Avanguardia didattica in pratica: flipped classroom e integrazione CDD/libri di testo

Nuovi spazi educativi tra pedagogia e architettura

Intessere trame: l'ambiente di apprendimento

Mi piace il concetto di “lezione muta” di Maria Montessori: una relazione educativa fortemente attivistica in cui l’educatore predispone l’ambiente di apprendimento, favorisce la curiosità, attrezza lo spazio e i materiali sui cui agiranno i bambini, ma lascia fare ai nostri piccoli, mettendosi dietro e non davanti al loro fare.
 


 Ne seguirà una vivace azione per prove ed errori, alle domande risponderà con altre domande, li guiderà insomma tacendo o quasi. Se non, alla fine, riflettendo con loro su cosa è su

Mi piace il concetto di “lezione muta” di Maria Montessori: una relazione educativa fortemente attivistica in cui l’educatore predispone l’ambiente di apprendimento, favorisce la curiosità, attrezza lo spazio e i materiali sui cui agiranno i bambini, ma lascia fare ai nostri piccoli, mettendosi dietro e non davanti al loro fare. Ne seguirà una vivace azione per prove ed errori, alle domande risponderà con altre domande, li guiderà insomma tacendo o quasi. Se non, alla fine, riflettendo con loro su cosa è successo, su cosa si è trovato, su cosa si è o non si è capito, su cosa è piaciuto, quali altre curiosità l’esperienza ha prodotto.

DUE ESEMPI: L’ORTO E LA CUCINA

Il piacere del fare è importante tanto quanto dove si arriva

Lezione muta e laboratori sono una coppia pedagogica straordinaria, due facce della stessa medaglia: imparare facendo, non ascoltando

Lezione muta e laboratori sono una coppia pedagogica straordinaria, due facce della stessa medaglia: imparare facendo, non ascoltando

Mi piace il concetto di “lezione muta” di Maria Montessori: una relazione educativa fortemente attivistica in cui l’educatore predispone l’ambiente di apprendimento, favorisce la curiosità, attrezza lo spazio e i materiali sui cui agiranno i bambini, ma lascia fare ai nostri piccoli, mettendosi dietro e non davanti al loro fare. Ne seguirà una vivace azione per prove ed errori, alle domande risponderà con altre domande, li guiderà insomma tacendo o quasi. Se non, alla fine, riflettendo con loro su cosa è successo, su cosa si è trovato, su cosa si è o non si è capito, su cosa è piaciuto, quali altre curiosità l’esperienza ha prodotto.

L’attività laboratoriale ha un valore più intenso quando è azione di gruppo, magari piccolo, in cui lo scambio, l’aiuto reciproco, il confronto, si fanno vita di comunità. L’apprendere insieme fa diventare la crescita un atto di amicizia del bambino con il mondo

Una prima tipologia di laboratorio è l’orto: uno spazio naturale che ha potenzialità smisurate, dura nel tempo, segue i ritmi del vivere, produce sorprese. E, come l’educatore, è di per sé “muto”. Parla in ragione di cosa ci fanno sopra e sotto i bambini. L’orto insegna l’attesa, la sorpresa, la fatica individuale e la relazione tra progetto e risultato. Cose di alto valore cognitivo, non solo basilico e insalatine.Un secondo esempio è il laboratorio di cucina, per quanto le norme sanitarie ci restringano a vincoli esagerati. Tirar la pasta, sbattere un uovo, mescolare farina sono azioni pensate per scopi alti.In entrambi i casi, merita all’adulto riflettere sul processo mentale ed emotivo da seguire. In primis conta la curiosità, ne abbiamo già parlato: se l’oggetto del laboratorio non è affascinante tanto vale lasciar perdere. Poi viene il fare ipotesi: la scoperta del “se… allora” è la più strepitosa azione mentale da far scattare nei nostri piccoli. Segue il percorso concreto, in cui il bello è l’agire tra prove ed errori, in una specie di slalom mentale e fisico. E, infine, c’è la riflessione, la comprensione e la ripetizione in altri contesti. Piaget direbbe dall’assimilazione all’accomodamento di conoscenze, esperienze, significati, analogie, differenze.

Ma perché il laboratorio è naturalmente un potente e utile strumento di crescita dei nostri bambini?Non è difficile rispondere: basta guardarli quando trafficano da soli o in compagnia, bighellonano di qua e di là, mettono le dita anche dove non si potrebbe, quando imitano il fare adulto portando piatti e bicchieri o tirando cassetti. Un educatore non aveva bisogno della scoperta dei “neuroni specchio” per sapere anche quanto conti per ogni piccolo sapiens il suo rapporto attivo con il mondo, l’apprendere vedendo.Alla base c’è la curiosità, innata e strabordante, come dote primaria nei primi anni di vita. Curiosità che incontra la paura, il piacere, ma soprattutto la scoperta. L’ontogenesi del mondo viene ripercorsa dalla filogenesi evolutiva del bambino, con una vitalità straordinaria, che noi più vecchi (diciamocelo) abbiamo molto meno. Vitalità che porta in poco più di due anni un bambino dal quasi nulla dell’allattamento e dal sonno alle parole, al camminare, al sorridere, al mangiare da solo, ad avere relazioni, affetti e amicizie, ma anche antipatie.Dunque, una didattica laboratoriale è perfettamente compatibile e necessaria per favorire e accompagnare lo sviluppo di competenze, saperi, curiosità naturali ed essenziali per diventare persona.

È evidente che per costruire attività laboratoriali fatte bene e stimolanti c’è bisogno di spazi e materiali pensati. È quel “muto” di cui ci parla la Montessori. Ma servono spazi e materiali aperti e non rigidi, in grado di essere modellati, stimolanti senza tante spiegazioni.Non c’è un evento o uno spazio o un materiale che non possa essere laboratoriale per prove, errori e scoperte. Sta dunque a noi la capacità fine di saper predisporre con intelligenza e sobrietà il contesto in cui far agire il piccolo con curiosità e impegno. Sobrietà perché troppi stimoli confondono, troppe parole e direttività che danno già la risposta producono passività. Preparare il laboratorio è dunque un’arte complessa, ci vuole nell’adulto creatività, pazienza e forte capacità di ascolto.Ricordiamoci poi un bel pensiero di Celestine Freinet “più che la meta, conta il percorso”. Il laboratorio ha valore formativo non tanto e non solo per dove si arriva, ma per le azioni che si svolgono man mano.

LO STIMOLO DELLA CURIOSITÀ

Il piacere d’apprendere

Dove trovi questo contenuto