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Life skills e competenze chiave
Il tema delle competenze è diventato centrale anche nel curricolo 0-6 a partire da alcuni documenti ufficiali.

Un primo documento, emanato dall’OMS nel 1993, definisce le skills for life “quell’insieme di abilità sociali, cognitive e personali che consentono di affrontare positivamente le richieste e le sfide che ci riserva la vita quotidiana”. Tali competenze riguardano ambiti diversi, ma fortemente intrecciati tra loro: nell’area emotiva troviamo la consapevolezza di sé, la gestione delle emozioni e la gestione dello stress; in quella relazionale la comunicazione e le relazioni efficaci; in quella cognitiva la capacità di risoluzione di problemi, di prendere decisioni, il pensiero critico e quello creativo.
Successivamente il Parlamento Europeo ha emanato due Raccomandazioni (la prima del 2006 e la seconda, rielaborata, del 2018, cui faremo qui riferimento) nelle quali vengono elencate otto competenze chiave ritenute “necessarie per la realizzazione personale, la cittadinanza attiva, la coesione sociale e l’occupabilità in una società della conoscenza”.
La competenza viene definita come “una combinazione di conoscenze, abilità e atteggiamenti”, intendendo le conoscenze dei saperi codificati, le abilità la capacità di “eseguire processi e applicare le conoscenze per ottenere dei risultati” e gli atteggiamenti “la disposizione ad agire o reagire a idee, persone o situazioni”.
UNA SCUOLA NON “TRADIZIONALE”
A partire da queste premesse si può affermare che una scuola orientata allo sviluppo delle life skills e delle competenze europee presenta caratteristiche piuttosto differenti da quella che nel linguaggio comune viene chiamata “scuola tradizionale”.
Non è una scuola nozionistica, in quanto le conoscenze costituiscono solo un aspetto necessario, ma non sufficiente a caratterizzare la competenza.
Non è una scuola “trasmissiva”, in quanto per lo sviluppo delle competenze non basta né la comprensione astratta di fatti e idee, né l’esercizio di abilità mirate a obiettivi puntuali e, soprattutto, perché richiede di mettere conoscenze e abilità al servizio della soluzione di problemi contestuali e imprevisti.
È una scuola che valorizza il dialogo, lo scambio di conoscenze tra pari, la partecipazione degli allievi al loro percorso di apprendimento.
Una scuola che lavora “per competenze” deve adottare forme di didattica laboratoriale, di apprendimento cooperativo e per problemi
Nelle Indicazioni nazionali per la scuola dell’infanzia del 2012 e nelle più recenti Linee guida per il sistema integrato 0/6 del 2021, queste tematiche trovano indicazioni precise e preziose, declinate in relazione alle caratteristiche e alle potenzialità dei bambini e dello sviluppo infantile da 0 a 6 anni. Va detto che i nidi e le scuole dell’infanzia, nelle loro finalità, negli approcci educativi utilizzati, nelle modalità di relazione adottate, sono già da tempo orientati allo sviluppo di competenze, piuttosto che di conoscenze e alla rilevazione/allestimento di situazioni di esperienza che sostengano e sollecitino le curiosità dei bambini, le loro capacità costruttive, riflessive e collaborative avviandoli a quelle conquiste indicate come finalità prioritarie dei curricoli infantili.
Le realtà educative 0-6 hanno il prezioso compito di sostenere e promuovere autonomia, identità, competenze e cittadinanza
DA CHE COSA PARTIRE?
Ecco gli aspetti più rilevanti da segnalare ricavabili dai documenti citati:
- l’importanza di un approccio olistico, che non separa l’esperienza del bambino in settori, ma è attento a sostenere contemporaneamente, in ciascuna delle proposte e delle situazioni della quotidianità, le dimensioni cognitive, affettive e sociali;
- l’indissolubilità di cura ed educazione nei primi anni di vita, così rilevante per l’acquisizione di un senso di padronanza psicofisica e la percezione di un sé di valore;
- l’attenzione allo stretto intreccio tra dimensione cognitiva e affettiva;
- la valorizzazione del gioco come libera esplorazione del mondo esterno, espressione di quello interno, fonte di gioia, coinvolgimento e condivisione;
- l’interazione con i compagni, che conduce a scambi, negoziazioni, e all’acquisizione di un primo senso delle regole;
- l’incontro con i saperi del mondo adulto (arte, libri, narrazioni, danza, musica, scienza ecc.) che educatori e insegnanti utilizzano, non introducono, per ampliare, arricchire, dare significato agli interessi, alle domande, alla curiosità dei bambini;
- le prime forme di “cittadinanza democratica”, che si manifestano nella collaborazione, nello scambio sociale della conoscenza, nel dialogo e nella discussione;
- la promozione delle potenzialità di ciascun bambino e bambina a partire dal riconoscimento del loro protagonismo (“il bambino al centro”) come co-costruttori del proprio processo di crescita;
- l’allestimento di un ambiente accogliente, ricco di possibilità e di esperienze;
- l’attenzione alla singolarità di ciascuno, alle sue doti personali, ai suoi bisogni secondo una prospettiva inclusiva che “non fa parti uguali tra disuguali”.
CAMPI DI ESPERIENZA E SVILUPPO DELLE COMPETENZE
Ma se le realtà educative 0/6 sono per tradizione nell’alveo di questo orientamento, rimane tuttavia in sospeso una questione relativa al rapporto tra curricolo, “campi di esperienza” e sviluppo delle competenze, comprese le life skills.
Nelle Linee pedagogiche il curricolo viene definito in termini di “progettualità”, intesa come: “la definizione di un percorso che, partendo da scelte valoriali e dall’identificazione di finalità educative esplicite, tiene conto dei destinatari (i bambini), dell’ambiente socio-culturale” e delle “direzioni di sviluppo da intraprendere lungo il percorso”, secondo un’idea di sviluppo non lineare né standardizzato, ma che ha luogo in un processo teso a dare significato, connettere e arricchire le esperienze dei bambini.
In questa prospettiva si parla dei “campi di esperienza” come “quadri culturali a disposizione degli educatori/insegnanti, per interpretare e amplificare le esperienze dei bambini”, non come primi approcci disciplinari.
Un’erronea, ma purtroppo ancora diffusa concezione di tali campi li considera come ambiti di specifiche attività finalizzate allo sviluppo di conoscenze e abilità puntuali, a ciascuno dei quali vanno dedicati tempi e spazi ad hoc a partire da proposte dell’adulto mirate al raggiungimento di obiettivi specifici.
UN CAMBIAMENTO DI PROSPETTIVA
È invece all’interno dell’intero ambiente fisico, relazionale e sociale, intenzionalmente allestito, insieme a percorsi che prendono spunto da osservazioni, curiosità, domande dei bambini e si strutturano ed espandono attraverso l’accompagnamento di un adulto competente e acculturato, che i bambini sviluppano quelle competenze e quelle life skills così importanti per la loro crescita:
- imparare a “star bene insieme” e a collaborare, sostenendo la fiducia in sé stessi e nelle proprie capacità;
- comprendere il significato delle regole attraverso la negoziazione e il confronto costruttivo, ponendo così le basi per la partecipazione a forme di “cittadinanza attiva”;
- diventare sempre più consapevoli e padroni delle proprie emozioni, sviluppare forme di pensiero orientato alla soluzione di problemi a partire da osservazioni e domande;
- usare il linguaggio per una pluralità di funzioni e secondo registri differenti attraverso il dialogo con l’adulto e i compagni;
- apprezzare la musica, l’arte, la danza, il racconto e altre attività espressive esplorandole sia come fruitori sia come esecutori;
- imparare a imparare dedicandosi ad apprendimenti significativi con impegno e perseveranza.
Lo sviluppo delle competenze e delle life skills è il compito primario delle realtà educative 0-6, che può essere perseguito solo adottando quello specifico approccio olistico, inclusivo, orientato alla cooperazione, allo sviluppo di forme di pensiero convergente e divergente, alla promozione dei diversi linguaggi dei bambini.
I saperi adulti (i “sistemi simbolico-culturali”) devono essere guide nella mente dell’insegnante e non quadri di riferimento da cui far scaturire i primi apprendimenti