Buon anno, scuola!

Cara scuola, buongiorno! 

Caro studente…

Alla scoperta di sogni ed emozioni

La Gioia di ricominciare

Rami per giocare e decorare

Gli educatori ritengono che il proprio compito professionale consista nel supportare in ogni bambino lo sviluppo della capacità di imparare a gestire in modo autonomo le proprie funzioni biologiche di base (mangiare, dormire, muoversi ecc.) e le modalità sociali più adatte per interagire con il mondo fisico e con altri adulti e bambini (esplorare, giocare, parlare ecc.). Ma il loro contributo non si ferma qui. La loro disponibilità emotiva nei confronti di ogni bambino svolge un ruolo cruciale nel regolarne lo stato interno, ossia la gamma variegata delle emozioni. Ciò vale in modo particolare in tutte le piccole e grandi situazioni di disagio o di sofferenza che quotidianamente punteggiano i passaggi di crescita e l’esperienza della vita in gruppo. Le modalità con cui ogni educatore si pone nell’interazione quotidiana con il gruppo dei bambini che gli sono affidati, leggendone e sostenendone le emozioni, rappresentano degli input significativi che contribuiscono alla qualità dell’organizzazione interna del cervello infantile.La maggior parte delle recenti teorie sullo sviluppo infantile precoce ha messo in luce chiaramente che nessun bambino può essere compreso e favorito nella crescita, indipendentemente dalla sua nicchia ecologica inter-personale. Una proposta educativa che non tenga nella dovuta attenzione l’intreccio nella mente e nella esperienza concreta di ogni bambino delle relazioni familiari a due, a tre o plurime, può vanificare la portata del proprio significato propulsivo, in quanto non riconosce la natura reale del funzionamento psichico nelle diverse età della vita, a partire da quelle iniziali.

La disponibilità emotiva

Uno sguardo sempre attento sui bisogni dei bambini e dei loro genitori

Nessun bambino arriva da solo

Le domande da cui partire

Riflettiamo...


 • Per un bambino

Riflettiamo...• Per un bambino di pochi mesi che cosa significa arrivare in un luogo del tutto sconosciuto, abitato da una serie di persone estranee, grandi e piccole?• Da parte dei genitori quale è stato il percorso di decisione/ scelta del nido e i loro vissuti rispetto alle esigenze conciliative?• Che cosa significa per una educatrice (ri)cominciare ogni volta daccapo a prendersi cura sempre di nuovi bambini?Le recenti ricerche neurobiologiche sullo sviluppo della personalità infantile hanno mostrato come la costruzione delle competenze superiori, mentali e simboliche, così come l’evolvere di una identità fiduciosa e aperta alla relazione sociale, affondino le radici in terreni relazionali caratterizzati da stabilità, continuità ed empatia. L’esperienza ripetuta, giorno dopo giorno, di interazioni positive supporta nei primi anni di vita il consolidarsi progressivo della capacità di gestire in modo fiducioso le proprie emozioni interne e i propri comportamenti. La sensibilità degli adulti che si occupano dei piccoli (genitori e personale del nido) fa indubbiamente la differenza.

In una prospettiva relazionale, il nucleo centrale di ogni progetto di familiarizzazione con il nido, riguarda la possibilità per ciascun bambino di poter sperimentare: <ul><li>il consolidamento della sicurezza del legame di attaccamento con i genitori, la cui stabilizzazione occupa i primi tre anni di vita; </li><li>la costruzione di abilità sociali allargate attraverso relazioni positive e costruttive con nuovi adulti e con i coetanei. </li></ul>

Pur sulla base del presupposto di fondo che non esistono regole universalmente valide per tutti, in quanto ogni realtà comunitaria non assomiglia che a se stessa, nella pratica organizzativa è divenuta prioritaria la necessità di dedicare riflessioni sempre più attente alla creazione di condizioni relazionali che facilitino il primo passaggio tra famiglia e nido (e i successivi quotidiani arrivi) in modo rassicurante per tutti i protagonisti: bambini, genitori, educatori. Le modalità con cui ogni servizio progetta il primo arrivo di ogni bambino con i suoi genitori rappresenta indubbiamente un indicatore generale di come il gruppo di lavoro si interpreta il proprio mandato professionale e quindi costituisce il nucleo forte del progetto educativo. Accogliere un nuovo bambino al nido significa realizzare un contesto relazionale del tutto inedito, derivante dall’interazione tra due universi sociali: “quella” famiglia e “quel” nido, i quali devono imparare a (ri)conoscersi e a collaborare. Nel tempo infatti ciascuno di essi, sulla base delle immagini personali dei bisogni infantili e del proprio&nbsp;ruolo, nell’incontro con l’altro può flessibilizzarsi e modificarsi, facendo crescere la propria competenza educativa. Occorre oggi dedicare energie mentali e organizzative per realizzare forme di condivisione vera, paritaria e rispettosa tra educatori e genitori, basate sul riconoscimento delle competenze dell’altro e sperimentando forme di alleanza educativa. Vale la pena in proposito ricordare la “rivoluzione copernicana” attuata in proposito per la prima volta da Elinor Goldschmied, riassumibile nell’affermazione che si può rispondere ai bisogni dei più piccoli solo se si assume il loro punto di vista, provando a guardare il mondo attraverso i loro occhi.La situazione emotiva di ciascun bambino (e di ciascun genitore) può essere compresa solo utilizzando la bussola interna delle nostre emozioni adulte.Per organizzare i nuovi arrivi occorre dunque partire da un pensiero su se stessi:• che cosa ci piacerebbe trovare se fossimo noi ad arrivare in un ambiente sconosciuto e potenzialmente anche ansiogeno?• Che tipo di rapporto ci piacerebbe percepire tra le persone che si occupano di noi?In una prospettiva relazionale, il nodo centrale del lavoro per il personale del nido consiste pertanto nel continuare ad accrescere le proprie competenze riflessive ed auto-riflessive.

Come si possono organizzare contesti di accoglienza per far sperimentare a ciascuno una situazione di benessere emotivo?

Riflettiamo...• Per un bambino di pochi mesi che cosa significa arrivare in un luogo del tutto sconosciuto, abitato da una serie di persone estranee, grandi e piccole? • Da parte dei genitori quale è stato il percorso di decisione/ scelta del nido e i loro vissuti rispetto alle esigenze conciliative? • Che cosa significa per una educatrice (ri)cominciare ogni volta daccapo a prendersi cura sempre di nuovi bambini? Le recenti ricerche neurobiologiche sullo sviluppo della personalità infantile hanno mostrato come la costruzione delle competenze superiori, mentali e simboliche, così come l’evolvere di una identità fiduciosa e aperta alla relazione sociale, affondino le radici in terreni relazionali caratterizzati da stabilità, continuità ed empatia. L’esperienza ripetuta, giorno dopo giorno, di interazioni positive supporta nei primi anni di vita il consolidarsi progressivo della capacità di gestire in modo fiducioso le proprie emozioni interne e i propri comportamenti. La sensibilità degli adulti che si occupano dei piccoli (genitori e personale del nido) fa indubbiamente la differenza.

L’obiettivo generale della prima familiarizzazione è quello di realizzare un ponte di alleanza tra nido e genitori: un passaggio che i bambini possano attraversare sentendosi liberi di andare e tornare, in tranquillità, sperimentando la sicurezza emotiva derivante dall’intreccio empatico degli sguardi tra educatori e genitori. Nessun bambino arriva al nido da solo: vi entra tra le braccia della mamma o del papà. L’ipotesi di fondo, suggerita da Elinor Goldschmied, è che il benessere emotivo dei piccoli è strettamente connesso a quello dei diversi adulti che si occupano di lui. Solo all’interno di un contesto inter-personale all’insegna di scambi comunicativi aperti e di fiducia reciproca tra le persone per lui più importanti, ogni bambino può sperimentare una triangolazione emotiva che lo rassicura e lo mette in condizioni di allontanarsi da esse per esplorare il nuovo mondo che gli si apre davanti. Il percepirsi contenuto in un contesto empatico e rassicurante rappresenta la più potente facilitazione per sostenere le proprie conquiste evolutive. In questa prospettiva di lavoro, i genitori possono essere considerati in ogni momento, anche oltre i primi giorni, una risorsa: non solo per il loro bambino, ma anche per il gruppo dei pari e per gli altri genitori.

Riconoscimento e collaborazione

In una prospettiva relazionale, il nucleo centrale di ogni progetto di familiarizzazione con il nido, riguarda la possibilità per ciascun bambino di poter sperimentare:il consolidamento della sicurezza del legame di attaccamento con i genitori, la cui stabilizzazione occupa i primi tre anni di vita;la costruzione di abilità sociali allargate attraverso relazioni positive e costruttive con nuovi adulti e con i coetanei.

Uno sguardo sempre attento sui bisogni dei bambini e dei loro genitori

Familiarizzare con il nido

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