Star bene a scuola: l'empatia dell'insegnante

Come funziona il cervello emotivo dei bambini?

Che cosa comunica il nostro sguardo? - “Pillole” per star bene a scuola

La Gioia di ricominciare

Ciao, finalmente!

Eccoci, ci ritroviamo!

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	<li>Novara, D. (2015). Litigare fa bene. Milano: Rizzoli libri.</li>
	<li><a href="https://www.giuntiscuola.it/articoli/il-conflict-corner-una-tecnica-importan" target="_blank">Versiglia, M. (2018). Il conflict corner: una tecnica importante Psicologia e scuola n. 3. Firenze: Giunti Scuola</a>.</li>
	<li>Novara, D. Di Chio, C. (2013). Litigare con metodo. Trento: Erickson.</li>
	<li>CPP Centro Psicopedagogico per l&rsquo;educazione e la gestione dei conflitti: <a href="https://www.cppp.it/" target="_blank">https://www.cppp.it/</a></li>
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CHE COS’È IL CONFLICT CORNER?

Daniele Novara, pedagogista, è fondatore e direttore del CPP (Centro psicopedagogico per l’educazione e la gestione dei conflitti) e docente del Master in Formazione interculturale presso l’Università Cattolica di Milano.Autore di molti saggi e libri di divulgazione e sostegno genitoriale, è ideatore del Metodo maieutico nell’apprendimento e nella relazione d’aiuto (ispirato alle suggestioni del suo maestro, Danilo Dolci) e del metodo Litigare bene, per gestire i conflitti dei bambini.Da molti anni è autore di rubriche e articoli per le riviste Giunti Scuola.

1.&nbsp;Che cosa possono dire o fare gli adulti di fronte a bambini che litigano?Prima di tutto è importante avere ben presente che cosa non dire e non fare. Se un litigio tra bambini è visto come quelli tra adulti, possono nascere un’ansia e un’ingerenza fuori luogo.I bambini della scuola dell’infanzia hanno strutture cognitive diverse dalle nostre, non si scontrano per farsi male, non prevedono intenzionalità dannosa verso il compagno. Il bambino può voler spingere, togliere il gioco, “comandare“… ma non intende fare violenza. L’adulto di riferimento, allora, non dovrà usare nella comunicazione parole come “colpevole“.Da anni spiego, con il mio metodo Litigare bene, che l’insegnante è il punto di riferimento per l’autoregolazione dei bambini. Se comprendiamo il loro mondo sappiamo che non dovremo cercare “il bullo” e che se l’adulto non interviene i bambini troveranno una via d’uscita dal conflitto, anche se non necessariamente un accordo. Forse andranno altrove…Il “pensiero reversibile“ evidenziato da Piaget in questa fascia di età non è ancora presente. Il litigio è una variabile dell’amicizia: si litiga con gli amici, non con gli estranei. Proibire il litigio è come proibire l’amicizia. Invece di fare i giudici (“Chi ha cominciato?” o “Di chi è la colpa?”), possiamo insegnare ad accettare il conflitto, aiutarli a comunicare. Nel mio metodo propongo di realizzare uno spazio per il litigio dei bambini, il Conflict Corner (vedi approfondimento di seguito). 2&nbsp;Quindi si possono apprendere delle strategie per gestire i conflitti e comunicare bene?Sì, è possibile e gli insegnanti sanno quanto sia importante. Grazie alla crescita professionale e alla formazione possiamo gestire al meglio i conflitti e comunicare bene con adulti e bambini.Stiamo più attenti a individuare il bambino che cerca di richiamare, con i suoi litigi, la nostra attenzione. Impegniamoci ad adottare un linguaggio congruente anche con le famiglie, non parliamo di violenza o bullismo (siamo alla scuola dell’infanzia). Non possiamo dire ai genitori che loro figlio non subirà ingiustizie dai suoi compagni, ma possiamo spiegare loro che i contrasti sono parte del gioco e che non rappresentano un pericolo.Spieghiamo che senza litigi i bambini non acquisiscono la capacità di vedere altri punti di vista… e che il litigio è liberatorio per loro. 3.&nbsp;I bambini possono “litigare bene”, e gli adulti? Come riuscire a comunicare in situazioni di conflitto per arrivare a una soluzione condivisa, a cominciare dal team di lavoro?La comunicazione è importantissima anche tra insegnanti. Ricordo che negli anni Settanta erano soprattutto le riviste a creare un linguaggio comune. Oggi è più difficile, ma è una professione che ne ha bisogno.La comunicazione è una competenza professionale, un insegnante non lavora da solo, deve esserci una coesione pedagogica, le scelte di fondo della scuola vanno condivise e comunicate correttamente: il metodo attivo esperienziale, la scoperta della natura e del territorio, l’importanza delle autonomie dei bambini nelle routine…Il conflitto apre all’innovazione: non devi subire le decisioni degli altri e chiedere il trasferimento se non sei d’accordo con i colleghi. Gli educatori hanno un ambiente già vivace, sensibile, pronto al confronto.C’è una frase di Clotilde Pontecorvo che riassume tutto: “le parole servono a litigare senza farsi male”.

Si tratta di una tecnica del mio metodo Litigare bene, spiega Daniele Novara, che prevede di individuare un luogo (un angolo, un tappeto, scelto e decorato insieme ai bambini) dove sia possibile scambiarsi la versione reciproca del litigio, sia a parole che con disegni, e dove raccogliere fisicamente gli accordi raggiunti. Un gomitolo colorato può servire a parlare rispettando i turni e scambiarsi la propria versione.L’adulto deve essere solo mediatore e facilitatore dello scambio, aiuta i contendenti a esprimersi, ma devono essere i bambini stessi ad andare autonomamente verso il Conflict Corner, spesso su suggerimento di altri compagni, riconoscendolo come uno spazio tutto loro dove imparare a gestire autonomamente i propri dissidi.L’importante è che ciascuno lì si senta legittimato nell’esprimere quello che prova: ogni versione è valida e ha pari dignità.

Le parole per non farsi male

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