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Come aiutare gli alunni con disabilità (in particolare intellettive) a diventare cittadini responsabili? Una buona prassi scolastica inclusiva è di per sé preparazione a una vita sociale adulta da “buon cittadino”.

Ciò che va bene per le persone con disabilità è fornito da una didattica buona per tutti. Si imparano bene le cose quando vengono vissute nel presente e non solo come preparazione per il futuro.

Conoscere il livello di sviluppo sociale del nostro alunno

La presenza di disabilità intellettive condiziona anche lo sviluppo delle competenze sociali e adattive utili per essere buon cittadino. Non vi è un “minimo” di competenze necessarie. Anche una persona con sindrome di Angelman (che si caratterizza per uno sviluppo cognitivo molto carente – tra i 12 e i 18 mesi di età mentale -, con un linguaggio verbale limitato a poche parole) può essere un buon cittadino se fa parte del suo stile di vita cercare di andare d’accordo con gli altri, rispettarli, non essere aggressivo ecc. La conoscenza del livello di sviluppo psicologico dell’alunno è importante per seguire la “regola d’oro” di ogni intervento educativo, scolastico e abilitativo: conosci ciò che sa già fare il tuo alunno e aiutalo ad averne piena padronanza. Emergeranno a poco a poco capacità di livello superiore.

Uguaglianza, equità e lavoro cooperativo

Educhiamo alla cittadinanza se la classe testimonia equilibrio fra rispetto di regole comuni alla vita della classe stessa e disponibilità all’aiuto (alla base del principio di equità) attraverso il lavoro cooperativo fondato democraticamente. Mi limito a enfatizzare l’importanza di lavori di gruppo (ad esempio di 4-5 bambini e bambine) su argomenti ampi, spesso interdisciplinari, affrontabili a diversi livelli di competenza in modo che ciascuno possa esprimere le proprie potenzialità. Sentirsi competenti contribuisce ad una buona qualità della vita. Secondo le proprie possibilità. E aiutati dai compagni.

Quando Vygotskij propose il concetto di sviluppo potenziale si riferiva proprio a ciò che un individuo può fare grazie all’aiuto di un mediatore. Questo non si realizza portando l’alunno con disabilità fuori dalla classe, ma facendogli vivere la realtà scolastica assieme ai suoi compagni.

Questa è inclusione-integrazione. Se tutti gli alunni la vivono bene sono preparati ad affrontare nel futuro altre situazioni in cui possono contribuire a rendere inclusiva la nostra società. Non perché abbiano fatto “esercitazioni teoriche” di cittadinanza, ma perché hanno vissuto nella propria classe il dovere-piacere di essere inclusivi e questo ha contribuito alla formazione della propria personalità e alla scelta di valori democratici equi. Una variabile è cruciale: la collaborazione fra gli insegnanti. Bisogna impegnarsi per favorirla. Con umiltà, ma anche con costanza e pazienza.

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Ciò che va bene per le persone con disabilità è fornito da una didattica buona per tutti. Si imparano bene le cose quando vengono vissute nel presente e non solo come preparazione per il futuro.

Conoscere il livello di sviluppo sociale del nostro alunno

Uguaglianza, equità e lavoro cooperativo

Tutti buoni cittadini. Proprio tutti

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