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Un bambino della primaria con un senso di inadeguatezza
Nel primo anno di scuola primaria il contesto scolastico e l’acquisizione della letto-scrittura sono elementi predominanti nella vita di un bambino

Spesso noi adulti rischiamo di identificare il successo scolastico con l’immagine del buon lettore. Che cosa succede, però, a quei bambini che faticano a raggiungere questo obiettivo? Ci sono bambini che a scuola si confrontano costantemente con i pari e vedono come il loro percorso si discosti da quello degli altri, accumulando esperienze di fallimento nonostante l’impegno profuso. Questo processo mina il senso di autoefficacia (percezione di essere capace di fronteggiare le situazioni), elemento strettamente correlato ai livelli di autostima.
Il caso di Simone
Simone è un bambino di 6 anni e mezzo che frequenta il primo anno di scuola primaria; sono presenti un importante ritardo nell’acquisizione della letto-scrittura e difficoltà emotive soprattutto rispetto alla scuola (pianti e lamentele somatiche). Da precedente valutazione, risultano un ritardo di linguaggio e ansia da separazione.
VALUTAZIONE
Durante gli incontri di valutazione Simone fatica a separarsi dalla figura materna, mostrandosi inibito e inquieto all’idea di restare da solo con adulti non conosciuti. Anche a separazione avvenuta perdura un atteggiamento di chiusura: il contatto oculare è sfuggente e lo scambio relazionale è minimo, risponde a monosillabi e richiede spesso quanto deve rimanere. Il bambino collabora solo parzialmente nell’esecuzione di disegni o di prove di calcolo e, quando vengono presentati compiti di letto-scrittura, rivela tutta la sua frustrazione: atteggiamenti di evitamento al compito, irrequietezza motoria, ricerca della figura materna, pianto, che rassicurazioni e gratificazioni non sono capaci di ridurre.
Dalla valutazione cognitiva emerge un profilo generale adeguato, con una discrepanza tra risorse verbali e di natura visuopercettive, a favore delle seconde. La memoria di lavoro e la velocità di elaborazione risultano significativamente compromesse. Simone riesce solo a sillabare durante la lettura, si affatica così tanto che si interrompe spesso fino a chiedere l’interruzione della prova. Anche la competenza ortografica evidenzia fragilità importanti; l’ambito del calcolo risulta invece preservato. Durante le prove e le attività scolastiche il copione si ripete: “Sono stupido, è troppo difficile per me, non ce la faccio da solo!”.
RIFLESSIONI E PROGETTAZIONE DELL’INTERVENTO
I ripetuti insuccessi e gli atteggiamenti degli adulti di riferimento, focalizzati sulla prestazione, hanno alimentato in Simone la percezione di inadeguatezza, incrementando pensieri e comportamenti frutto di un’impotenza appresa: “È tutto inutile, non ci provo nemmeno, tanto so già che fallirò”. Le convinzioni si ripercuotono anche a livello relazionale: il bambino tende a isolarsi dai compagni per paura di ennesimi fallimenti e rifiuti (“Chi giocherebbe con un bambino stupido e incapace?”). Così si rifugia nel mondo della fantasia e del disegno, mettendo in atto inconsapevolmente una condotta autosabotante: ciò conferma l’immagine di un “bimbo strano” agli occhi dei pari, che tendono a evitarlo, e alimenta in lui un circolo vizioso di pensieri disfunzionali.
Proprio in ragione di queste considerazioni, l’intervento ha previsto, oltre a un lavoro a cadenza settimanale con il bambino su aspetti emotivi e strumentalità, anche un lavoro di rete, in ottica contestuale, per permettere agli adulti di riferimento di meglio comprendere il profilo di Simone, mettendo in atto quindi condotte di gestione più funzionali, e permettere al bambino di generalizzare i risultati ottenuti in terapia:
- incontro psicoeducativo iniziale con genitori e insegnanti, per aiutarli a comprendere le caratteristiche del profilo e poter costruire un PDP (Piano Didattico Personalizzato) che rispondesse alle necessità individuate;
- incontri periodici con insegnanti e genitori, con l’obiettivo di aiutarli a comprendere i circoli viziosi del pensiero, monitorare le strategie messe in campo e riflettere con loro sullo stile educativo adottato;
- indicazioni operative agli insegnanti, per favorire esperienze di successo volte a incrementare senso di autoefficacia e autostima, e attivazione di gruppi di peer tutoring per favorire interazioni positive con i compagni.
I benefici non hanno tardato a presentarsi: a distanza di qualche mese, Simone manifesta un atteggiamento più positivo nei confronti della scuola, accetta volentieri di svolgere attività scolastiche in piccolo gruppo e le lamentele somatiche risultano diminuite.
Inoltre, sono anche diventati meno frequenti i pensieri negativi.