, quando, dove, perché
- ecc.
Ipotizziamo un destinatario, un tempo, un luogo e un motivo per ciascun atto e chiediamo agli alunni di scegliere la forma più appropriata di saluto, ringraziamento o scuse.
Se riteniamo che gli alunni non abbiano una conoscenza sufficiente delle formule, facciamo una ricognizione delle formule conosciute, scriviamole alla lavagna arricchendo eventualmente il repertorio.
Successivamente proponiamo noi eventi del tipo “incontrare un amico nel pomeriggio in piazza per scusarsi per un litigio avvenuto a scuola” e facciamolo rappresentare da due alunni a turno. Se gli alunni sono abbastanza grandi e/o competenti, invitiamo la classe ad osservare il tono, i gesti, le posture scelti dai compagni, a darne un giudizio di adeguatezza e a chiederne eventualmente una riformulazione.
Dopo lo svolgimento dell’attività facciamo una riflessione guidata con domande stimolo del tipo: “Esiste un solo modo per scusarsi.? Quali sono i principali elementi di cui dobbiamo tenere conto nello scegliere modalità adeguate?”
Questa riflessione potrà anche essere presa come spunto per una successiva ricerca interculturale, raccogliendo ed osservando gli atti di scusa, o di altri comportamenti verbali di tipo sociale, nelle lingue di origine degli alunni.