La mamma, su Skype

Scuola-famiglia: quale alleanza?

Tempo di adozioni. Con gli occhi dei bambini

Gli educatori che desiderano utilizzare l’approccio umanistico applicato all’educazione devono sposare una serie di requisiti necessari e sufficienti, perché si possa sostenere che siano facilitatori di contesti di apprendimento. Tali requisiti applicati a momenti specifici come il colloquio preliminare al nido possono rivelarsi molto utili nella costruzione del rapporto con la famiglia. La base di partenza su cui impostare il dialogo con il genitore è senz’altro l’avere fiducia nella madre e nel padre, coscienti che entrambi abbiano potenzialità e risorse proprie, che permetteranno loro di crescere come genitori sufficientemente competenti. In seconda istanza l’educatore deve dimostrare sincerità d’animo, nei sentimenti e nelle emozioni che prova, passando l’idea che innanzitutto egli è “persona” prima che educatore. Un altro requisito fondamentale è la capacità di comprendere empaticamente “dal di dentro” il genitore, cercando di entrare nella sua cornice di riferimento, rispetto al ruolo educativo che gli stessi genitori sentono nei confronti del proprio figlio.

Nel colloquio del pre-inseriment

Nel colloquio del pre-inserimento l’educatore ha la possibilità di impostare la relazione in maniera attiva, con uno scambio che non sia semplicemente un rispondere a domande “indagatorie”.Può risultare difficile condurre un colloquio la cui finalità generale è quella di raccogliere informazioni, adottando uno stile centrato più sull’ascolto della persona che si ha di fronte, piuttosto che concentrarsi sulla quantità e sui fatti delle risposte date.Cogliere nelle risposte dei genitori le sfumature emozionali, restituendole ai diretti interessati, può risultare una buona base su cui poter costruire una relazione di fiducia e di ascolto empatico. Sarebbe, anche, opportuno che l’educatore trascrivesse le informazioni sulle abitudini del bambino, durante il colloquio, il meno possibile in modo da lasciare spazio e attenzione agli sguardi, all’ascolto e alle pause che nascono dall’incontro individuale. Spesso i genitori, nella fase di inserimento dei propri bambini, esprimono dubbi sulle loro competenze soprattutto se l’ambientamento non procede come sperato. In questo caso è importante non giudicare il genitore che segue l’inserimento, bensì facilitarlo nella ricerca dei significati che possono sottendere le difficoltà del proprio figlio e chiaramente le sue. Dopodiché genitori ed educatori possono insieme pensare a strategie pedagogiche atte a favorire il graduale distacco dalla famiglia al nido.

Il primo colloquio rappresenta un’opportunità significativa per la costruzione del rapporto di fiducia tra educatore e famiglia

Anche per l’educatore che intende sposare l’approccio centrato sulla persona, si tratta di un progressivo percorso di apprendimento che parte innanzitutto da una graduale comprensione di sé e della situazione educativa che ha di fronte. È una sorta di allenamento, da condividere con gli altri colleghi, per interagire efficacemente con tutto il sistema nido, introiettando quelle che sono le tre condizioni necessarie e sufficienti, secondo Carl Rogers, funzionali a produrre un clima facilitante ovvero: <ul><li>l’accettazione positiva del genitore in quanto persona; </li><li>la congruenza, ovvero l’assenza di maschere nel dialogo con il genitore, comunicando semplicemente e profondamente ciò che siamo; </li><li>l’empatia, cioè la capacità di cogliere e sentire le emozioni vissute e percepite dal genitore e saper fargli capire che lo si comprende e gli si è vicino. </li></ul>

Il colloquio prima dell’inserimento è uno dei momenti più sensibili che caratterizzano l’incontro tra educatori e genitori. Generalmente l’educatore segue una griglia o comunque uno schema di colloquio, dal momento che lo scopo dell’incontro è appunto raccogliere le abitudini del bambino riguardo l’alimentazione, il sonno, la relazione con i genitori, l’igiene e l’autonomia in generale. Le tre condizioni necessari e sufficienti della Psicologia Rogersiana possono rivelarsi efficaci per promuovere un clima facilitante tra sistema familiare ed educatori del nido di infanzia. L’atteggiamento non direttivo dell’educatore è sinonimo di accoglienza, di disponibilità all’incontro e, assunto in sede di colloquio, può risultare molto efficace per costruire un’autentica comunicazione dal momento che favorisce la percezione dell’altro nella sua totalità.

L'approccio centrato sulla persona

Nel nostro profilo professionale è fondamentale la competenza relazionale: si tratta di un lavoro di cura interna, di facilitazione perché l’altro si riconosca capace di agire, di autodeterminarsi attraverso la cura dell’ascolto. Questo stile di accoglienza relazionale, là dove viene applicato, arricchisce la relazione dell’educatore di competenze nuove perché rende l’ascolto, verso le richieste di sostegno, esplicite o indirette che siano, un ascolto attivo mai promotore di legami di dipendenza, bensì attivatore di processi di crescita, di adattamento e di responsabilizzazione.

La competenza relazionale di un educatore, comprensiva di ascolto verbale e non verbale, fa la differenza

La gestione del colloquio

<ul><li>Da Persona a Persona, rivista di studi Rogersiani, pubblicazioni periodiche dell’Associazione dell’Approccio Centrato sulla Persona, maggio 1991-giugno 1992. </li><li>Kahn, R.L., Cannel, C. F. (1968). La dinamica dell’intervista. Venezia: Marsilio. </li><li>Rogers, C.R., Kinget, M (1970). Psicoterapia e relazioni umane. Torino: Bollati Boringhieri.</li></ul>

Il colloquio pre-inserimento

L’obiettivo principale del colloquio sembrerebbe la conoscenza delle abitudini e delle caratteristiche del bambino; in realtà potremmo considerare che ciò non è proprio così, o almeno non è solo così. È reale pensare che solo attraverso il genitore l’educatore può incontrare veramente il bambino che ha in custodia, per cui il genitore diventa persona rilevante a cui va attribuito un valore a sé stante, che l’educatore desidera comprendere.&nbsp; L’obiettivo reale di un incontro interpersonale, come può essere quello tra educatore e genitore, non è tanto il contenuto del colloquio, quanto la relazione umana che ne consegue e il suo divenire. L’assunto di base è che i genitori hanno una loro competenza naturale da dire, da narrare, che può contaminarsi con la competenza professionale degli educatori. Un educatore che al primo colloquio cura il contesto in cui svolgerà il dialogo con il genitore (luogo, tempi, accoglienza), esprime un autentico desiderio di conoscenza della persona che ha di fronte e un’attenzione significativa a quanto verrà comunicato, pone senz’altro le basi di fiducia che faciliteranno gli stessi genitori a separarsi durante l’ambientamento del loro bambino al nido. Se si instaura questo clima durante il colloquio, le domande conoscitive sul proprio bambino non saranno percepite in maniera intrusiva perché avranno il “sapore” dello scambio, perché sarà lo stile del colloquio a qualificare la comunicazione interpersonale e non tanto il contenuto dell’intervista.

Nel colloquio del pre-inserimento l’educatore ha la possibilità di impostare la relazione in maniera attiva, con uno scambio che non sia semplicemente un&nbsp;rispondere a domande “indagatorie”. Può risultare difficile condurre un colloquio la cui finalità generale è quella di raccogliere informazioni, adottando uno stile centrato più sull’ascolto della persona che si ha di fronte, piuttosto che concentrarsi sulla quantità e sui fatti delle risposte date. Cogliere nelle risposte dei genitori le sfumature emozionali, restituendole ai diretti interessati, può risultare una buona base su cui poter costruire una relazione di fiducia e di ascolto empatico. Sarebbe, anche, opportuno che l’educatore trascrivesse le informazioni sulle abitudini del bambino, durante il colloquio, il meno possibile in modo da lasciare spazio e attenzione agli sguardi, all’ascolto e alle pause che nascono dall’incontro individuale. Spesso i genitori, nella fase di inserimento dei propri bambini, esprimono dubbi sulle loro competenze soprattutto se l’ambientamento non procede come sperato. In questo caso è importante non giudicare il genitore che segue l’inserimento, bensì facilitarlo nella ricerca dei significati che possono sottendere le difficoltà del proprio figlio e chiaramente le sue. Dopodiché genitori ed educatori possono insieme pensare a strategie pedagogiche atte a favorire il graduale distacco dalla famiglia al nido.

I requisiti dell'approccio umanistico

L'obiettivo reale dell'incontro

Nel nostro profilo professionale è fondamentale la competenza relazionale: si tratta di un lavoro di cura interna, di facilitazione perché l’altro si riconosca capace di agire, di autodeterminarsi attraverso la cura dell’ascolto. Questo stile di accoglienza relazionale, là dove viene applicato, arricchisce la relazione dell’educatore di competenze nuove perché rende l’ascolto, verso le richieste di sostegno, esplicite o indirette che siano, un ascolto attivo mai promotore di legami di dipendenza, bensì attivatore di processi di crescita, di adattamento e di responsabilizzazione.

FAQ 15. La famiglia può chiedere di tenere nascosto il disturbo e applicare solo forme di tutela che non siano visibili o riconoscibili come tali dai compagni? (ed. PLUS)

Il primo colloquio con le famiglie

Dove trovi questo contenuto