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RIANNODARE I FILI

Durante i giorni della quarantena ho avuto modo di fare formazione per diversi servizi educativi e di confrontarmi con migliaia di educatrici. Ho potuto toccare con mano la passione per il proprio lavoro, il desiderio di continuare a esserci per i bambini, per le mamme e i papà, anche se in nuove forme e modi. Ho avuto modo di riflettere su come rivedere il proprio agire professionale in questa contingenza e di osservare come, in tale situazione, fosse necessario più che mai un cambio di prospettiva finalizzata a tenere i genitori all’interno dei servizi. Da tempo è al centro della riflessione pedagogica il discorso legato alla corresponsabilità educativa con le famiglie. Per certi versi, tale situazione ha obbligato gli educatori a ripensare il proprio modo di lavorare in questa direzione. Per molto tempo gli educatori hanno vissuto il rapporto con le famiglie come un impegno gravoso, un peso, una grande fatica, in tanti casi guardando solo ai limiti e alle presunte inadeguatezze di mamme e papà. Ma, come ci insegna Winnicot, “il bambino non esiste” se non in relazione ai suoi adulti di riferimento. La pandemia ha invece forzato e velocizzato i tempi verso una presa di coscienza sulla centralità del rapporto con i genitori. Molti educatori hanno potuto toccare con mano e comprendere gli sforzi che ogni genitore fa nel portare avanti il proprio compito educativo. Giudizi,&nbsp;pregiudizi, incomprensioni, hanno potuto sciogliersi e lasciare il passo a una possibile e reale collaborazione, seppur virtuale, ma molto reale.

La fatica condivisa del momento ha generato empatia con le famiglie

I gruppi di lavoro, normalmente poco abituati all’uso delle piattaforme digitali, si sono spesi nella ricerca degli strumenti più utili a portare avanti una “didattica a distanza” totalmente da inventare.
 

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 In che modo ciascun gruppo ha operato per riorganizzarsi?
 
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 Su quali risorse si è fatto leva?
 
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I gruppi di lavoro, normalmente poco abituati all’uso delle piattaforme digitali, si sono spesi nella ricerca degli strumenti più utili a portare avanti una “didattica a distanza” totalmente da inventare.In che modo ciascun gruppo ha operato per riorganizzarsi?Su quali risorse si è fatto leva?Quali limiti e perplessità hanno abitato la transizione a un nuovo modo di operare? Riflettere retrospettivamente, in ciascun servizio, sui processi che hanno condotto a innovative prassi in questa crisi, potrebbe fornire spunti importanti per acquisire una maggiore consapevolezza del funzionamento del proprio gruppo e utili informazioni sulla resilienza dello stesso.

INSIEME ALLE FAMIGLIE

RIPENSARE IL DIGITALE

Gli educatori (e non solo) si sono trovati catapultati, dall’oggi al domani, in una nuova realtà. Privati del contatto e della presenza con i bambini hanno dovuto riorganizzare pensieri e prassi per potersi adattare alla situazione e trovare modi per tenere allacciati i fili della relazione con i piccoli e le loro famiglie.

RIFLETTERE SU QUANTO FATTO

I gruppi di lavoro, normalmente poco abituati all’uso delle piattaforme digitali, si sono spesi nella ricerca degli strumenti più utili a portare avanti una “didattica a distanza” totalmente da inventare. <ul><li>In che modo ciascun gruppo ha operato per riorganizzarsi? </li><li>Su quali risorse si è fatto leva? </li><li>Quali limiti e perplessità hanno abitato la transizione a un nuovo modo di operare? </li></ul> Riflettere retrospettivamente, in ciascun servizio, sui processi che hanno condotto a innovative prassi in questa crisi, potrebbe fornire spunti importanti per acquisire una maggiore consapevolezza del funzionamento del proprio gruppo e utili informazioni sulla resilienza dello stesso.

<ul><li>In che modo ciascun servizio potrà capitalizzare quanto ha appreso e messo in campo nel lavoro con le famiglie durante questo periodo? </li><li>In che modo gli educatori possono ripensare il rapporto, anche a distanza, con i genitori? </li></ul> La gestione della “nuova normalità” ci invita ancora a formulare pensieri divergenti, laterali, ad aprire nuove piste di lavoro e a ripensare i servizi alla luce di nuove possibilità fornite dal digitale. Per molto tempo non abbiamo preso in considerazione i vantaggi insiti nella virtualità perché, indubbiamente, la relazione educativa si appoggia sul contatto e sulla presenza fisica. Ma abbiamo potuto fare esperienza di come, anche nella distanza, sia possibile una vicinanza. Abbiamo scoperto come, anche nella distanza, sia possibile attivare percorsi di crescita condivisi tra educatori e genitori, in un fertile e fecondo scambio di vedute, pareri e risorse.

Riprendere le fila del proprio agito è fondamentale per rafforzare la propria identità come servizi educativi e come professionisti, tenendo traccia dei propri tentativi e tentennamenti, come delle soluzioni vincenti. È necessario per nutrire la storia del proprio servizio, per alimentare il proprio sé professionale, tenendo insieme successi e fallimenti, soluzioni creative che hanno funzionato insieme a tentativi mal riusciti. <ul><li>Come educatore che cosa ho imparato da quanto accaduto? </li><li>Quali parti di me si sono messe in gioco e hanno collaborato per ripensare il proprio agire? </li></ul> Quali, al contrario, si sono poste di traverso, recalcitranti e oppositive? Ciascuno ha dovuto fare i conti con la propria inerzia al cambiamento e la paura dell’ignoto da un lato e, dall’altro, con la motivazione a mantenere i contatti con i bambini e le famiglie.

Gli educatori (e non solo) si sono trovati catapultati, dall’oggi al domani, in una nuova realtà. Privati del contatto e della presenza con i bambini hanno dovuto riorganizzare pensieri e prassi per potersi adattare alla situazione e trovare modi per tenere allacciati i fili della relazione con i piccoli e le loro famiglie.

Il mestiere di educare

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