E l’albero era felice

Animazioni in classe per scoprire che l’amicizia non ha età

La scuola inclusiva, un secolo fa

Ripensiamo l'accoglienza

Nei mesi dell’emergenza come insegnanti ci siamo inventati di tutto, pur di mantenere il contatto con i nostri alunni e proseguire, seppure a distanza, a fare scuola.Le possibilità offerte dalla tecnologia sono state un aiuto fondamentale e siamo tutti diventati più bravi e competenti nell’usarle.Ma che cosa è successo ai più fragili, ai bambini e ragazzi giunti da poco in Italia o comunque con forti bisogni linguistici e di integrazione nelle attività comuni?&nbsp;La DAD nelle scuole milanesi: un questionarioUn’analisi condotta in un istituto della provincia milanese ci fornisce un quadro significativo. L’istituto ha una percentuale di alunni con background migratorio, personale o famigliare, intorno al 10%, in linea quindi con le medie nazionali.Sono state analizzate le risposte a un questionario relativo a 106 alunni con background migratorio, distribuiti nei vari plessi e ordini di scuola dell’istituto, dalla scuola dell’infanzia alla secondaria di primo grado. Che cosa è emerso dalle risposte degli insegnanti riguardo al periodo della DAD (Didattica A Distanza)?“si collegava dalla casa della vicina perché non ha internet”; “saltava la connessione”; “ambiente rumoroso e disturbato”; “poteva usare solo il cellulare della mamma”; “l’abbiamo recuperato solo nell’ultimo mese, quando gli abbiamo consegnato un computer della scuola”Un aspetto, forse prevedibile, che emerge con chiarezza è relativo alle difficoltà materiali incontrate da almeno un terzo degli alunni: scarsa disponibilità di device, ripetuti problemi di connessione, poca pratica nell’uso degli strumenti e impossibilità di ricorrere ad aiuti, ambienti rumorosi e condivisi con altri famigliari.Chi sono i nostri alunni?“a casa parlano arabo”; “i genitori sono in Italia da tanti anni”; “non sono a conoscenza della situazione famigliare”; “dati anagrafici in segreteria”; “non ricordo se viene dall’Egitto o dal Marocco, comunque è arabo”Una osservazione importante riguarda però un aspetto che prescinde dalla “didattica a distanza”. Nel compilare il questionario, diversi docenti non sono stati in grado di definire con dati certi la situazione del proprio alunno (la nascita in Italia o all’estero, l’anno di arrivo in Italia e a volte perfino la sua nazionalità). In particolare, sono nebulose le informazioni sui ben due terzi degli alunni della scuola dell’infanzia e di un terzo di quelli della scuola primaria. Conoscere la situazione degli alunni è invece il primissimo passo da compiere per comprendere le esigenze, indirizzare le aspettative e definire obiettivi raggiungibili.Una riflessione sulla nostra scuola, sulla nostra classeIn sintesi, la didattica a distanza a cui la pandemia ci ha costretto è stata particolarmente penalizzante per molti alunni con background migratorio e ha accresciuto le differenze sociali che la scuola dovrebbe invece aiutare a ridimensionare. La riflessione però va oltre al possesso o meno di device/connessione e induce a rivedere l’approccio complessivo: in quante classi gli alunni stranieri stanno diventando degli “sconosciuti” agli occhi dei loro stessi insegnanti? E nella nostra scuola?

Quante cose non sappiamo degli alunni stranieri

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