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Il silent book

Appassionato di storie, A. &egrave; il bambino maggiormente dotato linguisticamente della classe e per la sua storia ricorre a parole complesse che non solo descrivono stati fisici ed emozioni &ndash; &ldquo;i lupi erano stanchi&rdquo;, &ldquo;la bambina diventava triste&rdquo;, &ldquo;il procione era aggressivo&rdquo; &ndash; ma sono anche frasi e verbi difficili come &ldquo;si intrufola&rdquo; o &ldquo;il piccolo rimane indietro&rdquo;.

Proprio alcune di queste espressioni complesse erano state utilizzate nel racconto inventato dell&rsquo;albo illustrato dall&rsquo;insegnante e riproposte da A. nel suo racconto, rivelando quanto le parole dell&rsquo;adulto costituiscano un&rsquo;impalcatura necessaria per bambini e bambine.

Nella classe di una scuola primaria alla periferia di una grande citt&agrave; italiana, ci sono ventuno bambini: una sola alunna ha origini italiane da parte della famiglia paterna; tutti gli altri, invece, pur essendo nati in Italia &ndash; a eccezione di G. che invece &egrave; arrivato dal Ghana da poco &ndash; provengono dall&rsquo;Est europeo, dal continente asiatico o da quello africano.

La frequenza degli alunni a scuola &egrave; piuttosto discontinua: questo condiziona fortemente la didattica e il portare avanti progetti di ampio respiro. Eppure, questi bambini hanno un grande bisogno di fare, di costruire, di imparare e soprattutto di dire.

Dire in tutte le sue forme: dal nominare al raccontare, dal comunicare il proprio vissuto e le proprie emozioni attraverso le parole. Perch&eacute;? Perch&eacute; con gli adulti questi bambini parlano poco, anzi ci parlano solo se &egrave; indispensabile o quando hanno bisogno di aiuto. Spesso anche in questi casi preferiscono mostrare, indicare attraverso il gesto e la mimica, per comunicare una situazione di difficolt&agrave; o di disagio. Molti di loro, infatti, hanno poche, forse pochissime parole in italiano oppure hanno solo troppo pudore a utilizzarle con gli adulti, perch&eacute; quando sono liberi in giardino o nei momenti di ricreazione le parole in italiano ci sono, le ascoltiamo.

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<ul>
	<li style="text-align:justify">
	Cuore di tigre, illustrato da Paola Formica. Carthusia, 2017. Parole: Integrazione, Cittadinanza attiva, Libert&agrave;
	</li>
	<li style="text-align:justify">
	Immagina, illustrato da Anastasia Suvorova. Carthusia, 2018. Parole: immaginazione, fiaba, magia
	</li>
	<li style="text-align:justify">
	Indovina la fiaba, illustrato da Eva Rasano. Giunti, 2017. Parole: Fiabe, lupi, albo
	</li>
	<li style="text-align:justify">
	Tanti intrecci, illustrato da Xinyuan Yan. Carthusia, 2020. Parole: corda, gioia, Cina
	</li>
</ul>

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Creiamo occasioni per produrre racconti a partire dai silent book
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Come insegnanti, la frammentariet&agrave; del tempo di frequenza di una classe come questa ci mette alla prova e ci costringe a studiare e a predisporre delle attivit&agrave; di potenziamento della lingua italiana che siano accattivanti e che abbiano un senso, ma che allo stesso tempo possano fiorire e terminare nel corso di poche ore. Proviamo allora a proporre la lettura di un silent book.

Le immagini fortemente evocative, presenti nei libri senza parole, mostrano in modo chiaro la trama (o almeno uno dei possibili sentieri della storia), senza che sia necessario leggerli pi&ugrave; e pi&ugrave; volte ad alta voce.

Sebbene il lavoro in piccoli gruppi sia spesso privilegiato per favorire la co-costruzione e la condivisione della conoscenza, &egrave; ugualmente importante stimolare l&rsquo;attivit&agrave; verbale dei bambini non italofoni a livello individuale.

Per instaurare un clima di fiducia, in questa fase della loro esperienza, &egrave; infatti fondamentale rispettare la loro timidezza e il non sentirsi del tutto sicuri dei propri strumenti.

Spesso, presi singolarmente, i bambini si lasciano andare alla &ldquo;lettura dei non lettori&rdquo; e, sfogliando le pagine degli albi illustrati, iniziano a parlare e a comunicare. Ed &egrave; sorprendente la diversit&agrave; degli stili dei loro racconti.

Sensazionale &egrave; lo stile telegrafico di A., per esempio, che, pur con qualche imprecisione, ha una buona capacit&agrave; di comunicare in lingua italiana: &ldquo;Parla di cucciolo e della mamma sua&rdquo;.

E ancora le produzioni di G. e di I. che provengono da luoghi molto diversi, ma danno vita a due racconti molto simili dove un linguaggio scarno, meno che essenziale, affidato all&rsquo;uso di espressioni olofrastiche risulta potente, quasi evocativo:

<ul>
	<li style="text-align: justify;">G.: &ldquo;La bimba e il lupo piccolo. Il lupo grande-mamma. Guarda pap&agrave;, guarda &egrave; piccola bimba. C&rsquo;&egrave; cane-bimba-scuola-lupo piccolo e grande mamma&rdquo;.</li>
	<li style="text-align: justify;">I.: &ldquo;Lupo-foresta-bambina. Lupo cos&igrave;: auuuuuuu. Lupo nero e bianco. Pap&agrave; in foresta. Mamma, pap&agrave; e poi piccolo foresta&rdquo;.</li>
</ul>

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Anche i bambini non italofoni hanno un grande bisogno di fare, di costruire, di imparare e soprattutto di dire
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<h3>CONSIGLI</h3>

<h3>DI LETTURA</h3>

Le parole dell&#39;adulto sono l&#39;impalcatura necessaria

L&#39;importanza del racconto individuale

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