Vietato l’ingresso: storie di migrazioni in un libro per ragazzi

Un libro per ragazzi, tre racconti brevi per comprendere gli intrecci e le stratificazioni tra le migrazioni di ieri e quelle di oggi

di Lorenzo Luatti09 ottobre 20194 minuti di lettura
Vietato l’ingresso: storie di migrazioni in un libro per ragazzi | Giunti Scuola

La storia d’Italia, e di quella repubblicana in particolare, è stata (ed è) profondamente segnata dai fenomeni migratori. Le emigrazioni degli italiani all’estero da sempre hanno evidenziato uno stretto legame con le migrazioni interne (durante il periodo liberale, interbellico e poi dal dopoguerra fino ad oggi) e con quelle, più recenti, internazionali verso l’Italia. Studi e ricerche hanno messo in luce, ad esempio, come le migrazioni europee e transoceaniche si innestino e continuino a incrociarsi in modo molto complesso con le migrazioni interne (sud-nord, campagna-città) e come non solo non le sostituiscano, ma ne traggano alimento e nel contempo le alimentino. Ciò è visibile anche nelle trame narrative dei libri per ragazzi dove le diverse “mobilità” umane (espatri, rimpatri, migrazioni interne e immigrazioni), a partire soprattutto dagli anni sessanta, hanno fatto emergere intrecci e stratificazioni.

 

Nel passato, il presente

Chi sembra aver perfettamente colto queste interconnessioni tra le emigrazioni di ieri e quelle di oggi è Fabrizio Silei, scrittore e illustratore tra i più fecondi e versatili della letteratura italiana per l’infanzia di questi anni duemila, che con Vietato l’ingresso (Rrose Sélavy, 2019, pp. 36) ha proposto tre “squarci” narrativi, divertenti e amari, sulla nostra emigrazione ambientati tra il dopoguerra e gli anni Sessanta, capaci tuttavia di stimolare collegamenti e parallelismi con le vicende dell’odierna “migranza” globale. A partire dall’allusivo titolo, “respingente”, che richiama sì i cartelli verso gli italiani e i meridionali che in quegli anni imperversavano in Svizzera e Germania e anche a Torino, ad esempio, ma rammenta anche i tanti muri odierni, visibili e invisibili, eretti da governanti e semplici cittadini verso gli “stranieri”.

 

 

Tre racconti brevi

Silei racconta, attraverso lo sguardo di ragazzini che con incredulità osservano il mondo ipocrita e giudicante degli adulti, storie di zii d’America capaci di ravvivare un intero paese italiano, sperduto e dimenticato dalla storia, grazie a un semplice (e sconosciuto) pallone di football americano, ritenuto “deforme” per un buffo malinteso culturale (Un pallone dell’America). Racconta di operai e famiglie meridionali emigrate a Torino che, nei loro ritorni “gloriosi” al paese natale, ostentano un benessere mai sperimentato, per nascondere una vita di privazioni ed emarginazione (Il paese più bello del mondo). Narra, infine, nel terzo e più fascinoso episodio, di un bambino tedesco, Elbert, che sogna un mondo, il proprio, riappacificato, senza ostilità e parole cattive (nello specifico, quelle che animano i tedeschi nei confronti dei “mangiaspaghetti”), in seguito a un tragico evento, un’alluvione devastatrice di “beni comuni”, che sprigiona sentimenti e azioni solidaristiche tra le parti avverse. Un lieto fine intensamente desiderato dal ragazzino che nella finzione letteraria si rivela un’amara illusione (Elbert ha fatto un sogno, non ci sono state alluvioni “riconciliatorie”, tutto è rimasto come prima), ma che pare ispirarsi a episodi realmente accaduti nell’Italia alluvionata di questi anni (a Vicenza nel novembre 2010, nello Spezzino e nella Lunigiana nell’ottobre 2011…).

 

Da leggere ad alta voce

Di zii d’America, di emigranti sbruffoni che mostrano ai “paesani” ricchezze mai conosciute, di eventi drammatici che uniscono comunità divise, sono pieni i libri per ragazzi d’argomento emigratorio. Eppure il libro di Silei è importante sia per farci intravedere le interconnessioni tra le diverse migrazioni, sia per la qualità della scrittura, pacata e avvolgente, e della narrazione, senza fronzoli o retoriche, che giudiziosamente evita di ricorrere all’abusatissimo paradigma miserabilista (“quando gli immigrati eravamo noi”, o “l’Italia d’oggi lamerica di ieri”). E sia, è importante, per i disegni dai tenui colori di Cinzia Ghigliano, a piena e doppia pagina, capaci di restituire atmosfere del passato, fatte di vestiti e oggetti, ma anche di malinconie e speranze. Tre racconti brevi da leggere ad alta voce.

 

 
 
 
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