Il punto di partenza: i bambini

I contesti generativi

Intrecci, fasi, inciampi

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 Il filosofo Talete una notte, mentre passeggia osservando il cielo stellato, cade rovinosamente dentro un pozzo. Ad assistere all’evento c’è una giovane serva tracia che si affaccia ai bordi del pozzo e ironizza: “Tu ti affanni a conoscere le cose celesti, ma ti lasci sfuggire quelle che ti stanno di fronte, tra i piedi”.
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 Il filosofo avrebbe potuto fare le sue osservazioni astronomiche in un momento più appropriato, in un altro luogo, comodamente seduto o sdraiato, ma il pungolo
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Il filosofo Talete una notte, mentre passeggia osservando il cielo stellato, cade rovinosamente dentro un pozzo. Ad assistere all’evento c’è una giovane serva tracia che si affaccia ai bordi del pozzo e ironizza: “Tu ti affanni a conoscere le cose celesti, ma ti lasci sfuggire quelle che ti stanno di fronte, tra i piedi”.
Il filosofo avrebbe potuto fare le sue osservazioni astronomiche in un momento più appropriato, in un altro luogo, comodamente seduto o sdraiato, ma il pungolo della curiosità lo rende distratto e gli impedisce di trovare il tempo e il luogo adatti alla sua osservazione. Come nota la donna, la sua disattenzione lo priva della conoscenza delle cose del mondo, di cui non fa esperienza.
Si potrebbe dire anzi che nel mettere i piedi in fallo, proprio nel momento in cui il mondo gli viene a mancare da sotto i piedi… proprio in quel momento Talete fa esperienza del mondo.
Questa versione della vicenda, raccontata da Platone nel Teeteto, mostra il nesso profondo tra esperienza, vissuto personale e attenzione.
 
Il fare esperienza
La parola “esperienza” richiama la relazione di ciascuno di noi con il mondo, l’acquisizione di dati di realtà in cui siamo direttamente, intimamente coinvolti, in cui la nostra attenzione è presente e vigile. Nel fare esperienza ci accorgiamo di essere parte del mondo, quello che facciamo ci fa un effetto, non ci lascia indifferenti, abbiamo una risposta emotiva di cui tener conto. L'esperienza ci trasforma, aggiunge in noi qualcosa che prima non c'era.
Per fare un esempio, possiamo fare una corsa o vedere un film, ma entrambe queste attività diventano esperienza solo se siamo “presenti” a quello che facciamo, se ne riceviamo un effetto, altrimenti stiamo facendo qualcosa di automatico che non lascia traccia in noi, che non si traduce, appunto, in esperienza.
 
Tecnologia e dispersione dell'attenzione
Nell’era della tecnologia che caratterizza le nostre esistenze, l’esperienza tende a essere filtrata, mediata dagli schermi “che tocchiamo e non attraversiamo mai e che quindi non ci fanno toccare il mondo” (Tagliapietra, 2017).
I dispositivi digitali tendono a trarci fuori, a dis-trarci dal mondo. William James racconta bene qualcosa di analogo (in riferimento alla noia) a quello che ci accade quando li usiamo in modo inconsapevole e compulsivo: “La maggior parte delle persone probabilmente cade più volte al giorno in un attacco simile a questo: gli occhi sono fissi sul vuoto, i suoni del mondo si fondono in un’unità confusa, l’attenzione è dispersa […] e il primo piano della coscienza è riempito, semmai, da una sorta di solenne senso di abbandono al vuoto che scorre. Sullo sfondo oscuro della nostra mente sappiamo nel frattempo cosa dovremmo fare: alzarci, vestirci, rispondere alla persona che ci ha parlato, cercare di fare il passo successivo nel nostro ragionamento […]. Ogni momento ci aspettiamo che l’incantesimo si spezzi, poiché non c’è motivo per cui dovrebbe continuare. Ma continua, impulso dopo impulso, e galleggiamo con esso […]” (James, 1901).
 
L’apprendimento per esperienza
In un tale stato di dispersione dell’attenzione “perdiamo” anche noi stessi e la nostra relazione al mondo. Puntare sull’esperienza può diventare quindi un buon antidoto a quest’uso inconsapevole della tecnologia, tant’è che nelle Linee Guida emanate lo scorso ottobre per le discipline STEM (acronimo che raccoglie l’insieme delle materie scientifiche, tecnologiche, ingegneristiche) si legge l’invito a insegnare attraverso l’esperienza (si veda il box).
 


L’esperienza insegna

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