Multicultura

Osservatorio Scuola Primaria • Anteprima novembre 2011

Scuola: sarà trascurata dal nuovo ministro?

Il valore di educare nella scuola primaria

Nell’ultimo anno è cresciuto a dismisura l’interesse per l’
 
 outdoor education
 
 (educazione all’aperto) e le scuole alternative, parentali, cooperative…


 Le difficoltà spesso drammatiche della scuola pubblica, moltiplicate dalla pandemia, fanno sì che sempre più genitori rinuncino a combattere le proprie battaglie per una scuola migliore
 
 
 dentro
 
 la scuola pubblica
 
 e cerchino, magari insieme a altri genitori amici, una soluzione per i propri figli fuori dalla scuola pubblica. È vero che alcuni tra i più importanti modelli pedagogici del novecento sono nati in piccole esperienze. Dall’asilo svizzero di Rimini a Barbiana, dalla scuola 725 di don

Nell’ultimo anno è cresciuto a dismisura l’interesse per l’outdoor education (educazione all’aperto) e le scuole alternative, parentali, cooperative… Le difficoltà spesso drammatiche della scuola pubblica, moltiplicate dalla pandemia, fanno sì che sempre più genitori rinuncino a combattere le proprie battaglie per una scuola migliore dentro la scuola pubblica e cerchino, magari insieme a altri genitori amici, una soluzione per i propri figli fuori dalla scuola pubblica. È vero che alcuni tra i più importanti modelli pedagogici del novecento sono nati in piccole esperienze. Dall’asilo svizzero di Rimini a Barbiana, dalla scuola 725 di don Roberto Sardelli alle classi di Mario Lodi a Vho: quelle comunità di poche persone sono state irradianti, l’esperienza nata in un borgo sperduto dell’Appennino o tra i baraccati di una città ha ispirato educatori di mezzo mondo. Tra curiosità e scetticismoChe atteggiamento avere rispetto a queste realtà che sorgono un po’ dovunque: nei condomini, nei boschi, in campagna? Si può, credo, essere equilibrati tra curiosità e scetticismo partendo da un esame delle premesse ideologiche di chi le inventa e le cura. Se don Lorenzo Milani era stato un lettore appassionato di Celestin Freinet e decise di dedicare gli ultimi suoi anni a una scuola davvero di frontiera, questa non fu la sua opera più importante, come spiega bene Vanessa Roghi nella biografia pubblicata da Laterza qualche anno fa La lettera sovversiva. Il suo capolavoro inarrivabile fu mettere nero su bianco e insieme ai suoi ragazzi il senso del lavoro che faceva tutti i giorni: Lettera a una professoressa è un invito a organizzarsi, come è scritto nella prefazione, essendo una sfida a viso aperto al classismo della scuola pubblica. Oggi sembra che il piano della discussione sia un altro. Del resto, c’è qualcuno che può discutere l’evidenza che è meglio fare scuola all’aria aperta, con bambini seguiti bene, con maestre/i attenti e anche affettuosi? C’è qualcuno che nega che sia meglio per i bambini avere a disposizioni grandi spazi verdi, essere immersi nella natura piuttosto che passare metà delle loro giornate in quattro metri quadri in un sottoscala. Educazione e democrazia Ma educazione e democrazia non possono che essere legate filo doppio, da Socrate a Dewey, da Rousseau a Pestalozzi: educare vuol dire battersi per una società migliore che sia per tutti, e non solo per i miei figli o per pochi. Se non è così, va benissimo per chi cerca di scamparla in una dolce fuga o in una battaglia di retroguardia, ma forse in un tempo di crisi così forte come il nostro, occorre essere consapevoli che la lotta che stiamo combattendo non è una battaglia democratica né, in fondo, una battaglia giusta. 

Nell’ultimo anno è cresciuto a dismisura l’interesse per l’outdoor education (educazione all’aperto) e le scuole alternative, parentali, cooperative…&nbsp;Le difficoltà spesso drammatiche della scuola pubblica, moltiplicate dalla pandemia, fanno sì che sempre più genitori rinuncino a combattere le proprie battaglie per una scuola migliore dentro la scuola pubblica e cerchino, magari insieme a altri genitori amici, una soluzione per i propri figli fuori dalla scuola pubblica. È vero che alcuni tra i più importanti modelli pedagogici del novecento sono nati in piccole esperienze. Dall’asilo svizzero di Rimini a Barbiana, dalla scuola 725 di don Roberto Sardelli alle classi di Mario Lodi a Vho: quelle comunità di poche persone sono state irradianti, l’esperienza nata in un borgo sperduto dell’Appennino o tra i baraccati di una città ha ispirato educatori di mezzo mondo.&nbsp;Tra curiosità e scetticismoChe atteggiamento avere rispetto a queste realtà che sorgono un po’ dovunque: nei condomini, nei boschi, in campagna? Si può, credo, essere equilibrati tra curiosità e scetticismo partendo da un esame delle premesse ideologiche di chi le inventa e le cura. Se don Lorenzo Milani era stato un lettore appassionato di Celestin Freinet e decise di dedicare gli ultimi suoi anni a una scuola davvero di frontiera, questa non fu la sua opera più importante, come spiega bene Vanessa Roghi nella biografia pubblicata da Laterza qualche anno fa La lettera sovversiva.&nbsp;Il suo capolavoro inarrivabile fu mettere nero su bianco e insieme ai suoi ragazzi il senso del lavoro che faceva tutti i giorni: Lettera a una professoressa è un invito a organizzarsi, come è scritto nella prefazione, essendo una sfida a viso aperto al classismo della scuola pubblica. Oggi sembra che il piano della discussione sia un altro. Del resto, c’è qualcuno che può discutere l’evidenza che è meglio fare scuola all’aria aperta, con bambini seguiti bene, con maestre/i attenti e anche affettuosi? C’è qualcuno che nega che sia meglio per i bambini avere a disposizioni grandi spazi verdi, essere immersi nella natura piuttosto che passare metà delle loro giornate in quattro metri quadri in un sottoscala.&nbsp;Educazione e democrazia&nbsp;Ma educazione e democrazia non possono che essere legate filo doppio, da Socrate a Dewey, da Rousseau a Pestalozzi: educare vuol dire battersi per una società migliore che sia per tutti, e non solo per i miei figli o per pochi. Se non è così, va benissimo per chi cerca di scamparla in una dolce fuga o in una battaglia di retroguardia, ma forse in un tempo di crisi così forte come il nostro, occorre essere consapevoli che la lotta che stiamo combattendo non è una battaglia democratica né, in fondo, una battaglia giusta.&nbsp;

La scuola “più giusta” è quella di tutti

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