"È bello leggere perché": modi di stare al mondo

"È bello leggere perché": le sfumature della lingua

Filastrocche di benvenuto

Stampe e collage dell'Agenda 2030

Natura in versi

Leggere con i nonni

La parola come dialogo: il cuore del processo educativo nel periodo 0•6

DARE UN NOME AL MONDO

CONQUISTARE INSIEME LE PAROLE

Il mondo di parole del bambino assomiglia un po’ a Picasso: una creatività straripante che va oltre la percezione lineare e lo stretto uso

ALLENARE IL LINGUAGGIO

Che cosa deve fare allora un educatore o un insegnante davanti a questo miracolo umano della conquista della parola? È evidente: parlare, parlare tanto, parlare bene, insieme alle carezze, agli sguardi, ai suoni vari, alla stimolazione di tutti i sensi.Il mare linguistico del bambino è fatto di imitazioni, adattamenti, di rinforzi e complimenti affettivi, fino al suono-parola che comunica emozioni o bisogni, cioè chiede una risposta.Potremmo quindi dirci che i contesti educativi sono una palestra necessaria di allargamento del linguaggio dal precedente “lessico familiare”, entro cui contano anche i pari d’età, in cui il linguaggio si moltiplica. Ricordandoci sempre che le parole sviluppano pensiero, quindi conoscenza, e offrono una logica di senso alle cose (per esempio senso del tempo, del prima e del dopo). Sono dunque un fenomeno emotivo, relazionale, ma anche potentemente cognitivo.

Dobbiamo partire ovviamente dal lessico familiare che ogni bambino porta con sé da casa. Per me per esempio il termine “margherita” riporta a una mia zia di cui avevo paura, perché era quella che faceva le punture, o il termine “riso con il latte” mi produce languidi ricordi di mia mamma in cucina.Ampliare il lessico familiare senza perderlo è una primaria funzione del lavoro educativo. Il “nuovo ambiente linguistico” in cui il bambino entra è un mare di parole “altre” da collocare nel pensiero con il dialogo tra pari. Quindi: nel passare dalla parola-frase alla frase in sé, va favorita nei bambini la capacità di chiedere e rispondere, sviluppando anche una prima sintassi infantile.Sintassi spesso fantasiosa, originale, di giochi di parole. Ecco, la parola come gioco, che mette insieme tante attività, dal gioco libero alle prime strepitose chiacchierate, alla poesia e al canto, all’arte che connette il segno al significato delle parole.Questa nei bambini è l’epoca di due sofisticate stranezze verso le parole:<ul><li>ai bambini spesso piace sentire la stessa favola ripetuta più volte, fino al punto di correggerci se dalla prima alla seconda lettura cambiamo qualche parola. Scopriamo qui il valore rituale e mnemonico del linguaggio, cosa non da poco;</li><li>la facilità con cui i bambini costruiscono parole con simpatici strafalcioni linguistici, costruendone di originali e strani, che merita non correggere, ma comprendere e sviluppare.</li></ul>

Dallo strillo primigenio del neonato, che crea subito legami e risposte, inizia la navigazione linguistica del bambino in un mare di parole, in cui gli viene ridonato il gesto di Dio: dare un nome al mondo. Nome non solo come denominazione, ma anche interpretazione, significato, valore di scambio e valore d’uso.Ho per casa un nipotino di 13 mesi che mentre scrivo trotterella, poi cammina e mentre ciondola di qua e di là “parla” con: suoni “grrr, grrr, brum, brum”. Poi alza un ditino per farci vedere fuori dalla finestra, un uccellino, un cane o altro dicendoci “oh, oh, oh”. Ovviamente rispondiamo.La conquista della parola è così: parte dall’imitazione dei suoni attorno, dal giocare con la voce, dentro il mare di suoni che rispondono, e arriva poi con il ditino alla denominazione. È una fase grandiosa, in cui è chiaro il senso sociale del mondo linguistico in cui noi cresciamo con e per lui.

Il primo ingresso nel mondo è lo strillo, quello del neonato che dichiara “io sono qui”. Nasciamo ed entriamo in un mare di parole, tra le cose sensoriali il più importante legame con gli altri, di pensiero e comunicazione. La parola è la principale dote umana.&nbsp;Ma c’è di più: nella Genesi, la Bibbia ne narra il suo potere. Dio crea uccelli, animali, piante… li porta da Adamo e gli chiede di dare un nome a tutte le cose. Tocca all’uomo interpretare il mondo attraverso pensieri e parole; il primo “apprendimento” richiesto all’uomo è, dunque, di tipo “attivistico” non ripetitivo e imitativo. Ma non è finita: Dio vede che Adamo non è ancora contento e allora… crea la donna, una sua pari, con cui poter comunicare.

LA PAROLA È VITA

AMPLIARE IL LESSICO FAMILIARE

Vigotskij ci ricorda come la parola segna il pensiero naturale nel bambino (fatto in primis di istinti) verso lo sviluppo del senso complesso nel mondo delle cose.Dobbiamo anche ricordarci degli studi di John Bowlby sull’attaccamento, quando descrive gli effetti negativi nei bambini ricoverati in istituti o abbandonati: gli strilli e i pianti pian piano scompaiono, le parole non crescono, il mondo interiore sfuma nell’opaco. Dunque, la parola è vita, amore, senso del mondo, sentirsi parte con gli altri della vita, scoprendo pian piano la propria identità.

In questo mondo meraviglioso di parole (e pensieri) da conquistare insieme, conta il valore e l’efficacia che viene dato da chi educa anche allo sguardo, al tono di voce, all’intensità, al sorriso, alla connessione simpatica tra le parole e le cose. Connessione in cui, per esempio, alcune cose possono diventare per merito delle parole “altro” da quello che sembrano. E così si arriva alla fantasia, alla creatività, alla poesia, cioè all’umano.

La parola, dono e meraviglia

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