Inventiamo e scriviamo storie

Alfabetieri del mondo: seconda puntata

Che lingua usiamo?  Due attività per la classe

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 La scuola presenta una complessità crescente: le classi risultano spesso eterogenee per competenze degli allievi. Gli insegnanti affrontano quotidianamente la sfida di riuscire a proporre attività accessibili a tutti/e, affinché la scuola sia inclusiva e al tempo stesso di qualità, per poter accompagnare le bambine e i bambini nel loro processo di crescita e aiutarli a realizzare il proprio potenziale di apprendimento. All’interno di questa complessità sono presenti anche bambini e bambine che parlano più di una lingua, che presentano profili di bilinguismo o multilinguismo, e che, in alcuni casi, non hanno ancora raggiunto una piena pad
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La scuola presenta una complessità crescente: le classi risultano spesso eterogenee per competenze degli allievi. Gli insegnanti affrontano quotidianamente la sfida di riuscire a proporre attività accessibili a tutti/e, affinché la scuola sia inclusiva e al tempo stesso di qualità, per poter accompagnare le bambine e i bambini nel loro processo di crescita e aiutarli a realizzare il proprio potenziale di apprendimento. All’interno di questa complessità sono presenti anche bambini e bambine che parlano più di una lingua, che presentano profili di bilinguismo o multilinguismo, e che, in alcuni casi, non hanno ancora raggiunto una piena padronanza della lingua italiana.
I dati del MIM riportano che il 10,3% degli iscritti totali nelle scuole italiane è di cittadinanza non italiana, suggerendo che molti di questi alunne/i possano avere contatti con altre lingue in famiglia; inoltre, oggi è prioritario apprendere lingue straniere come l’inglese.
In sintesi, i temi del multilinguismo e del multiculturalismo sono rilevanti e possono rappresentare una grande opportunità per la scuola.
 
Conoscere il profilo di bilinguismo
Il primo passo per favorire gli apprendimenti nei bambini plurilingui è comprenderne il profilo e la storia linguistica. Le Linee guida nazionali (ISS, 2021) e internazionali suggeriscono di condurre un’intervista con i genitori per comprendere il profilo di bilinguismo (per un approfondimento si veda Bonifacci e Mari, 2019). Ritagliando uno spazio in occasione dei primi colloqui (o durante l’anno), possiamo cercare di comprendere meglio le caratteristiche di ciascun contesto famigliare dal punto di vista linguistico, chiedendo:

“Quali lingue parlate in casa?”
“In che lingua comunica ciascun genitore con il/la figlio/a?”
“E tra genitori che lingua viene utilizzata con più frequenza?”
“Ci sono altri membri della famiglia con i quali i bambini interagiscono? E in quali lingue?”

È importante sollecitare risposte aperte e rassicurare che parlare altre lingue diverse dall’Italiano in famiglia non costituisce un ostacolo agli apprendimenti. Anzi, una buona conoscenza della lingua di famiglia è indicatore di buone competenze linguistiche e funge da supporto per l’apprendimento di una seconda lingua, anche attraverso il trasferimento di conoscenze.
Altre domande – “A che età è stato esposto/a con continuità all’italiano (L2, seconda lingua)?”, “Ha frequentato il nido/scuola dell’infanzia?” – permettono di comprendere meglio la tipologia di bilinguismo:

simultaneo (esposizione a due lingue dalla nascita);
sequenziale precoce (esposizione alla L2-Italiano entro i 5 anni di età);
sequenziale tardivo (esposizione alla L2-Italiano dopo i 5/6 anni di età).

Questa distinzione è importante: diversi studi hanno evidenziato che quanti hanno un’esposizione più tardiva all’Italiano hanno bisogno di maggior tempo per consolidare le competenze (Bonifacci, 2018).
 
Un ulteriore elemento di variabilità è rappresentato dal livello di competenza nelle due (o più) lingue parlate. Per esempio si può chiedere:

“È facile per voi comunicare con vostro/a figlio/a nella lingua di famiglia?”
“Secondo voi vostro/a figlio/a comprende bene/si esprime bene nella vostra lingua?”

Queste domande, facendo un confronto con il livello di competenza osservato nella lingua italiana, permettono di comprendere se si tratta di bilinguismo bilanciato (livello simile in entrambe le lingue) o bilinguismo dominante (una lingua è dominante rispetto all’altra).
Se emergono difficoltà linguistiche nella lingua di famiglia, questo può essere un valido indicatore di possibili disturbi di linguaggio/apprendimento, in quanto le difficoltà si presentano in entrambi i codici linguistici utilizzati. In alcuni casi, i genitori possono riportare che il/la bambino/a si rifiuta di utilizzare la lingua di famiglia nel contesto domestico; può essere un caso di bilinguismo sottrattivo, che si verifica quando il contesto sociale non valorizza (o svalorizza) la lingua di famiglia e pertanto porta l’individuo ad abbandonare questo codice linguistico a favore della lingua dominante. L’insegnante è una figura molto importante per attribuire un valore sociale alla lingua, per incentivare i bambini a mantenere la loro prima lingua che può essere di supporto sia per l’acquisizione dell’italiano sia per favorire uno sviluppo socio-emotivo più armonico.
In sintesi, un primo importante passo per favorire gli apprendimenti nei bambini bilingui è capire il loro profilo di competenze linguistiche, anche quelle “non visibili” nel contesto scolastico, e creare un clima di fiducia e interesse con i genitori. Ciò permette di formarsi “aspettative ragionevoli” sui tempi necessari per consolidare gli apprendimenti e proporre strumenti didattici adeguati a ognuno.
 
Per la didattica
Lettura
Si stima che i bambini bilingui sequenziali abbiano bisogno di circa due anni di esposizione scolastica continuativa per riuscire ad automatizzare le competenze di lettura di parole e di non parole, raggiungendo capacità simili a quelle dei monolingui. Tuttavia, può essere necessario più tempo per raggiungere prestazioni ottimali nella lettura del brano, un compito che risente maggiormente dell’accesso lessicale e della facilitazione semantica. Spesso i bilingui mostrano minori competenze di vocabolario (ampiezza del lessico), se queste vengono valutate solo nella L2. Le parole si apprendono in base ai contesti e all’uso delle lingue, quindi serve tempo prima che tutti i concetti conosciuti dal /dalla bambino/a nella lingua di famiglia abbiano una corretta etichetta lessicale nella seconda lingua. Sarebbe importante, da un lato, valutare le competenze lessicali anche nella lingua di famiglia, dall’altro, fornire aiuti tramite immagini o attività di prelettura, per esempio fornendo in anticipo i significati delle parole meno frequenti. Inoltre, è importante non dare priorità alla velocità di lettura ma incoraggiare a leggere con i propri tempi, privilegiando l’accuratezza al fine di comprendere il significato delle parole.
 
Comprensione del testo
Si potrebbero osservare differenze significative, seppur marginali, tra bilingui e monolingui anche nelle abilità di comprensione del testo. Vi entrano in gioco numerose competenze: memoria di lavoro, capacità inferenziali, comprensione di strutture morfosintattiche e capacità lessicali. Le fragilità nella comprensione del testo sono principalmente attribuibili a un vocabolario ridotto o a una non ancora consolidata capacità di comprensione orale. Di conseguenza, si può favorire la comprensione del testo fornendo, prima della lettura, indicazioni riguardo al contesto di riferimento, spiegare il significato delle parole più complesse, attivare le conoscenze sull’argomento anche al fine di comprendere se questo è famigliare. Anche in termini di valutazione si può inizialmente favorire la risposta attraverso domande vero/falso, oppure tramite immagini o attraverso risposte aperte, senza penalizzare eventuali errori espressivi ma dando priorità agli aspetti di contenuto. È bene sottolineare che le risposte a scelta multipla non necessariamente favoriscono la valutazione della comprensione nei bilingui in quanto la differenza tra le alternative di risposta spesso riguarda singole parole o aspetti morfosintattici; elementi sui quali una scarsa esposizione linguistica può creare difficoltà.
 
Scrittura
Fino al termine della scuola primaria si osserva una discrepanza – in particolare nella correttezza ortografica – a svantaggio dei bilingui rispetto ai monolingui (Affranti et al., 2020). Per questo si suggerisce di attendere il termine della primaria per effettuare diagnosi di disortografia, a meno che non venga implementato un percorso di potenziamento specifico e questo non mostri significativi miglioramenti. Svariati sono i motivi per cui l’ortografia richiede tempi più lunghi rispetto alla lettura: si tratta di un’abilità complessa che richiede il consolidamento di diverse competenze, visuo-motorie, fonologiche e morfologiche e, più in generale, il linguaggio e l’organizzazione delle idee per la produzione autonoma; inoltre, in Italiano la componente lessicale sembra svolgere un ruolo primario. È importante tenere in considerazione che la difficoltà che il bambino può incontrare, e la tipologia di errore, possono differire sulla base della sua prima lingua (L1). Un bambino con profilo di bilinguismo arabo-italiano potrebbe commettere più errori fonologici legati allo scambio delle vocali i/e e o/u e allo scambio di suoni p/b, in relazione a caratteristiche proprie della L1 (minor numero di vocali, assenza della p nel sistema fonologico), mentre un parlante rumeno potrebbe commettere più errori fonetici come l’omissione delle doppie e nei gruppi consonantici gn e gl in quanto più distanti dalla lingua madre.
Si suggerisce quindi di prestare attenzione alla tipologia di errore commesso e orientare l’intervento lavorando su una tipologia di errore alla volta e monitorando i progressi nel tempo, tenendo in considerazione anche le caratteristiche peculiari della lingua di provenienza. È bene non sostituirsi al bambino nella correzione dell’errore, ma dare a quest’ultimo tempo e spazio per autocorreggersi, trasmettendogli fiducia nelle sue capacità, stimolandone l’autoefficacia e una maggiore sicurezza personale.
Inoltre, per favorire gli aspetti espressivi, può essere utile prevedere momenti dedicati alla scrittura personale o ad attività non necessariamente legate a compiti scolastici, proponendo tematiche stimolino l’interesse. Per esempio, si può proporre un’attività in cui i bambini scrivono a turno risposte su post-it con domande tipiche della “grammatica della storia” (chi, dove, come, quando…). Mettendo insieme le risposte ne uscirà una frase “bizzarra” che può costituire una base di partenza anche per riflettere su elementi morfosintattici (singolare/plurale, accordo nei tempi verbali, coerenza semantica…).
 
Competenze matematiche
Queste sono fortemente influenzate anche da quelle linguistiche, soprattutto nei compiti che richiedono domande/risposte verbali. Infatti, anche in questo caso, è presente un lessico matematico; basti pensare ai problemi aritmetici che contengono al loro interno terminologie specifiche (doppio, triplo…), ma anche le “parole dei numeri” (cinquantasette). Rafforzare il lessico dei bambini bilingui quindi avrà effetti positivi che sono trasversali e che riguarderanno anche l’ambito matematico. Inoltre, diverse ricerche hanno evidenziato come il calcolo mentale avvenga prevalentemente nella lingua di apprendimento, quindi se il/la bambino/a è stato scolarizzato in una lingua diversa dall’italiano potrebbe avere bisogno di più tempo per “tradurre” il calcolo mentale fatto in L1 in L2.
 
Lo sviluppo delle capacità linguistiche
L’acquisizione di competenze in una seconda lingua segue traiettorie e tempi differenziati per le varie competenze. Innanzitutto si sviluppa la competenza fonologica, ovvero la capacità di ripetere e manipolare i suoni (fonemi) all’interno delle parole. Per questo è importante svolgere attività di consapevolezza fonologica, proponendo attività di fusione o segmentazione sillabica, delezione del fonema iniziale (per esempio: cosa diventa “porto” senza la “p”?), classificazione delle parole per lunghezza, riconoscimento del suono iniziale e finale di una parola (per esempio chiedere “Quale di queste due immagini inizia con questo suono?”). Gradualmente, è importante avviare un lavoro sul potenziamento del vocabolario.
Per esempio, si può creare una “banca” di parole nuove, anche con l’uso delle immagini, provare a confrontare le definizioni fornite dai bambini, fare esempi di come si può usare quella parola in una conversazione invitando a creare dialoghi che includano una o più parole della “banca” e avviare una riflessione sulla forma ortografica.
Per quanto riguarda le competenze morfosintattiche, si stima che siano necessari dai 3 ai 5 anni per essere pienamente consolidate. Per il loro potenziamento sono utili attività di ascolto e narrazione di storie, possibilmente sempre con il supporto di immagini, così come i dadi delle storie e attività di dettato topografico, dove vengono pronunciate frasi anche bizzarre e si chiede di disegnare quanto detto (per esempio, “C’è una carota sul fondo del mare”). Questo tipo di attività ci permette di valutare la comprensione morfosintattica che è un importante prerequisito della comprensione del testo.
Infine, per quanto riguarda competenze come la scrittura di testi o l’esposizione di contenuti letterari o scientifici, è necessario concedere tempo e valorizzare sempre i contenuti rispetto alla forma. Si tratta infatti di compiti che richiedono una consolidata competenza lessicale e morfosintattica, inoltre i contenuti sono spesso slegati dal contesto e con parole prevalentemente astratte.
In sintesi, potenziare le competenze linguistiche dovrebbe partire sempre da un primo lavoro sulle competenze orali per poi via via aumentare il livello di complessità possibilmente favorendo sempre l’uso di immagini, l’attivazione di conoscenze precedenti e la valorizzazione del contenuto. Gradualmente, anche le competenze nel codice scritto andranno ad affinarsi.
 
Per concludere
È bene sottolineare due requisiti fondamentali per l’apprendimento delle lingue: avere relazioni e occasioni di scambio con i pari e con i docenti, in quanto il linguaggio si sviluppa per comunicare, e accettare l’imperfezione linguistica affinché vi sia progresso nelle competenze, perché si apprende con e tramite gli errori; se l’attenzione è solo sull’errore si rischia una cristallizzazione sulla paura di sbagliare. Quindi concludiamo questo contributo con un invito al dialogo e all’espressione, ognuno/a con i propri mezzi, lingue e idee, per favorire lo sviluppo linguistico ma non solo… e non solamente per i bilingui ma per tutti/e!


Favorire gli apprendimenti in alunne/i bilingui

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