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L’arte del tessere e del mettere in ricerca: un ricordo di Giancarlo Cerini

Parlava sempre bene della scuola e dava alle migliaia e migliaia di insegnanti che incontrava di continuo l’idea che il nostro è un mestiere, un professione alta, che chiede ricerca, fatica, impegno e dedizione, ma che ha un valore fondamentale nella società

di Franco Lorenzoni04 maggio 202113 minuti di lettura
L’arte del tessere e del mettere in ricerca: un ricordo di Giancarlo Cerini | Giunti Scuola

È difficile ricordare l’ispettore Cerini senza cadere nella retorica, perché Giancarlo ha dato e costruito talmente tanto per la scuola di base italiana che vengono alla mente delle iperboli delle quali lui avrebbe sorriso, con quel distacco ironico che esprimeva intelligenza e vicinanza a coloro a cui si rivolgeva.  

Cerini parlava sempre bene della scuola e dava alle migliaia e migliaia di insegnanti che incontrava di continuo l’idea che il nostro è un mestiere, un professione alta, che chiede ricerca, fatica, impegno e dedizione, ma che ha un valore fondamentale nella società.

Ha inventato un modo tutto suo di essere ispettore che varrà la pena di studiare, perché offre un esempio da diffondere. Sarebbe bello che nel formare tante nuove ispettrici e ispettori di cui la scuola ha bisogno, già dal prossimo concorso ci fosse una sorta di capitolo Cerini perché il suo modo di operare è un esempio di cui fare tesoro, se si vuole ripensare e migliorare la relazione tra il Ministero e le scuole sparse nei più diversi territori creando collegamenti fattivi. 

Cerini ha fatto bene alla scuola perché è stato innanzitutto un grande promotore culturale.  

Chiedo a una maestra che ha ascoltato tanti suoi interventi e dice che era serio, concreto, sincero, mai retorico, uno che dice quello che fa. 

Chiedo a un dirigente scolastico della sua terra e aggiunge: Giancarlo era propositivo, sempre un passo avanti, talvolta era difficile stargli dietro. 

La scrittura per le Indicazioni Nazionali

Per me rappresentava un esempio. Mi ha sempre colpito in lui l’insistenza e consistenza del suo impegno, che era incessante. Giancarlo non smetteva mai di lavorare. Nelle pause delle riunioni aveva sempre qualcosa da scrivere e anche ad agosto non smetteva mai di lavorare, mandando messaggi dalla sua pinetina romagnola. 

Ho avuto la fortuna di lavorare con lui per sei anni nel Comitato Scientifico per l’accompagnamento delle Indicazioni del 2012, costituito da Marco Rossi Doria quando era sottosegretario all’istruzione.

Del tempo in cui stava venendo alla luce la nuova versione delle Indicazioni Nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione, Rossi Doria ricorda “i giorni passati a limare quel testo di cui Giancarlo era stato redattore appassionato, meticoloso e sapiente”. Ricorda come, “ogni volta, le scelte delle parole diventavano l’artigianato pensato per i docenti nel loro lavoro concreto, quotidiano con chi sta imparando. Aveva la bussola ben chiara: ogni didattica può diventare innovativa se si procede, con pazienza e metodo, per sviluppo prossimale e lavorando insieme tra docenti, tra scuola e casa, tra scuole e territorio e terzo settore e enti locali, tra istituzioni e cittadini, tra chi opera e chi decide.

Ogni proposta di rete, ogni dispositivo giuridico o organizzativo, ogni didattica ha senso se è intimamente legato alla cura della relazione educativa nella classe, nella scuola e con ogni bambino e bambina, ragazzo e ragazza”. 

Il valore dell’accompagnamento

A me Giancarlo Cerini ha insegnato il valore dell’accompagnamento costruito con attenzione, perché il testo di una legge riesca a trasformarsi in pratica quotidiana capace di innovare la didattica, in un paese in cui spesso ci si limita a cambiare le parole ma non la sostanza, troppe riforme si fermano a metà e al Ministero non si riesce a debellare il vizio del ricominciare sempre da capo.

Ha redatto centinaia di circolari, leggi, indicazioni e linee guida fino alle ultime, preziose, scritte per lo zero-sei. Scriveva velocemente meglio di altri perché si allenava di continuo redigendo articoli ricchi di pensieri articolati, critiche, ragionamenti serrati, che sono e resteranno di ispirazione per tante e tanti insegnanti.

Ha scritto oltre cento libri, per lo più collettivi, perché amava mettere assieme idee e punti di vista diversi perché si arricchissero tra loro. 

Giancarlo era molto attento al linguaggio e non sopportava le semplificazioni di tanti commentatori che scrivono della scuola sui grandi giornali senza compiere l’umile fatica di informarsi.

Amava le parole come strumento concreto e fattivo di propagazione delle idee, le parole portatrici di cambiamento. Ma era troppo intelligente per fidarsi delle sole parole.

Sapeva che una parola genera trasformazione se è accompagnata dal corpo, dall’azione, dal gesto quotidiano e dunque dall’esempio. Per questo non si fermava mai alle parole.

Quando progettavamo la formazione intorno alle nuove Indicazioni più volte ha sintetizzato il senso del nostro lavoro sostenendo che bisognava tenere viva “la luna di miele tra scuole e Indicazioni Nazionali”. In quell’espressione c’era tutto Cerini. Pensare al rapporto tra una legge e un’istituzione come la scuola come a un tempo di amore è inusuale. E se entriamo dentro la metafora, scopriamo che Giancarlo evocava quella particolare forma di amore che si vive subito dopo il matrimonio. Non l’innamoramento cieco e appassionato, dunque, ma il tempo in cui lo slancio reciproco si fa promessa, durata, patto, costruzione quotidiana. E siccome il passaggio è periglioso, nella sapienza dei riti e della tradizione lo si inaugurava in viaggio, partendo per poi poter tornare alla fatica e alla bellezza della costruzione quotidiana.

Era quel viaggio che stava a cuore a Giancarlo. Il mettersi in viaggio insieme come promessa di una costruzione comune a cui dare durata nel tempo. E insieme, per lui che era stato maestro elementare, era una parola che gli stava particolarmente a cuore e che ha ricercato e promosso tutta la vita.

Giancarlo Cerini tessitore

Il modo con cui costruiva con cura ogni numero della sua “Rivista dell’Istruzione” mostra bene il suo operare perché l’arte che praticava maggiormente era quella della tessitura. Amava confrontare idee diverse e non si faceva spaventare dalle contraddizioni. Anzi, mettere in dialogo diversi approcci era spesso il suo principale obiettivo, il suo modo di affrontare la complessità. 

Penso ad esempio alla tensione tra cultori delle trasversalità e disciplinaristi, che lui cercava di far dialogare, o al modo in cui risolveva con un’immagine fulminante la contrapposizione, spesso capziosa, tra conoscenze e competenze. Conoscenze sono quelle che apprendiamo dentro l’aula – diceva – ma come usciamo dalla porta diventano competenze. Se non diventano competenze vuol dire che ciò che abbiamo imparato non lo abbiamo assimilato bene tanto da poterlo tradurre in interpretazione sensata del mondo o in azione efficace. 

A me piaceva molto ascoltarlo per la vivacità culturale e perché delle pratiche innovative della scuola di base e della sua lunga storia istituzionale sapeva praticamente tutto. Penso che a un certo punto, se ha trovato ostacoli nella sua carriera è perché sapeva troppo. E chi sa approfondire, ragiona con la sua testa, non si accontenta e dice sinceramente ciò che pensa spaventa spesso chi ha più potere che sapere.

Giancarlo era un grande estimatore degli Istituti comprensivi perché li riteneva luoghi ideali per le tessiture che proponeva. Tutte e tutti hanno infatti molto da imparare e insegnare quando si è capaci di curiosità reciproca, si ha il desiderio di mettersi in gioco e si può contare su dirigenti coraggiose e coraggiosi che sappiano fare della formazione momento di incontro e coesione del gruppo.

Le maestre di scuola dell’infanzia hanno infatti da insegnare l’accoglienza e la cura degli spazi e dei tempi; le maestre e i maestri della primaria la trasversalità, l’organizzazione del lavoro, il metodo; professoresse e professori della secondaria di 1° grado la sapienza e la passione per le discipline, che sono finestre attraverso cui guardare il mondo e la realtà. E quando si mettono in circolo questi saperi legati alle diverse esperienze tutti ci arricchiamo. 

Un ispettore politico nel senso più ampio

Giancarlo Cerini amava la politica ed era un mediatore nato, qualità fondamentale in un vero riformista, radicale ed esigente come lui , che nelle riforme non solo ci credeva, ma metteva tutte le sue energie per aprire varchi capaci di dare respiro a innovazioni sostanziali.

C’è un’espressione che racconta tanto di Giancarlo ed è stata ripetuta anche nell’ultimo webinar a cui ha partecipato, in cui presentava l’ultima grande opera collettiva che ha coordinato: la redazione delle Linee guida per lo zero-sei. Desiderava che quel documento suonasse come una “ballata popolare” e in questa espressione c’è tutta la sua Romagna e una idea affascinante della politica come intreccio tra idee lungimiranti, che prendono forma nell’ascolto reciproco, e leggi che, pur arrivando dall’alto, incontrano e si intrecciano a spinte dal basso perché è dallo sperimentare concreto di tante e tanti che provengono. La sua arte di mettere in ricerca aveva sempre come obiettivo il dare corpo, gambe e respiro all’innovazione.

Desidero concludere questo ricordo di un amico che mi ha dato e ci ha dato tanto con un piccolo racconto inventato dal nostro Ispettore, che sento come una eredità da non tradire.

Quando il governo Conte 2 convocò gli stati generali e incaricò Vittorio Colao di redigere un progetto di riforme, poiché riteneva che sulla scuola ci fossero solo poche affermazioni generiche si inventò la storia di un certo G.C., dove G sta per giardiniere, “che aveva ritrovato casualmente nei giardini di Villa Panfili (ove si stavano svolgendo gli Stati Generali) un plico con dieci schede relative ai temi della scuola perdute dal dottor Colao. Chissà se le dieci schede ritrovate (ma sarà vero?) nei pressi del Casino del Bel Respiro sono autentiche o sono un semplice esercizio di fantasia. Comunque hanno una loro fondatezza e sono accompagnate da obiettivi precisi e dal budget necessario. Un esercizio di concretezza sul futuro della scuola, che potrebbe essere di buon auspicio”. 

Queste le parole scherzose con cui presentava le sue proposte ben meditate. 

Dieci schede ritrovate da non dimenticare

Le 10 schede pongono altrettante questioni cruciali e, poiché il Ministro Bianchi ha affermato che “il modo migliore per ricordare Giancarlo Cerini sta nel continuare insieme il suo lavoro”, ecco i punti che ci dobbiamo impegnare a tenere presenti.

1. Rinnovare il patrimonio edilizio perché tutta la scuola dovrebbe caratterizzarsi per la qualità dei suoi ambienti. 

2. Un asilo nido (quasi gratuito) per tutti i genitori che lo chiedono. 

3. Istruzione tecnico-superiore (ITS) alla tedesca. 

4. Tempo pieno per tutti nella scuola di base da estendere in forma di percorsi opzionali e integrativi con un più ampio ricorso alla dimensione operativa e laboratoriale, sapendo personalizzare ed essenzializzare i curricoli. 

5. Le scuole secondarie superiori come “campus”. Ogni scuola superiore dovrebbe assumere la veste di un polo o campus, ove attorno ad un asse culturale visibile (scientifico, umanistico, tecnologico, sociale, linguistico, ecc.) siano presenti diversi percorsi (brevi, intermedi, lunghi) con sbocchi verso l’università o verso la formazione professionale, accompagnando gli allievi nelle loro scelte. 

6. Disabilità e scuola inclusiva, prefigurando anche l’idea di introdurre la cattedra mista: metà sostegno, metà docenza ordinaria.

7. Un profilo professionale elevato per i docenti con un percorso di formazione iniziale che preveda una integrazione di preparazione disciplinare, pedagogica e di tirocinio sul campo.

8. Autonomia scolastica da rilanciare. Va incentivata la possibilità delle scuole di stipulare accordi di rete, per contrastare una visibile deriva competitiva e autarchica delle scuole autonome, con la possibilità di affrontare insieme (network management) gli aspetti più salienti della vita scolastica: integrazione, disabilità, intercultura, formazione, autovalutazione.

9. Ripensare i saperi e i curricoli. Si tratta di coniugare conoscenze dichiarative e conoscenze procedurali in vista di una consapevole acquisizione di competenze utili per lo studio, lo sviluppo personale e, un domani, il lavoro. Ogni allievo, a partire dai 14 anni, dovrebbe essere abituato a costruirsi un personale curriculum di studi ove documentare le esperienze formative svolte, anche in forme differenziate.

10. Cosa metteremo infine nello zainetto dello studente

Un tempo per vivere, un tempo per giocare, un tempo per studiare. La dimensione del tempo rappresenta una variabile decisiva per l’apprendimento, sia per favorire i diversi stili di studio dei ragazzi, sia per offrire una pluralità di stimoli e occasioni culturali. Il tempo scuola dovrà essere integrato, “lungo” e protettivo nei primi anni (scuola dell’infanzia e primi anni delle primarie) per favorire l’unitarietà della giornata educativa e poi, via via, si articolerà in occasioni più flessibili e opzionali, anche in rapporto con le diverse occasioni offerte dall’extrascuola, offrendo però una regia pubblica dell’offerta formativa. L’arricchimento dell’offerta formativa potrebbe essere accompagnato da una proposta “forte” e “visibile” di esperienze formative per tutte le ragazze e ragazzi:

 – un corso di educazione musicale (uno strumento in regalo ad ogni allievo che entra in prima elementare);

– un corso pre-sportivo per ogni allievo (in collaborazione con società e federazioni);

– un utilizzo attivo del digitale (un tablet o note book, ad ogni allievo che entra in prima media);

– una certificazione di lingua ed un viaggio all’estero (nel corso del ciclo superiore);

– uno stage lungo presso una azienda, un servizio, un centro di ricerca (a 18 anni). 

Giancarlo Cerini, che a ciascuna di queste schede perdute aveva allegato una previsione di budget, definì questo suo programma ambizioso, ma tangibile.

Credo stia a noi che gli siamo stati amici e a tutte e tutti coloro che hanno riconosciuto e apprezzato la sua lungimiranza assumere questa eredità e far sì che non resti solo un sogno.


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