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Esami universitari

Le difficoltà della pandemia e la didattica in emergenza hanno rimesso al centro l’esigenza di ripensare il lavoro quotidiano in termini essenziali. A che cosa dare priorità? Da dove ripartire? Come individuare un curricolo essenziale in ogni disciplina? Lo abbiamo chiesto ad alcuni esperti.


 


 Processi piuttosto che prodotti


 Rosetta Zan (Università di Pisa)


 Per ripartire dal curricolo essenziale in matematica a mio parere è necessario “fare pulizia” su certe pratiche didattiche che sono frutto più di una tradizione consolidata che di scelte consapevoli e meditate. Tali pratiche sono condizionate a ritroso dalla valutazione, o meglio da un

Le difficoltà della pandemia e la didattica in emergenza hanno rimesso al centro l’esigenza di ripensare il lavoro quotidiano in termini essenziali. A che cosa dare priorità? Da dove ripartire? Come individuare un curricolo essenziale in ogni disciplina? Lo abbiamo chiesto ad alcuni esperti.  Processi piuttosto che prodotti Rosetta Zan (Università di Pisa) Per ripartire dal curricolo essenziale in matematica a mio parere è necessario “fare pulizia” su certe pratiche didattiche che sono frutto più di una tradizione consolidata che di scelte consapevoli e meditate. Tali pratiche sono condizionate a ritroso dalla valutazione, o meglio da un’idea riduttiva di valutazione, che porta a privilegiare ciò che è più facile da valutare. È opportuna allora una rilettura attenta delle Indicazioni nazionali, che aiuti a recuperare il senso dell’insegnamento della matematica e della valutazione. Questa cornice di senso permette di inquadrare gli obiettivi d’apprendimento nel contesto più largo dell’ambiente d’apprendimento, della premessa alla matematica, della descrizione delle competenze, e richiede una valutazione centrata sui processi piuttosto che sui prodotti. Diamo spazio alle storie Federico Batini (Università di Perugia) Ripartiamo dalle storie. L’insegnante legge, ad alta voce, le storie, ne legge tante, ogni giorno, di ogni tipo. Ripartiamo dall’ascolto. Ci abituiamo, insieme, ad ascoltare attraverso la lettura delle storie. E poi? Poi, piano piano, diamo spazio alle storie che i bambini e le bambine vogliono raccontarci, vengono fuori quasi da sole e saranno sempre migliori, accogliamole con gratitudine, tutte. Ripartiamo dall’occasione di poter fare una valutazione diversa. Usiamo la valutazione solo per imparare meglio: hai fatto bene questo e quest’altro. Questa cosa qui, invece, non è ancora fatta bene, si può fare così o così e per imparare a farla meglio puoi fare questo e questo. Ci riproviamo? Inglese: Conoscenza, Comunicazione, Consapevolezza Paola Traverso (esperta di glottodidattica) Un curricolo di inglese essenziale può ruotare intorno a tre parole chiave: conoscenza, comunicazione, consapevolezza. Questo significa che i contenuti linguistici non devono essere fini a sé stessi ma devono permettere di sviluppare una serie di abilità: comprendere e usare un lessico di base; esprimere bisogni, gusti, emozioni; comunicare in semplici scambi d’informazione; usare la lingua per progetti CLIL e per conoscere aspetti culturali di altri paesi. Occorre quindi una didattica attiva e centrata sul compito: partecipare a un gioco, svolgere un role-play, condurre un’intervista, fare un esperimento. Attraverso lo svolgimento dei compiti, e riflettendo sui risultati ottenuti, i bambini possono diventare consapevoli di quello che sanno fare usando la lingua e acquisire un atteggiamento di fiducia. La capacità di selezionare esperienze didattiche Paolo Mazzoli (Esperto di valutazione) L’individuazione dei nuclei fondanti del curricolo non è solo dettata dall’emergenza. È un problema di efficacia dell’insegnamento. A questo proposito vorrei riportare un episodio vissuto personalmente qualche anno fa quando ero dirigente scolastico a Roma. Si presenta in direzione un papà chiedendomi un incontro urgente. Lo faccio accomodare e mi dice: “Direttore, mio figlio in quinta elementare non ha ancora fatto gli Ittiti!”. Questo episodio può far sorridere, ma è indicativo di un’idea di scuola molto radicata in tutti noi. Un’idea che è passata indenne non solo attraverso le ultime Indicazioni nazionali del 2012, ma anche attraverso gli ormai storici programmi del 1985 che non prevedevano né lo studio degli Ittiti, né quello di altre civiltà, se non nell’ambito di attività utili per “la comprensione di fenomeni storici e sociali”. Quello che serve, ieri come oggi, è la capacità di selezionare esperienze didattiche cognitivamente incisive. Attivare la sconfinata curiosità dei bambini Beatrice Borghi (Università di Bologna) Ripartiamo dalle emozioni e dalle idee dei bambini e delle bambine poiché possono rivelarsi presupposti funzionali all’insegnamento e apprendimento della Storia. Ripartiamo da quello che dovrebbe essere la pratica didattica abituale: motivare e attivare la loro sconfinata curiosità, dai loro infiniti “perché”, dal significato di storia e che cosa “la storia” rappresenta per loro. Dare spazio alla sfera creativa immaginativa che c’è nei nostri scolari e stimolarli a comprendere che non c’è angolo del nostro corpo e della nostra mente che non sia frutto dei lasciti di migliaia di persone che ci hanno preceduto. L’emozione di conoscere la storia risiede proprio lì: è viva, perché siamo allo stesso tempo esiti e soggetti della storia; una storia di cui ci si deve sentire partecipi e artefici. Ripartire, in sintesi, da quell’ora, da quello spazio che è il laboratorio di storia, dove il sapere e le competenze si costruiscono individualmente e collettivamente e non si acquisiscono; luogo dell’esperienza e delle emozioni dove ognuno, come artigiani del sapere, a partire dalle fonti intraprende un percorso affascinante: conoscere sé stesso. Ripartire dai luoghiCristiano Giorda (Università di Torino) L’esperienza della didattica a distanza e del lockdown ci ha fatto capire quanto l’ambiente possa fare la differenza negli apprendimenti, nell’educazione e nello sviluppo emotivo e sociale di bambini e bambine. Rispondere alla domanda su cosa sia essenziale per la ripartenza nel curricolo di geografia è semplice: bisogna ripartire dall’imparare nei luoghi, attraverso i luoghi, i luoghi. I processi cognitivi non sono scollegabili dai processi spaziali. Focalizzarsi sullo spazio vissuto come mediatore educativo significa riscoprire quanto l’esperienza spaziale sia indispensabile per l’apprendimento. Utilizziamo allora l’aula, la scuola, e poi le strade del paese o della città, i parchi, e se possibile i boschi, le spiagge, i fiumi, come spazi di apprendimento, come straordinari mediatori per imparare la geografia e la cittadinanza. L’arte di costruire immagini e musica Gianfranco Staccioli (Università di Firenze) Guardare una pittura o ascoltare una musica mettono in movimento capacità diverse. E non si richiede ai bambini e alle bambine di avere le stesse competenze nel disegnare un paesaggio o produrre un ritmo musicale. Gardner ci ha ricordato come la nostra mente funzioni utilizzando intelligenze multiple. Sviluppare a scuola questi due ambiti conoscitivi produce abilità e conoscenze diverse da quelle che sono possibili in altri settori curricolari. Privarsi di guardare immagini artistiche e di ascoltare musica, così come realizzare disegni e orchestrazioni, vuol dire lasciar rattrappire potenzialità che non possono essere sostituite da altre. In più, come ci ha insegnato Bruner, se non si esercita il pensiero “al congiuntivo” (quello della creatività e dell’innovazione), che è la linfa dell’arte, avremo degli adulti aridi e poveri. 

Le difficoltà della pandemia e la didattica in emergenza hanno rimesso al centro l’esigenza di ripensare il lavoro quotidiano in termini essenziali. A che cosa dare priorità? Da dove ripartire? Come individuare un curricolo essenziale in ogni disciplina? Lo abbiamo chiesto ad alcuni esperti. &nbsp; Processi piuttosto che prodotti&nbsp;Rosetta Zan (Università di Pisa)&nbsp;Per ripartire dal curricolo essenziale in matematica a mio parere è necessario “fare pulizia” su certe pratiche didattiche che sono frutto più di una tradizione consolidata che di scelte consapevoli e meditate. Tali pratiche sono condizionate a ritroso dalla valutazione, o meglio da un’idea riduttiva di valutazione, che porta a privilegiare ciò che è più facile da valutare. È opportuna allora una rilettura attenta delle Indicazioni nazionali, che aiuti a recuperare il senso dell’insegnamento della matematica e della valutazione. Questa cornice di senso permette di inquadrare gli obiettivi d’apprendimento nel contesto più largo dell’ambiente d’apprendimento, della premessa alla matematica, della descrizione delle competenze, e richiede una valutazione centrata sui processi piuttosto che sui prodotti.&nbsp; Diamo spazio alle storie&nbsp;Federico Batini (Università di Perugia)&nbsp;Ripartiamo dalle storie. L’insegnante legge, ad alta voce, le storie, ne legge tante, ogni giorno, di ogni tipo. Ripartiamo dall’ascolto. Ci abituiamo, insieme, ad ascoltare attraverso la lettura delle storie. E poi? Poi, piano piano, diamo spazio alle storie che i bambini e le bambine vogliono raccontarci, vengono fuori quasi da sole e saranno sempre migliori, accogliamole con gratitudine, tutte. Ripartiamo dall’occasione di poter fare una valutazione diversa. Usiamo la valutazione solo per imparare meglio: hai fatto bene questo e quest’altro. Questa cosa qui, invece, non è ancora fatta bene, si può fare così o così e per imparare a farla meglio puoi fare questo e questo. Ci riproviamo?&nbsp; Inglese: Conoscenza, Comunicazione, Consapevolezza&nbsp;Paola Traverso (esperta di glottodidattica)&nbsp;Un curricolo di inglese essenziale può ruotare intorno a tre parole chiave: conoscenza, comunicazione, consapevolezza. Questo significa che i contenuti linguistici non devono essere fini a sé stessi ma devono permettere di sviluppare una serie di abilità: comprendere e usare un lessico di base; esprimere bisogni, gusti, emozioni; comunicare in semplici scambi d’informazione; usare la lingua per progetti CLIL e per conoscere aspetti culturali di altri paesi. Occorre quindi una didattica attiva e centrata sul compito: partecipare a un gioco, svolgere un role-play, condurre un’intervista, fare un esperimento. Attraverso lo svolgimento dei compiti, e riflettendo sui risultati ottenuti, i bambini possono diventare consapevoli di quello che sanno fare usando la lingua e acquisire un atteggiamento di fiducia.&nbsp; La capacità di selezionare esperienze didattiche&nbsp;Paolo Mazzoli (Esperto di valutazione)&nbsp;L’individuazione dei nuclei fondanti del curricolo non è solo dettata dall’emergenza. È un problema di efficacia dell’insegnamento. A questo proposito vorrei riportare un episodio vissuto personalmente qualche anno fa quando ero dirigente scolastico a Roma. Si presenta in direzione un papà chiedendomi un incontro urgente. Lo faccio accomodare e mi dice: “Direttore, mio figlio in quinta elementare non ha ancora fatto gli Ittiti!”. Questo episodio può far sorridere, ma è indicativo di un’idea di scuola molto radicata in tutti noi. Un’idea che è passata indenne non solo attraverso le ultime Indicazioni nazionali del 2012, ma anche attraverso gli ormai storici programmi del 1985 che non prevedevano né lo studio degli Ittiti, né quello di altre civiltà, se non nell’ambito di attività utili per “la comprensione di fenomeni storici e sociali”. Quello che serve, ieri come oggi, è la capacità di selezionare esperienze didattiche cognitivamente incisive.&nbsp; Attivare la sconfinata curiosità dei bambini&nbsp;Beatrice Borghi (Università di Bologna)&nbsp; Ripartiamo dalle emozioni e dalle idee dei bambini e delle bambine poiché possono rivelarsi presupposti funzionali all’insegnamento e apprendimento della Storia. Ripartiamo da quello che dovrebbe essere la pratica didattica abituale: motivare e attivare la loro sconfinata curiosità, dai loro infiniti “perché”, dal significato di storia e che cosa “la storia” rappresenta per loro. Dare spazio alla sfera creativa immaginativa che c’è nei nostri scolari e stimolarli a comprendere che non c’è angolo del nostro corpo e della nostra mente che non sia frutto dei lasciti di migliaia di persone che ci hanno preceduto. L’emozione di conoscere la storia risiede proprio lì: è viva, perché siamo allo stesso tempo esiti e soggetti della storia; una storia di cui ci si deve sentire partecipi e artefici. Ripartire, in sintesi, da quell’ora, da quello spazio che è il laboratorio di storia, dove il sapere e le competenze si costruiscono individualmente e collettivamente e non si acquisiscono; luogo dell’esperienza e delle emozioni dove ognuno, come artigiani del sapere, a partire dalle fonti intraprende un percorso affascinante: conoscere sé stesso.&nbsp; Ripartire dai luoghiCristiano Giorda (Università di Torino)&nbsp;L’esperienza della didattica a distanza e del lockdown ci ha fatto capire quanto l’ambiente possa fare la differenza negli apprendimenti, nell’educazione e nello sviluppo emotivo e sociale di bambini e bambine. Rispondere alla domanda su cosa sia essenziale per la ripartenza nel curricolo di geografia è semplice: bisogna ripartire dall’imparare nei luoghi, attraverso i luoghi, i luoghi. I processi cognitivi non sono scollegabili dai processi spaziali. Focalizzarsi sullo spazio vissuto come mediatore educativo significa riscoprire quanto l’esperienza spaziale sia indispensabile per l’apprendimento. Utilizziamo allora l’aula, la scuola, e poi le strade del paese o della città, i parchi, e se possibile i boschi, le spiagge, i fiumi, come spazi di apprendimento, come straordinari mediatori per imparare la geografia e la cittadinanza.&nbsp; L’arte di costruire immagini e musica&nbsp;Gianfranco Staccioli (Università di Firenze)&nbsp;Guardare una pittura o ascoltare una musica mettono in movimento capacità diverse. E non si richiede ai bambini e alle bambine di avere le stesse competenze nel disegnare un paesaggio o produrre un ritmo musicale. Gardner ci ha ricordato come la nostra mente funzioni utilizzando intelligenze multiple. Sviluppare a scuola questi due ambiti conoscitivi produce abilità e conoscenze diverse da quelle che sono possibili in altri settori curricolari. Privarsi di guardare immagini artistiche e di ascoltare musica, così come realizzare disegni e orchestrazioni, vuol dire lasciar rattrappire potenzialità che non possono essere sostituite da altre. In più, come ci ha insegnato Bruner, se non si esercita il pensiero “al congiuntivo” (quello della creatività e dell’innovazione), che è la linfa dell’arte, avremo degli adulti aridi e poveri.&nbsp;

Ripartire dal curricolo: la parola agli esperti

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