Star bene a scuola: l'empatia dell'insegnante

Come funziona il cervello emotivo dei bambini?

Che cosa comunica il nostro sguardo? - “Pillole” per star bene a scuola

La Gioia di ricominciare

Ciao, finalmente!

Eccoci, ci ritroviamo!

DARE UN NOME ALLE EMOZIONI

La competenza linguistica consente al bambino di comprendere e specificare meglio i propri stati emotivi, agli altri e a sé stesso. Riuscire a dare un nome alle emozioni, verbalizzarle, significa avere risorse per dire ciò che si sente e per condividerlo con l’altro. Consente di rapportarsi e veicolare messaggi facendo meno ricorso all’azione fisica, quindi di autoregolarsi, affrontando in modo più efficace anche il conflitto, permette di diventare socialmente più competenti. Dà la possibilità di aver maggior consapevolezza delle proprie emozioni e di comprendere meglio anche gli stati emotivi dell’altro.Anche in questo caso l’adulto può favorire l’acquisizione di un vocabolario più ampio, per esempio attraverso l’utilizzo di storie in cui il bambino può riconoscere i propri stati emotivi nei personaggi, può supportare la riflessione e sollecitare a trovare le parole per esprimere i loro stati emotivi e i loro pensieri (“Come si sente cappuccetto rosso? E il lupo?”).

SUPPORTARE LA CAPACITÀ DI ASCOLTO

Imparare ad ascoltare è alla base di una relazione costruttiva con l’altro, possiamo facilitare questa abilità attraverso dei giochi in cui i bambini “si passano il testimone” per definire il turno di parola (un pupazzo o un cappello), o utilizzare una sedia speciale “dove sedersi per parlare”.I bambini conversano tra loro, anche senza la guida dell’adulto, durante i giochi e le attività, per esempio quando disegnano, compongono un puzzle o giocano con le costruzioni. Ascoltare con attenzione queste conversazioni è utile per accorgerci di competenze che non si manifestano in altri momenti, possiamo notare come i bambini assumono ruoli diversi nello scambio verbale, esprimono il proprio punto di vista, lo confrontano con quello degli altri. A volte i bambini discutono tra loro, per esempio quando si contendono un giocattolo, o non sono d’accordo sulle azioni dell’altro, anche in questo caso possiamo osservare che tipo di interazione avviene per comunicare i propri bisogni.

L’ascolto è “la chiave magica” per cogliere i legami tra le parti, per riconoscere un ritmo che si ripete e fa diventare il bambino capace di raccontare agli altri nuove storie, le sue storie

La scuola rappresenta una comunità di vita nella quale il bambino intesse scambi verbali con i pari e con gli adulti, sperimenta le diverse funzioni della lingua, mette in campo e sviluppa le sue capacità. Coltivare l’ascolto consente di valorizzare ciò che esprime, vuol dire dare sguardi, spazio, tempo alle sue parole, per aiutarlo a riconoscere il tempo e il turno da riservare all’altro, per comprendere ciò che ha da dire. A scuola, il circle time può essere un tempo privilegiato per l’ascolto reciproco, nel quale sentirsi libero di esprimersi e condividere parole e pensieri. Spesso in sezione si attivano conversazioni di piccolo o grande gruppo, guidate dall’insegnante, che media il dialogo tra i bambini ponendosi come modello di comunicazione verbale, manifestando un atteggiamento, legato anche a una comunicazione corporea e non verbale, accogliente e non giudicante. Porre attenzione a ciò che il bambino dice supporta la sua autostima, incoraggiarlo a esprimersi lo aiuta a condividere i vissuti, le emozioni e i pensieri, a sentirsi riconosciuto.

CONDIVIDERE SIGNIFICATI ED ESPERIENZE

L’ascolto è “la chiave magica” per cogliere i legami tra le parti, per riconoscere un ritmo che si ripete e fa diventare il bambino capace di raccontare agli altri nuove storie, le sue storie

La scuola rappresenta una comunità di vita nella quale il bambino intesse scambi verbali con i pari e con gli adulti, sperimenta le diverse funzioni della lingua, mette in campo e sviluppa le sue capacità. Coltivare l’ascolto consente di valorizzare ciò che esprime, vuol dire dare sguardi, spazio, tempo alle sue parole, per aiutarlo a riconoscere il tempo e il turno da riservare all’altro, per comprendere ciò che ha da dire.
 
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La scuola rappresenta una comunità di vita nella quale il bambino intesse scambi verbali con i pari e con gli adulti, sperimenta le diverse funzioni della lingua, mette in campo e sviluppa le sue capacità. Coltivare l’ascolto consente di valorizzare ciò che esprime, vuol dire dare sguardi, spazio, tempo alle sue parole, per aiutarlo a riconoscere il tempo e il turno da riservare all’altro, per comprendere ciò che ha da dire.A scuola, il circle time può essere un tempo privilegiato per l’ascolto reciproco, nel quale sentirsi libero di esprimersi e condividere parole e pensieri. Spesso in sezione si attivano conversazioni di piccolo o grande gruppo, guidate dall’insegnante, che media il dialogo tra i bambini ponendosi come modello di comunicazione verbale, manifestando un atteggiamento, legato anche a una comunicazione corporea e non verbale, accogliente e non giudicante. Porre attenzione a ciò che il bambino dice supporta la sua autostima, incoraggiarlo a esprimersi lo aiuta a condividere i vissuti, le emozioni e i pensieri, a sentirsi riconosciuto.

Il linguaggio richiede la capacità di costruire significati condivisi tra interlocutori e questo avviene se si condividono esperienze che sentiamo appartenerci, in cui ciascuno si può mettere in gioco.È quello che accade, per esempio, nell’interazione durante il gioco simbolico, in cui i bambini negoziano azioni, ruoli, significati: “Facciamo che questa è la nostra caverna”; “Ora preparo una buona cena, così poi tu la mangi”.Questo aspetto può essere valorizzato anche durante le routine della sezione in cui si attribuiscono gli incarichi, si registrano le presenze o si compila il calendario. I bambini si sentono gratificati se riescono a svolgere un ruolo attivo e sempre più autogestito: “Oggi tocca a te fare il capofila, domani toccherà a me, perché vedi tu l’hai già fatto; adesso vi mostro i cartellini, poi vi chiamo... vediamo chi c’è e chi non c’è”.In questo modo, i bambini attraverso il dialogo con i compagni trovano compromessi, cercano collaborazione, imparano a convivere.Anche le discussioni, che possiamo attivare in piccolo gruppo, coinvolgono e stimolano i bambini a cercare significati condivisi: argomentare le proprie idee, confrontarsi con le ipotesi dei compagni, farsi domande e provare a rispondere costituisce un allenamento per il linguaggio e il pensiero. La discussione serve a trovare un accordo rispetto a un problema, a un tema, a trovare una mediazione.Un’altra esperienza in cui si condividono parole e significati è quella della narrazione. Il testo di una storia, a cui l’adulto dà voce attraverso la lettura o il racconto, permette al bambino di esperire una struttura linguistica che prende forme e complessità diverse, alle quali accede più facilmente perché è catturato, si emoziona.

Il linguaggio per comunicare e condividere

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