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C’era una volta un principe indiano che aveva avuto tutto dalla vita. Viveva in un    palazzo favoloso circondato da ricchezze e potere, ma un giorno aveva c

C’era una volta un principe indiano che aveva avuto tutto dalla vita. Viveva in un    palazzo favoloso circondato da ricchezze e potere, ma un giorno aveva cominciato a deperire, era diventato pallido e magro, quasi aveva smesso di mangiare e nulla sembrava più interessargli né allietarlo. Il padre Imperatore aveva consultato disperatamente e invano i migliori medici di tutti i suoi reami fino a che, un giorno, si presentò alla reggia un anziano medico di campagna che aveva sentito parlare della strana malattia del principe e si offrì di visitarlo. Si accostò al capezzale del giovane, gli sorrise di un sorriso cauto e rispettoso, appena accennato eppure tanto profondo, e poi gli prese il polso tra le sue dita. Rimase a lungo così, concentrato e in silenzio e quindi iniziò, molto lentamente, a pronunciare a voce bassa, quasi un sussurro, la pima lettera dell’alfabeto:
«A…».
Intanto ascoltava il cuore del principe.
«B…», continuò, sempre tenendogli il polso tra le sue dita.
«C…».
Ci volle tempo e pazienza: D, E, F, G, H, I, J, ma quando arrivò alla K successe qualcosa. Qualcosa di percettibile appena, che tuttavia le dita del vecchio medico che tenevano delicatamente il polso del principe triste furono in grado di percepire.
Allora il medico si fermò, rimase di nuovo in silenzio per qualche tempo e poi, con la sua voce bassa e profonda, cominciò a pronunciare alcuni nomi e guardava il volto del principe, con un’espressione attenta:
«Kajal…».
Continuava intanto, con le sue dita, ad ascoltare il cuore del principe.
«Kala…».
«Kalavati…».
«Kalinda».
Non fu più necessario andare avanti.
L’anziano medico sentì di nuovo il battere più forte del cuore del principe, ma stavolta non era un aumento impercettibile. Per questo si era fermato e adesso guardava il volto del giovane, con un sorriso rispettoso e cauto, attento e pieno di compassione. 
«Kalinda?», chiese.
Il principe fece un cenno d’assenso con il capo.
Allora il medico fece uscire i dignitari di corte che fino a quel momento avevano presenziato alla visita, chiuse la grande porta di legno massiccio della camera e disse al principe:
«Parlami di Kalinda» e quando ottenne in risposta qualche parola, qualche brevissima frase carica di una nostalgia come trattenuta, sulla principessa Kalinda conosciuta in un pomeriggio d’autunno che il principe non era più riuscito a incontrare e tantomeno a dimenticare, il medico gli domandò:
«Vuoi che proviamo a cercarla?».
Il principe, nella favola, trovò Kalinda e guarì.


Ricordo che una sera, tanti tanti anni fa, mia nonna venne a trovarmi portandomi un regalo. Io ero a letto con l&rsquo;influenza, scartai il pacco colorato e vidi che era un libro di favole. Ricordo la sua voce quando, sera dopo sera, veniva a leggermene una per tutto il periodo della mia malattia. Non avevo n&eacute; un telefonino n&eacute; un videogioco per passare il tempo, e la sua voce calda era molto bella e mi teneva compagnia. Ricordo, in particolare, la storia del principe triste (Celi, 2020).

Ricordo che una sera, tanti tanti anni fa, mia nonna venne a trovarmi portandomi un regalo. Io ero a letto con l’influenza, scartai il pacco colorato e vidi che era un libro di favole. Ricordo la sua voce quando, sera dopo sera, veniva a leggermene una per tutto il periodo della mia malattia. Non avevo né un telefonino né un videogioco per passare il tempo, e la sua voce calda era molto bella e mi teneva compagnia. Ricordo, in particolare, la storia del principe triste (Celi, 2020).


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