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Raccontami la tua storia: un laboratorio di scrittura autobiografica e biografica
Proposte per un cerchio di narrazioni per conoscere e valorizzare la storia di ciascuno

Sono una maestra e insegno nell’Istituto Comprensivo “Console Marcello” di Milano, una scuola situata in un quartiere periferico di Milano. Qui la scuola oltre ad essere la più importante agenzia educativa, è anche il principale luogo di socializzazione per ragazzi e famiglie. Le classi sono costituite per lo più (circa il 60%) da figli della prima generazione di migranti e da studenti che provengono dagli ultimi flussi migratori di questi anni. Convinta che la metodologia della narrazione autobiografica potesse essere uno strumento educativo efficace per stimolare relazioni positive all’interno della classe e per favorire processi di integrazione all’interno di una scuola multiculturale, ho proposto al Collegio docenti di sperimentare e di condurre, coadiuvata dalle insegnanti di Lettere, un laboratorio di scrittura autobiografica e biografica in due classi seconde della scuola secondaria di I grado.
Immagine dal gioco dell’oca autobiografico,
in “Alfabeti interculturali”, a cura di Graziella Favaro
Ogni storia vale
L’intento educativo principale era quello di offrire ai ragazzi uno spazio di narrazione di sé che fosse sganciato dalle quotidiane dinamiche relazionali della scuola. In particolare, volevo sollecitare i ragazzi a raccontare di sé, della propria storia senza timore, facendo avvertire all’interno del cerchio di narrazione l’unicità, il valore e l’importanza di ogni singola storia.
Per iniziare, era necessario creare un clima di ascolto e di fiducia nel gruppo e garantire uno spazio di relazione protetto dove il giudizio era sospeso.
Per entrare nello spirito del laboratorio, ho letto Federico di Leo Lionni che induce a riflettere e sull’importanza che hanno le storie per l’uomo.
Ho poi spiegato che le nostre storie le avremmo raccontate stando seduti in cerchio, una modalità che permetteva a tutti di essere in contatto visivo con il narratore e dava uguale dignità e importanza a tutti i narratori. I ragazzi sono stati invitati a cercare e a scrivere su strisce di carta, le parole – valori che ci avrebbero aiutato a comunicare bene in cerchio.
Le parole belle
Abbiamo così realizzato una sorta di “soglia” d’ingresso, per l’accesso al cerchio, formata da tutte le parole-valori proposte dai ragazzi (foto sotto). Poi, ogni ragazzo, ha varcato la soglia e ha preso posto nel cerchio. Il rito rappresentava l’impegno ad accettare e a rispettare quanto era stato scritto. Costruito il cerchio di narrazione, ogni ragazzo è stato invitato a raccontare al gruppo la storia del suo nome o a presentarsi seguendo liberamente uno schema suggerito. Nei giorni seguenti gli studenti hanno trascritto quanto avevano raccontato a voce al gruppo, come ha fatto Chenulya.
Mi chiamo Chenulya, ho dodici anni e sono nata in Italia, i miei genitori sono di origine cingalese. Le parole italiane che mi piacciono di più sono: SOGNO, FORZA, SPERANZA. Mentre le parole cingalesi che amo di più sono ADERE, che significa Amore e ASHIRWADHE che significa benedizione. Mi piace tanto disegnare. Sono quasi sempre agitata di fronte a persone che non conosco, in quei casi mi comporto in modo totalmente diversa, come se fossi timida. A volte in momenti di tranquillità mi vengono in mente poesie (Chenulya).
Il gioco delle “Parole belle” è stata un’altra delle attività proposte per favorire un clima di fiducia e di amicizia all’interno del cerchio ed è stato proposto dopo la lettura del seguente brano: La Parola.
Dopo l’ascolto, ho proposto ai ragazzi di regalare ai propri compagni parole positive e d’incoraggiamento scrivendole sui fogli che ognuno di loro, aveva attaccato sulla propria spalla. Alla fine del gioco ogni ragazzo aveva un foglio con i commenti positivi dei suoi compagni e dell’insegnante di classe.
La narrazione autobiografica
La narrazione autobiografica è stata avviata con l’aiuto di oggetti-stimolo; ho chiesto ai ragazzi di portare a scuola foto, oggetti, legati a momenti speciali e particolari della loro vita. A partire da questi” sollecitatori personali”, i ragazzi hanno cominciato a raccontarsi, hanno poi trascritto le storie a casa, come ha fatto Mariam.
In questa foto ero ancora in Egitto, avevo 5 anni. Ero molto contenta di farmi fotografare, in quel momento ero più allegra del solito. Avevo una gonna di colore rosso che ho ancora, ma è rimasta in Egitto. In Italia, ho questa foto come ricordo dell’Egitto. In quel momento ero con la mia famiglia e tutti si sono fatti fare una foto da un signore. L’altra foto che ho qui, fatta in Egitto, è quella con la mia classe della prima elementare (Mariam).
I ragazzi sono stati sollecitati a narrare di sé anche grazie alle immagini delle caselle del Gioco dell’oca autobiografico contenuto nel testo “Alfabeti interculturali”, curato da Graziella Favaro. Le 45 caselle tematiche di questo gioco spingono i giocatori a raccontare fatti o vissuti che non avrebbero mai rievocato senza lo stimolo di questo splendido gioco. La casella delle ninne nanne e delle filastrocche ha permesso ad alcune ragazze di cantare e recitare, vincendo la soggezione, canti nella loro lingua madre, canti che hanno destato molto interesse e stupore nei compagni.
Le scatole dei ricordi
Il racconto autobiografico è stato incoraggiato anche dalla narrazione della propria “scatola della vita”: una scatola realizzata a casa, ricercando e disponendo in modo personale e creativo gli elementi, gli oggetti, che potessero connotare la propria personalità e la propria storia. Ho mostrato ai ragazzi una scatola realizzata da me e da due loro coetanee e “mi sono raccontata”. Poi li ho incitati a costruirne una che raccontasse di loro. Avere una propria scatola dei ricordi da cui partire ha permesso anche ai ragazzi più timidi e meno disponibili a parlare di sé, a farlo. È stato sicuramente un lavoro di ricerca personale molto importante con esiti diversi a seconda della maturazione individuale. Il lavoro di personalizzazione di ogni scatola ha stimolato la creatività dei ragazzi e delle ragazze dando luogo alla realizzazione di scatole originali e interessanti da guardare e da scoprire. La narrazione di ogni singolo studente è stata registrata ed è diventata racconto biografico trascritto dall’insegnante conduttrice.
Dopo i vari esercizi narrativi, i ragazzi hanno lavorato in coppie. Un compagno raccontava all’altro vissuti legati a temi come: “un viaggio “, “i nonni”, “le persone care”. Ogni ragazzo ha ascoltato il racconto dell’altro e lo ha trascritto, cercando di mettersi nei panni del suo compagno.