<blockquote>
Sapersi porre domande adeguate al contesto rappresenta un aspetto di competenza fondamentale da mobilitare durante tutto il processo risolutivo di un problema
</blockquote>

<ul>
	<li style="text-align:justify">Corno, D. (1990). &ldquo;La comprensione vista da vicino&rdquo;. Italiano &amp; Oltre, 5, 225-227.</li>
	<li style="text-align:justify">Demartini S., Sbaragli S. (2019). &ldquo;La porta di entrata per la comprensione di un problema: la lettura del testo&rdquo;. Didattica Della Matematica. Dalla Ricerca Alle Pratiche d&rsquo;aula, (5), 9 - 43.</li>
	<li style="text-align:justify">Polya, G. (1983). Come risolvere i problemi di matematica. Milano: Feltrinelli.</li>
	<li style="text-align:justify">Schoenfeld, A. H. (1992). &ldquo;Learning to Think Mathematically: Problem Solving, Metacognition, and Sense Making in Mathematics&rdquo;. In Douglas, A. G. (Ed.). Handbook of Research on Mathematics Teaching and Learning. A project of the National Council of Teachers of Mathematics. New York: Macmillan Publishing Company.</li>
</ul>

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scopri il progetto giunti scuola <a href="https://www.giuntiscuola.it/progetto-problemi-al-centro" target="_blank">problemi al centro</a>

&Egrave; importante impostare un lavoro didattico basato sull&rsquo;abituare bambine e bambini a porsi domande quando si confrontano con un testo da comprendere e, nel caso specifico di un problema, eventualmente da risolvere. Infatti, spesso gli allievi non sono consci dell&rsquo;importanza di tale aspetto che, se interiorizzato, assume le caratteristiche di una procedura automatica da attivare quando affrontano una qualsiasi nuova situazione.

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Quattro fasi di risoluzione di un problema

George Polya (1983), uno dei pi&ugrave; grandi studiosi della teoria del problem solving, analizza puntualmente la risoluzione di un problema identificando le seguenti quattro principali fasi nell&rsquo;azione di risoluzione:

<ol>
	<li style="text-align:justify">la comprensione del problema, per cui &egrave; necessario conoscere chiaramente quanto richiesto;</li>
	<li style="text-align:justify">la compilazione di un piano che prevede la scoperta dei legami che intercorrono fra le varie informazioni, fra i dati e l&rsquo;incognita;</li>
	<li style="text-align:justify">lo sviluppo di un piano che comporta l&rsquo;applicazione di regole, algoritmi e procedure;</li>
	<li style="text-align:justify">la verifica del risultato, per cui si richiede di esaminare la soluzione ottenuta e di procedere alla verifica e alla discussione.</li>
</ol>

Per l&rsquo;autore queste fasi non si susseguono in maniera lineare, ma secondo un ciclo iterativo che si ripete, nel quale il risolutore si muove alla ricerca della soluzione. Il passaggio da una fase all&rsquo;altra non avviene per tutti allo stesso modo: c&rsquo;&egrave; infatti chi si sofferma maggiormente su una fase e chi su un&rsquo;altra.

In questi passaggi si nota per&ograve; qualcosa di costante: tali fasi sono sempre accompagnate da domande chiave che il &ldquo;bravo solutore&rdquo; di problemi si pone in modo spontaneo, cos&igrave; da stimolare le operazioni mentali utili per la risoluzione (per esempi di domande si veda ultimo paragrafo).

Tali domande si susseguono con una certa regolarit&agrave; in corrispondenza di momenti diversi del processo risolutivo.

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Leggere e analizzare per organizzare informazioni

Anche Schoenfeld, nel suo celebre studio del 1992 basato sull&rsquo;osservazione del comportamento di soggetti durante la risoluzione di problemi, parla dell&rsquo;importanza del porsi domande. Per l&rsquo;autore i &ldquo;bravi solutori&rdquo; non passano subito all&rsquo;azione, ma usano parte del tempo per leggere e analizzare il testo, ossia per riflettere e organizzare le informazioni reperite, ponendosi varie domande del tipo: &ldquo;Che cosa sto facendo?, Perch&eacute; lo sto facendo?, Che cosa me ne faccio di questo risultato?, ecc.&rdquo; e decidendo come procedere di conseguenza.

In particolare, Schoenfeld sottolinea come la differenza principale tra il &ldquo;buon&rdquo; e il &ldquo;cattivo solutore&rdquo; &egrave; relativa alle domande che il soggetto si pone durante la risoluzione, domande che sono il frutto di un&rsquo;efficiente attivit&agrave; metacognitiva e, cio&egrave;, della capacit&agrave; di riflettere su ci&ograve; che si sta facendo e su come lo si sta facendo.

Ma che cosa &egrave; possibile fare con coloro a cui non viene spontaneo porsi domande?

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Stimolare la produzione di domande

&Egrave; possibile impostare un percorso incentrato su domande da porre e da porsi quando si affronta un problema di matematica alle quali cercare di dare risposta, cos&igrave; da sensibilizzare bambine e bambini sull&rsquo;importanza di acquisire tale competenza (Demartini e Sbaragli, 2019). Inizialmente le domande possono essere poste direttamente dal docente, pensate in modo da far cogliere il significato del testo in profondit&agrave; e analizzare in senso critico ci&ograve; che si sta facendo, collegando opportunamente le informazioni, integrandole o inferendone di ulteriori.

<ul>
	<li style="text-align:justify">Domande per comprendere dopo una prima lettura: &ldquo;Di che cosa parla il testo? Sai dire che cosa ti chiede di fare? Sai scrivere con parole tue la situazione descritta? Hai gi&agrave; vissuto una situazione simile? Hai dubbi sul significato di qualche parola, frase o formula? Che informazioni numeriche/geometriche sono presenti nel testo? Hai incontrato informazioni matematiche che non conosci? Secondo te nel testo manca qualche informazione importante? Ecc.&rdquo;.</li>
	<li style="text-align:justify">Domande per approfondire la comprensione: &ldquo;Chi &egrave; il protagonista/chi sono i protagonisti di questo testo? Che cosa deve/devono fare? Perch&eacute; il personaggio X ha bisogno di&hellip;/dice&hellip;? Che cosa significa la parola matematica XXX o il simbolo YYY?, Che cosa rappresenta questa figura o questo grafico?, Quali relazioni ci sono tra questo testo e questo/a grafico/figura?, Perch&eacute; ti viene fornita una certa informazione? &Egrave; utile per risolvere il problema? Ecc.&rdquo;.</li>
	<li style="text-align:justify">Domande legate al processo risolutivo: &ldquo;Che cosa mi aspetto di ottenere da questo procedimento? Sto adottando la procedura pi&ugrave; efficace? Ha senso questo risultato rispetto alla richiesta posta nel testo? Era ci&ograve; che mi aspettavo? Ecc.&rdquo;.</li>
</ul>

Nel tempo, le domande pian piano vengono interiorizzate da bambine e bambini, che, secondo la filosofia di Polya, arriveranno cos&igrave; a porsele da soli. Queste domande che ciascuno inizia spontaneamente a porsi durante la risoluzione di un problema, vanno inizialmente scritte, cos&igrave; da esplicitare e focalizzare ci&ograve; che stanno facendo. Inoltre, &egrave; possibile idearne di ulteriori, adeguate a contesti specifici, e rivolgerle ai compagni, per poi verificarne insieme le risposte e discuterne i vari aspetti.

La formulazione stessa delle domande ci dice infatti qualcosa di come il singolo sta affrontando il testo, poich&eacute;, sostengono gli studi, &ldquo;una persona capisce qualcosa se &egrave; in grado di formulare le domande adeguate rispetto alle cose che deve capire&rdquo; (Corno, 1990).

Un po&rsquo; alla volta, tramite un costante lavoro di sensibilizzazione al tema, bambine e bambini potranno diventare sempre pi&ugrave; consapevoli e competenti sul porsi domande e, quindi, cercare (e perch&eacute; no, trovare) risposte.

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Le domande per risolvere i problemi

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