Didattica all'aperto: giocare con parole d'autunno

Un ingresso che fa star bene

Il salone o la piazza

“Quando riesco a
 
 fare da solo
 
 mi sento intelligente”


 Il bambino D. ci ha spiegato che quando riesce a fare “da solo” a scuola, senza chiedere l’aiuto dell’insegnante, allora sì che si sente intelligente. “Quando non riesco non mi ci sento”. Le sue parole ci fanno comprendere chiaramente che per sentirsi bene a scuola, per sentirsi capac

“Quando riesco a fare da solo mi sento intelligente”
Il bambino D. ci ha spiegato che quando riesce a fare “da solo” a scuola, senza chiedere l’aiuto dell’insegnante, allora sì che si sente intelligente. “Quando non riesco non mi ci sento”. Le sue parole ci fanno comprendere chiaramente che per sentirsi bene a scuola, per sentirsi capaci di pensare, è necessaria un’autoregolazione dell’apprendimento (Zimmerman, 2000). Costruire pensieri funzionali agli obiettivi di un’attività, reagire allo sforzo e alla difficoltà ricontattando intenzionalmente le proprie motivazioni, scegliere e applicare strategie con cui procedere, sono tutti processi di autoregolazione dell’apprendimento. In particolare, facilitano un’autoregolazione dell’apprendimento:

l’intenzionalità;
l’attenzione consapevole;
il tenere in memoria obiettivi e istruzioni di un compito;
la capacità di inibire azioni e pensieri disfunzionali;
la fiducia nella propria capacità di apprendere.

 
 
Motivazione a fare da soli
Come insegnare in un modo che favorisca l’emergere di una motivazione a “fare da soli”? Come ancorare la didattica a un’energia motivazionale “naturale” che spinga ogni bambino a mettere alla prova il proprio saper fare, e a impegnarsi per costruire nuove competenze?
Due fondamentali risposte a queste domande le ha date Maria Montessori (1966; 2008); la prima riguarda l’azione di educatrici/educatori che sappiano stimolare lo sviluppo limitando il proprio intervento, trovando il momento giusto per farlo senza disturbare o deviare.
Sono insegnanti che in poco tempo hanno imparato a parlare a ciascuno, così che ogni bambina/o li segua perché fiduciosa/o di trovare “la propria via”.
 
Predisporre l’ambiente
La seconda risposta riguarda l’ambiente inteso come “l’insieme delle cose che il bambino può liberamente scegliere e usare quanto desidera, in corrispondenza delle sue tendenze e dei suoi bisogni di attività” (Montessori, 2008; p.48). Sono oggetti che si usano nella vita pratica (come quelli con cui i bambini apparecchiano i tavoli per il pasto) e oggetti definiti “materiali di sviluppo” per l’educazione dei sensi e per gli apprendimenti dei numeri, dell’aritmetica, della scrittura, della lettura. L’insegnante, in molti momenti della giornata, è soprattutto un mediatore tra i “materiali di sviluppo” e il bambino. Sa scegliere il materiale più giusto in un dato momento, e ne sa mostrare l’uso, come farebbe un istruttore in una sorta di “palestra mentale” (Montessori, 2008; p. 144-145).
Ho percepito la forza delle risposte di Montessori visitando una scuola montessoriana a Roma. Girando per le classi (Figura 1) ho apprezzato la calma delle attività di tutti i bambini (in stanze non molto più grandi di quelle di una normale casa), il rilassamento unito all’essere impegnati, l’interesse con cui si collaborava in piccoli gruppi o in coppia.


L’autoregolazione dell’apprendimento

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