Multicultura

Osservatorio Scuola Primaria • Anteprima novembre 2011

Scuola: sarà trascurata dal nuovo ministro?

Il dibattito sulla scuola durante la Costituente non è la cosa migliore di quella luminosa fase della nostra storia. Tra i madri e padri costituenti di fatto non c’erano maestri o educatori, e la discussione fu guidata soprattutto da importanti intellettuali che si erano formati nella lunga e intramontata stagione dell’idealismo: tutti avevano ben chiaro che cosa volesse dire costruire una scuola che educasse alla democrazia e all’antifascismo. Sulla scuola si scontrarono quattro posizioni (approssimiamo): i liberali, i comunisti, i cattolici, i laici. Alla fine vinsero su tutta la linea i cattolici, mantennero il concordato e i fondi alle private ma soprattutto un impianto conservatore. Ci riuscirono, componendo due alleanze complementari: una con i liberali per mantenere il sistema della scuola selettiva e classista che la riforma gentiliana aveva anch’essa legittimato, l’altra con i comunisti perché ci si occupasse dell’educazione dei più poveri – per gli orfani di guerra, i mutilatini (come si chiamavano allora), la grandissima massa di analfabeti, gli adulti non scolarizzati. I laici, che aspiravano a una scuola internazionale, più libera, più sperimentale, più innovativa, che recepisse le invenzioni pedagogiche che venivano da tutto il mondo, rimasero isolati, politicamente sbaragliati. Questo schema si mantenne e si replicò per tutta la repubblica. E anche oggi ci troviamo in una situazione simile. Noi parliamo sempre di “scuola”, ma spesso intendiamo due cose diverse con la stessa parola. Da una parte scuola vuol dire la formazione di qualità, o comunque capace di selezionare e legittimare le future classi dirigenti; dall’altra un’educazione per chi sta messo male, il tentativo di compensare le mille questioni che una società disuguale ci rende più evidenti: povertà educativa, esclusione degli stranieri, marginalità, bisogni speciali, disabilità, analfabetismo di ritorno… Ma è proprio su questo secondo genere di questioni che le politiche scolastiche si concentrano meno. A un certo punto sembra, rispetto a queste problematiche, che non sia più coinvolto un dibattito e un intervento pedagogico, che rifletta e agisca su educazione e apprendimenti; ma viene chiamato in causa un terzo settore che agisce sul piano sociale. Ecco, le due scuole: una si occupa di apprendimenti, l’altra di minimi diritti di cittadinanza. I capaci e i meritevoli, una volta che si è capito chi sono, possono anche essere isolati dal resto dei loro compagni, per i quali la scuola sarà un po’ meno scuola e un po’ più assistenza sociale. Questo quadro, certo molto indicativo, ci può essere almeno utile per capire quanto può essere cruciale la sfida che ci aspetta. A chi, o meglio a cosa, andranno i fondi a disposizione? Per provare a far sì che queste due scuole siano meno separate, o perché questo divario si allarghi e si approfondisca ancora di più?&nbsp;

Il dibattito sulla scuola durante la Costituente non è la cosa migliore di quella luminosa fase della nostra storia. Tra i madri e padri costituenti di fatto non c’erano maestri o educatori, e la discussione fu guidata soprattutto da importanti intellettuali che si erano formati nella lunga e intramontata stagione dell’idealismo: tutti avevano ben chiaro che cosa volesse dire
 
 costruire una scuola che educasse alla democrazia e all’antifascismo
 
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 Sulla scuola si scontrarono quattro posizioni (approssimiamo): i liberali, i comunisti, i cattolici, i laici. Alla fine vinsero su tutta la linea i cattolici, mantennero il concordato e i fondi al

Il dibattito sulla scuola durante la Costituente non è la cosa migliore di quella luminosa fase della nostra storia. Tra i madri e padri costituenti di fatto non c’erano maestri o educatori, e la discussione fu guidata soprattutto da importanti intellettuali che si erano formati nella lunga e intramontata stagione dell’idealismo: tutti avevano ben chiaro che cosa volesse dire costruire una scuola che educasse alla democrazia e all’antifascismo. Sulla scuola si scontrarono quattro posizioni (approssimiamo): i liberali, i comunisti, i cattolici, i laici. Alla fine vinsero su tutta la linea i cattolici, mantennero il concordato e i fondi alle private ma soprattutto un impianto conservatore. Ci riuscirono, componendo due alleanze complementari: una con i liberali per mantenere il sistema della scuola selettiva e classista che la riforma gentiliana aveva anch’essa legittimato, l’altra con i comunisti perché ci si occupasse dell’educazione dei più poveri – per gli orfani di guerra, i mutilatini (come si chiamavano allora), la grandissima massa di analfabeti, gli adulti non scolarizzati. I laici, che aspiravano a una scuola internazionale, più libera, più sperimentale, più innovativa, che recepisse le invenzioni pedagogiche che venivano da tutto il mondo, rimasero isolati, politicamente sbaragliati. Questo schema si mantenne e si replicò per tutta la repubblica. E anche oggi ci troviamo in una situazione simile. Noi parliamo sempre di “scuola”, ma spesso intendiamo due cose diverse con la stessa parola. Da una parte scuola vuol dire la formazione di qualità, o comunque capace di selezionare e legittimare le future classi dirigenti; dall’altra un’educazione per chi sta messo male, il tentativo di compensare le mille questioni che una società disuguale ci rende più evidenti: povertà educativa, esclusione degli stranieri, marginalità, bisogni speciali, disabilità, analfabetismo di ritorno… Ma è proprio su questo secondo genere di questioni che le politiche scolastiche si concentrano meno. A un certo punto sembra, rispetto a queste problematiche, che non sia più coinvolto un dibattito e un intervento pedagogico, che rifletta e agisca su educazione e apprendimenti; ma viene chiamato in causa un terzo settore che agisce sul piano sociale. Ecco, le due scuole: una si occupa di apprendimenti, l’altra di minimi diritti di cittadinanza. I capaci e i meritevoli, una volta che si è capito chi sono, possono anche essere isolati dal resto dei loro compagni, per i quali la scuola sarà un po’ meno scuola e un po’ più assistenza sociale. Questo quadro, certo molto indicativo, ci può essere almeno utile per capire quanto può essere cruciale la sfida che ci aspetta. A chi, o meglio a cosa, andranno i fondi a disposizione? Per provare a far sì che queste due scuole siano meno separate, o perché questo divario si allarghi e si approfondisca ancora di più? 

Le due scuole: a chi andranno i fondi a disposizione?

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