Virtù dell’errore

Le tecnologie peggiorano l’apprendimento? Che cosa dice veramente il rapporto OCSE

Bambini e sessualità, un avvicinamento troppo precoce?

Impariamo a rilassarci

Tutti insieme nel gruppo classe

Alleniamo la concentrazione

Gent.ma Dirigente, 
al fine di inquadrare alcune indicazioni operative, &egrave; opportuno riflettere brevemente sul momento evolutivo considerato.

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Due piani di intervento

Rispetto alla domanda sulle modalit&agrave; pi&ugrave; efficaci per intervenire, si rivela particolarmente utile l&rsquo;approccio rivolto all&rsquo;intero gruppo, piuttosto che ai singoli bambini, per due ordini di ragioni: in primo luogo, sebbene talvolta alcuni allievi manifestino in modo pi&ugrave; eclatante le difficolt&agrave; autoregolative, al contempo tutti i bambini sono in una fase evolutiva nella quale &egrave; funzionale supportare le loro abilit&agrave; in via di sviluppo. La seconda motivazione per un approccio rivolto al gruppo risiede nel fatto che, in questo modo, interveniamo proprio su quegli aspetti di contesto, che possono agire da facilitatori o da barriere rispetto al comportamento dei singoli.

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Nel periodo della scuola dell&rsquo;infanzia devono ancora maturare quelle aree prefrontali responsabili dell&rsquo;autoregolazione cognitiva e comportamentale, per cui i bambini sono molto pi&ugrave; suscettibili nei confronti di variabili contestuali: per esempio, in momenti di calma o in presenza di attivit&agrave; strutturate riescono a mantenere una condotta pi&ugrave; regolata; in altre situazioni, invece, di stress emotivo o di caoticit&agrave; ambientale, diventano irrequieti, disattenti ecc. 
Nello specifico, entrambe le tipologie di problematiche da Lei riportate, ossia l&rsquo;irrequietezza e l&rsquo;impulsivit&agrave;, da un lato, e la lentezza esecutiva, dall&rsquo;altro, sono espressione di questa relativa immaturit&agrave; evolutiva: nel primo caso, gli allievi non riescono a inibire efficacemente e stabilmente tutti gli stimoli distraenti presenti nell&rsquo;ambiente e i comportamenti da essi elicitati. Per esempio, immaginiamo il bambino che, mentre &egrave; seduto ad ascoltare il racconto di una storia da parte dell&rsquo;insegnante, vede in un angolo dell&rsquo;aula un pallone. Al fine di mantenere un comportamento adeguato, dovr&agrave; compiere un doppio sforzo inibitorio: dovr&agrave; inibire la tendenza a distrarsi, guardando troppo spesso in direzione dello stimolo attraente; inoltre dovr&agrave; controllare anche la spinta interna ad alzarsi per correre verso il pallone. In questo contesto, molti fattori interni (per esempio uno stato di eccitazione gi&agrave; precedentemente attivato) o esterni (l&rsquo;eccessiva lunghezza della storia raccontata) potrebbero interagire con le capacit&agrave; di autoregolazione ancora immature del bambino, scatenando condotte irrequiete. 
Anche la lentezza esecutiva e l&rsquo;assenza di iniziativa sono riportabili a queste difficolt&agrave; autoregolative: i bambini hanno difficolt&agrave; ad attivarsi tempestivamente e autonomamente per un compito, perch&eacute; non riescono facilmente a mantenere in memoria l&rsquo;obiettivo da raggiungere, reclutare le risorse attentive necessarie ecc. Anche in questo caso, variabili contestuali (per esempio la scarsa chiarezza delle consegne) possono peggiorare la condotta individuale.

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In maniera molto schematica, potremmo individuare due piani di intervento. 
Il primo fa riferimento soprattutto all&rsquo;importanza di organizzare gli spazi delle attivit&agrave;, modulando la quantit&agrave; di distrattori, chiarendo il tipo di compito richiesto, delimitando gli spazi fisici entro cui muoversi e collegandoli a determinate attivit&agrave; ecc. Un ambiente di questo tipo, molto pi&ugrave; coerente e prevedibile per i bambini, funziona come una sorta di &ldquo;lobo frontale esterno&rdquo;. 
Il secondo piano d&rsquo;intervento, invece, &egrave; relativo all&rsquo;organizzazione dei tempi delle attivit&agrave; scolastiche (didattiche, ludiche, di autonomia ecc.). I tempi devono essere ben definiti, con un inizio e una fine rappresentati anche visivamente (tramite per esempio una clessidra); alternati con pause brevi ma frequenti; distribuiti nel corso della giornata, in modo tale da collocare le attivit&agrave; pi&ugrave; impegnative nella prima parte della mattina, quando i bambini sono meno stanchi. 
Nel complesso, un lavoro di questo tipo potrebbe rappresentare anche un ponte importante nel passaggio alla scuola primaria: si pensi per esempio all&rsquo;importanza per il bambino pi&ugrave; grande di saper organizzare i propri spazi e i propri tempi nel momento in cui deve svolgere una serie di compiti per casa, oppure quando deve prepararsi per una verifica.

Inquadrare il problema

Affrontare il problema

Sono dirigente in una scuola dell&rsquo;infanzia e noto che tanti, troppi, bambini in et&agrave; prescolare sembrano non avere abilit&agrave; di autoregolazione: si distraggono facilmente, passano da un&rsquo;attivit&agrave; all&rsquo;altra in modo caotico, sono impulsivi. Altri, esattamente all&rsquo;opposto, sono lentissimi nell&rsquo;eseguire un compito, a volte bisogna ripetere pi&ugrave; volte le consegne prima che le comprendano, non prendono alcuna iniziativa nei giochi&hellip; Mi domando: &egrave; meglio nei vari casi intervenire individualmente in modo mirato o c&rsquo;&egrave; modo di lavorare con tutto il gruppo classe per agevolare lo sviluppo dell&rsquo;autoregolazione?

Annalisa, Milano

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Bambini con difficoltà di autoregolazione

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