Sulla punizione: un sondaggio

Diversità: mai perdere la capacità di meravigliarsi

Il senso di sé cognitivo

La Gioia di ricominciare

Ciao, finalmente!

Eccoci, ci ritroviamo!

Si va prefigurando il rischio della scomparsa dell’infanzia, caratterizzato da un eccesso di autonomia, che in realtà non è altro che una dipendenza imposta dal mondo adulto. ​​​​​​Si rende pertanto sempre più necessario agire all’interno dei servizi educativi per l’infanzia al fine di contrastare questo rischio. Nello specifico, l’unitarietà del ciclo 0-6 si afferma come modulo paradigmatico di un nuovo modo di intendere l’infanzia e la sua educabilità (Bobbio, Savio, 2019). Come si può allora riportare l’attenzione sulla “buona” autonomia dei bambini all’interno dei servizi per la prima infanzia? Per rispondere a queste domande si può porre l’accento su due questioni centrali: il contesto e il progetto pedagogico.

Scongiurare il rischio dell'adultizzazione

<ul><li>Bobbio, A., Savio, D. (2019). Bambini, famiglie, servizi. Verso un sistema integrato 0-6. Milano: Mondadori. </li><li>Bondioli, A. (2000). Riflettere sulla giornata scolastica: uno strumento e un percorso di valutazione formativa, in A. Bondioli. </li><li>Catarsi, E., Fortunati, A. (2011).&nbsp;Educare al nido.&nbsp;Roma: Carocci.&nbsp; </li><li>Contini, M., Demozzi, S. (a cura di) (2016).&nbsp;Corpi bambini. Sprechi di infanzie. Milano: Franco Angeli. </li><li>Fortunati, A. (2016). Se lo spazio sostiene la qualità del fare dei bambini. Firenze: Consorzio Pan. </li><li>Galardini, A. L. (2003). Crescere al nido, gli spazi, i tempi, le attività, le relazioni. Roma: Carocci. </li><li>Guerra, M. (2019). Le piccole cose. Milano: FrancoAngeli. </li><li>Laeng, M. (a cura di) (1989). Enciclopedia pedagogica. Brescia: La Scuola. </li><li>Mantovani S., (2006). Educazione familiare e servizi per l’infanzia. Rivista Italiana di Educazione Familiare, n. 2, pp. 71-80. </li><li>Postman, N. (1991). La scomparsa dell’infanzia. Ecologia della età della vita. Roma: Armando Editore.</li></ul>

Leggendo l’enciclopedia pedagogica di Mauro Laeng alla voce autonomia scopriamo che la “condizione prima perché si possa parlare di autonomia e eteronomia e contrapporle o distinguerle è, ovviamente, il pluralismo ontologico, il riconoscimento di entità individuali che possono trarre da sé le proprie leggi di sviluppo, ovvero, alternativamente, essere guidate o condizionate da principi estrinseci” (Laeng, 1989, p. 1290). Mariagrazia Contini e Silvia Demozzi (2016) in un loro volume mettono in guardia da quelle infanzie adultizzate e spettacolarizzate: quelle infanzie inserite nella promiscuità dei grandi, quei corpi bambini che stanno diventando lo specchio inconsapevole dello spirito culturale del loro tempo, ovvero contenitori adultizzati nei modi e nei desideri.

Il ruolo del contesto educativo

Nei servizi educativi il bambino deve poter liberare le proprie potenzialità.

Come valorizzare l’espressione e il riconoscimento delle identità dei bambini senza un eccesso di adultizzazione?

Leggendo l’enciclopedia pedagogica di Mauro Laeng alla voce autonomia scopriamo che la “condizione prima perché si possa parlare di autonomia e eteronomia e contrapporle o distinguerle è, ovviamente, il pluralismo ontologico, il riconoscimento di entità individuali che possono trarre da sé le proprie leggi di sviluppo, ovvero, alternativamente, essere guidate o condizionate da principi estrinseci” (Laeng, 1989, p. 1290).
 
 Mariagrazia Contini e Silvia Demozzi (2016) in un loro volume mettono in guardia da quelle infanzie adultizzate e spettacolarizzate: quelle infanzie inserite nella promiscuità dei grandi, quei corpi bambini che stanno di

Leggendo l’enciclopedia pedagogica di Mauro Laeng alla voce autonomia scopriamo che la “condizione prima perché si possa parlare di autonomia e eteronomia e contrapporle o distinguerle è, ovviamente, il pluralismo ontologico, il riconoscimento di entità individuali che possono trarre da sé le proprie leggi di sviluppo, ovvero, alternativamente, essere guidate o condizionate da principi estrinseci” (Laeng, 1989, p. 1290). Mariagrazia Contini e Silvia Demozzi (2016) in un loro volume mettono in guardia da quelle infanzie adultizzate e spettacolarizzate: quelle infanzie inserite nella promiscuità dei grandi, quei corpi bambini che stanno diventando lo specchio inconsapevole dello spirito culturale del loro tempo, ovvero contenitori adultizzati nei modi e nei desideri.

Il secondo aspetto su cui vogliamo focalizzare l’attenzione è l’importanza del progetto pedagogico e delle esperienze da proporre ai bambini nei servizi per l’infanzia, grazie all’adulto competente. Non si tratta di un aspetto sganciato da quello del contesto in generale e dello spazio nello specifico, al contrario all’interno del concetto di progetto educativo si ritrova anche quello della progettazione degli spazi. La pedagogia latente del contesto A questo proposito Bondioli (2000) parla di una pedagogia latente, ovvero di “[…] una pedagogia iscritta nella disposizione degli ambienti e degli arredi, nelle modalità di gestione degli incontri e delle attività, nelle norme che ne regolano la vita collettiva, nelle pratiche di cura, nelle routine, negli eventi e nelle situazioni che ritmano e scandiscono la quotidianità della vita infantile, che non solo ha ricadute sulla vita e la crescita dei bambini, ma che anche contraddistingue in maniera peculiare, idiosincratica, ciascun contesto educativo” (Bondioli, 2000). È allora sempre più necessario per gli educatori coltivare un habitus esplorativo, cioè un’attitudine permanente alla ricerca, che consiste in un educare nell’esperienza e un educare nell’esplorazione (Guerra, 2019). Un’educazione che possa volgere lo sguardo sulle potenzialità del bambino e sulla sua autonomia nell’interrogare le cose e il mondo. Quello che serve per restituire l’autonomia propria del mondo dell’infanzia è una didattica altra, che solleciti la riflessione intorno alla costruzione di buone domande più che di buoni percorsi, una didattica delle piccole cose. Proposte a misura di bambino Si tratta di creare uno spazio e delle proposte educative a misura di bambino, uno spazio dell’infanzia ricco di opportunità e stimoli, uno spazio accogliente e rassicurante che possa contenere paure e ansie, che sappia anche veicolare una cultura condivisa dell’infanzia e facilitare il giusto equilibrio tra autonomia e dipendenza, pena il rischio della “scomparsa dell’infanzia”(Postman,1991). In conclusione, il rimando consiste nel riportare l’attenzione su una concezione del bambino come fin dalla nascita attivo e competente, capace di esplorare e di modificare l’ambiente che lo circonda. Si tratta di accettare di definire, modificare e negoziare la proposta interagendo con il bambino. È una sfida educativa difficile perché non consente progetti rigidamente predefiniti, ma impone una responsabilità educativa condivisa (Mantovani, 2006). È proprio questa la convinzione attraverso la quale ci auguriamo che i servizi dell’infanzia possano gestire la complessità del rapporto tra autonomia ed eteronomia.

Rispetto al tema del contesto, sappiamo che il buon funzionamento dei servizi dipende da molti fattori, tra cui la presenza di un progetto educativo personalizzato, la formazione continua degli educatori e degli insegnanti, nonché l’utilizzo e la progettazione dello spazio. Questo ultimo aspetto riveste un’importanza fondamentale, poiché deve consentire lo sviluppo senso-motorio dei bambini, favorendo anche la loro opportunità di esprimersi. Progettare con cura gli spazi Nonostante sia crescente in letteratura la presenza di riferimenti che sottolineano la rilevanza di progettare accuratamente lo spazio fisico al fine di consentire un miglior sviluppo cognitivo, sociale ed emotivo del bambino, ancora oggi la concreta attuazione delle prassi in merito al tema è purtroppo non soddisfacente. Ogni spazio porta con sé una rappresentazione della cultura prevalente, un modo di concepire la&nbsp;cultura dell’infanzia e il riconoscimento dell’identità del bambino, un modo di entrare in relazione con il bambino e di favorire le relazioni tra bambini, con le famiglie e con la comunità. Le nuove idee sulle potenzialità effettive dei bambini sul piano sociale e dell’apprendimento e la reinterpretazione del ruolo adulto nel processo educativo hanno fatto sì che si sviluppasse una nuova consapevolezza circa il valore del contesto e dell’ambiente come elemento fondamentale del progetto educativo (Catarsi, Fortunati, 2011). Uno spazio da vivere Lo spazio, per il bambino così come per l’adulto, non consiste in una mera realtà architettonica: il bambino abita lo spazio, agisce su di esso, attribuisce significati, valenze emotive, sviluppa la propria identità e le proprie strategie di esplorazione, appropriazione e conoscenza. Il superamento delle aule monoblocco e del classico corridoio, la scelta di arredi e colori, l’inserimento di spazi intimi in ambienti molto grandi e la progettazione degli spazi esterni, sono tutti elementi fondamentali per favorire la creazione di ambienti vivi e allo stesso tempo protettivi, in cui potersi relazionare e far sì che anche i momenti di routine assumano un carattere educativo (Galardini, 2003). È infatti molto importante “valorizzare il ruolo che gioca l’organizzazione ambientale. I bambini ricevono sicurezza da uno spazio raccolto che protegga da situazioni di stress […]. È molto importante che lo spazio, mediante la sua organizzazione articolata in zone diversamente connotate, favorisca lo sviluppo di incontri fra bambini all’interno di piccoli gruppi” (Fortunati, 2016).

L'importanza del progetto pedagogico

Il tempo dell'infanzia

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