Multicultura

Osservatorio Scuola Primaria • Anteprima novembre 2011

Scuola: sarà trascurata dal nuovo ministro?

Questi ultimi due anni scolastici sono stati caratterizzati, sebbene in forme diverse, da una sorta di “didattica di emergenza” causata dal coronavirus, con il conseguente ricorso alla didattica a distanza.Sarebbe però un grave errore archiviare tacitamente questa esperienza senza riflettere con attenzione sugli aspetti più problematici che l’hanno contrassegnata, anche in vista di un rinnovamento della didattica in senso generale.A questo proposito può essere utile la lettura degli esiti dell’indagine condotta da Indire (Pratiche didattiche durante il lockdown), pubblicata in due report, <a data-cke-saved-href="https://www.indire.it/wp-content/uploads/2020/07/Pratiche-didattiche-durante-il-lockdown-Report-2.pdf" target="_blank" href="https://www.indire.it/wp-content/uploads/2020/07/Pratiche-didattiche-durante-il-lockdown-Report-2.pdf">uno preliminare</a> (luglio 2020) e l’altro <a data-cke-saved-href="https://www.indire.it/wp-content/uploads/2020/12/Report-integrativo-Novembre-2020_con-grafici-1.pdf" target="_blank" href="https://www.indire.it/wp-content/uploads/2020/12/Report-integrativo-Novembre-2020_con-grafici-1.pdf">integrativo</a> (dicembre 2020). Sebbene il rapporto non abbia carattere di rappresentatività, dato il numero contenuto di docenti coinvolti (3.774 a livello nazionale, di cui il 29,8% della scuola primaria), emergono dei dati che forniscono una prima immagine della didattica più praticata durante il lockdown. Tre aspetti che sembrano costituire l’ossatura principale della didattica: le lezioni in videoconferenza, l’assegnazione di risorse per lo studio ed esercizi e la valutazione esterna operata dal docente. Questi dati si riferiscono al periodo in cui è stata praticata la didattica a distanza, ma l’impressione che se ne ricava è che, in filigrana, emerga la didattica ordinaria e, sotto questo profilo, la fotografia che viene restituita dalla ricerca è quella di una didattica alquanto trasmissiva e poco innovativa. Se ne ha un riscontro se si vanno ad analizzare altri aspetti indagati dalla ricerca: ad esempio, le attività di contatto e socializzazione vanno decrescendo man mano che dalla scuola dell’infanzia si passa agli altri gradi scolastici (dove le preoccupazioni produttivistiche sembrano prevalere); e così pure le attività di ricerca, laboratoriali e di osservazione appaiono meno presenti nella didattica dei docenti, anche di scuola primaria. A questo proposito è interessante notare che i docenti che ricorrono maggiormente alla didattica laboratoriale sono quelli che giudicano più positivamente la DaD in termini di autonomia degli alunni, di motivazione, di qualità degli apprendimenti e, sebbene in misura minore, per il livello di attenzione. Insomma, vi sono molti motivi per ritenere che la DaD abbia messo in luce alcune fragilità della didattica in sé, indipendentemente dal medium utilizzato, e questo senza volere sottovalutare le difficoltà che le scuole hanno dovuto affrontare durante il forzato isolamento. Si può far tesoro di questa esperienza per riflettere non tanto e non solo sulla Dad, ma sulla didattica tout court, per un rinnovamento complessivo.&nbsp;

Questi ultimi due anni scolastici sono stati caratterizzati, sebbene in forme diverse, da una sorta di “didattica di emergenza” causata dal coronavirus, con il conseguente ricorso alla didattica a distanza.Sarebbe però un grave errore archiviare tacitamente questa esperienza senza riflettere con attenzione sugli aspetti più problematici che l’hanno contrassegnata, anche in vista di un rinnovamento della didattica in senso generale.A questo proposito può essere utile la lettura degli esiti dell’indagine condotta da Indire (Pratiche didattiche durante il lockdown), pubblicata in due report, uno preliminare (luglio 2020) e l’altro integrativo (dicembre 2020). Sebbene il rapporto non abbia carattere di rappresentatività, dato il numero contenuto di docenti coinvolti (3.774 a livello nazionale, di cui il 29,8% della scuola primaria), emergono dei dati che forniscono una prima immagine della didattica più praticata durante il lockdown. Tre aspetti che sembrano costituire l’ossatura principale della didattica: le lezioni in videoconferenza, l’assegnazione di risorse per lo studio ed esercizi e la valutazione esterna operata dal docente. Questi dati si riferiscono al periodo in cui è stata praticata la didattica a distanza, ma l’impressione che se ne ricava è che, in filigrana, emerga la didattica ordinaria e, sotto questo profilo, la fotografia che viene restituita dalla ricerca è quella di una didattica alquanto trasmissiva e poco innovativa. Se ne ha un riscontro se si vanno ad analizzare altri aspetti indagati dalla ricerca: ad esempio, le attività di contatto e socializzazione vanno decrescendo man mano che dalla scuola dell’infanzia si passa agli altri gradi scolastici (dove le preoccupazioni produttivistiche sembrano prevalere); e così pure le attività di ricerca, laboratoriali e di osservazione appaiono meno presenti nella didattica dei docenti, anche di scuola primaria. A questo proposito è interessante notare che i docenti che ricorrono maggiormente alla didattica laboratoriale sono quelli che giudicano più positivamente la DaD in termini di autonomia degli alunni, di motivazione, di qualità degli apprendimenti e, sebbene in misura minore, per il livello di attenzione. Insomma, vi sono molti motivi per ritenere che la DaD abbia messo in luce alcune fragilità della didattica in sé, indipendentemente dal medium utilizzato, e questo senza volere sottovalutare le difficoltà che le scuole hanno dovuto affrontare durante il forzato isolamento. Si può far tesoro di questa esperienza per riflettere non tanto e non solo sulla Dad, ma sulla didattica tout court, per un rinnovamento complessivo. 

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