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Abitare contesti insoliti
Uno sguardo curioso apre a infinite possibilità di combinazione, esplorazione e riflessione che scaturiscono dall’approccio con materiali e contesti.

Le figure professionali significative nei contesti educativi possono attuare strategie riflessive, affinché si favoriscano condizioni di apprendimento, per cui ciascun componente possa essere parte attiva e risorsa per tutti e ciascuno. In questa prospettiva, occorre che ci sia un adeguato tempo di meta-pensiero sulle scelte di senso su spazi, ambienti e materiali di qualità e di consistenze differenti che andranno via via inseriti o modificati, a seconda delle traiettorie esplorative che saranno attraversate da bambine e bambini.
Conoscere la realtà è conoscere anche il proprio corpo in relazione allo spazio, alle cose e al sentire
SPAZI DA PENSARE
Le bambine e i bambini esplorano la natura e gli ambienti nel pieno coinvolgimento del corpo e della sensorialità, utilizzano a scopo conoscitivo ed emotivo tutto ciò che li circonda. Per questo motivo è importante la riflessione sui luoghi da vivere e abitare: atri, corridoi, spazi fuori dalla sezione, classi, atelier, laboratori, giardini, aree gioco e nuovi contesti da interpretare.
Le dimensioni della sensorialità e del gioco non possono essere estemporanee e di intrattenimento, ma devono essere opportunità per conoscere di più e più in profondità, entrando in contatto con le emozioni provate, verbalizzandole anche attraverso codici e canali espressivi differenti.
La scelta dei materiali a disposizione presuppone che ci sia stato un tempo dedicato al pensiero sui materiali stessi, sulla quantità a disposizione, pochi o molti a seconda delle risposte che ne deriveranno, con la capacità di rilettura delle scelte, da parte di educatori e insegnanti, alla luce dei processi esplorativi e trasformativi che accadranno.
Per realizzare una reale progettualità che risponda ai bisogni di bambine e bambini è importante dedicare tempo all’osservazione: seguire le direzioni esplorative che nascono, lasciando che siano loro a farci da guida nella ricerca di ciò che corrisponda alla partecipazione attiva.
IMPARARE FACENDO
Immersioni all’interno di contesti così ispirati da prospettive interdisciplinari di ricerca, connaturate alle istanze della natura, della corporeità, dell’arte e della scienza, così come a quelle del sapere e delle emozioni, sostengono un apprendimento integrale di continuità relazionale tra spazi, corpi e tempi, dove ciascun bambino e bambina possa conoscere, sapere, agire, creare, immaginare e sentire.
Nell’esperienza quotidiana di lavoro delle diverse realtà educative il learning by doing rappresenta il fulcro dell’esperienza di apprendimento e di interazione con il mondo.
È in questa prospettiva multisensoriale che i bambini e le bambine approcciano ai materiali senza fermarsi alla funzionalità dell’oggetto stesso, che spesso è collocato fuori dall’usuale fruizione e applicazione. Si trascende l’uniformità e la catalogazione fine a sé stessa, ma si entra nell’infinita possibilità conoscitiva di ogni forma esistente, si educa alla ricchezza del dono della natura, del mondo che circonda, alla varietà di tonalità, sfumature, texture, forme, fragranze, sapori e valori.
Poliedriche scoperte di possibili nuovi utilizzi. Le mani, i sensi, il pensiero sono attivati dallo spirito di ricerca empirica che implica la capacità di superare la funzionalità dell’oggetto in sé, intravedendo variegate traiettorie costruttive, di sperimentazioni e di immaginazione.
“CHE COSA SUCCEDE SE…”
Abitare contesti e ambienti insoliti e interessanti apre alla relazione tra soggetto e oggetto, come conoscenza coinvolta e consapevole del corpo nello spazio, nel movimento e nelle emozioni, ovvero espressione di sentimenti, gesti e comportamenti trasformativi di apprendimento, di conoscenza diretta e piena.
Se ci si lascia guidare dal “sapere di non sapere”, abbandonando i concetti precostituiti e pregiudizievoli, si può esplorare e conoscere la realtà con stupore e meraviglia, solcando domande generative di nuove possibilità.
“Che cosa accade se… muovo, agito, strappo, aggiungo, tolgo, sposto, infilo, tocco, annuso? Che cosa accade se approcciamo un semplice foglio di carta con le mani? Che suono produce? Quali qualità sento? Quali possibilità di trasformazione posso ricercare? Afferro, strappo, appallottolo, strappo, piego. Quali conseguenze ne traiamo? E se trasformo un semplice rotolino di carta igienica? Quante forme nuove posso scoprire? Quali nuovi utilizzi? Come si trasforma se uso solo le mani o se adopero le forbici? Quali nuove scoperte possono esserci se si impilano cilindri e cerchi di cartone? Quali proprietà fisiche e logiche stiamo attraversando? E quali campi d’esperienza stiamo esplorando?”.
“È certo possibile godere dei fiori nella loro forma colorata e nella loro delicata fragranza senza conoscere nulla delle piante sul piano della teoria. Ma chi si propone di comprendere il fiorire delle piante è tenuto a scoprire le interazioni tra suolo, aria, acqua e luce solare che condizionano lo sviluppo delle piante” (Dewey, 1967).
Non si tratta di proporre semplicemente un’attività didattica, ma di favorire un continuum di ricerca ludica e partecipata all’interno di contesti pensati e da abitare. Sarebbe troppo riduttivo relegare ad attività estemporanee o precostituite, quelle che invece sarebbero iniziative didattiche pensate come esperienze di ricerca attiva e “artigianale” favorite da ambienti e materiali che implichino il pieno coinvolgimento ludico e diretto di corpo, di sensi e di metacognizioni espressive. Un’interazione continua tra ascolto di sé e dei nessi sperimentati in maniera attiva e diretta che restituiscono la concretezza e la profondità delle emozioni provate e costruiscono nuovi saperi e nuovi apprendimenti.
Apprendere non significa ricevere passivamente delle nozioni, ma elaborare attivamente idee
- Dewey, J. (1967). L’arte come esperienza. Firenze: La Nuova Italia.