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Intercultura è partecipazione. Percorsi di genitorialità attiva in una scuola grande come il mondo
Lavorare con i bambini dell’infanzia e della primaria sull’intercultura significa lavorare anche sulle famiglie, sul contesto, sul territorio. L'esperienza della scuola "Pisacane" di Roma, raccontata da Maria Coletti.
La Scuola Internazionale "Pisacane" e l’Associazione Pisacane 0-11
La scuola "Carlo Pisacane" di Roma – nel popolare e multietnico quartiere di Tor Pignattara - ha un forte carattere interculturale grazie alla presenza di italiani di “seconda generazione”. Bambini e bambine provenienti da 18 diversi paesi del mondo sono presenti nella scuola che è diventata un luogo di incontro, inclusione e inte(g)razione.
Intorno al 2000, con l'arrivo cospicuo delle nuove comunità migranti, in particolare bengalesi e cinesi, le famiglie italiane avevano abbandonato la scuola, anche a causa delle accuse mediatiche di «scuola ghetto», ma dal 2009-2010 (grazie all’impegno della scuola e al sostegno di associazioni e artisti amici, come l’associazione Asinitas e il documentario Una scuola italiana di Angelo Loy) sono tornate ad iscriversi in massa ed ora il rapporto fra famiglie italiane e di origine straniera è tra il 50% (nuove iscrizioni) e il 75% (ultime classi della primaria). Senza contare che italiani non si nasce, ma si diventa : finché non ci sarà una nuova legge sulla cittadinanza in grado di superare lo ius sanguinis e introdurre lo ius soli (assoluto o temperato che sia), saranno considerati stranieri bambini e bambine che in realtà sono nati in Italia e qui vivono e studiano.
La Scuola Internazionale Pisacane (come ci piace chiamarla) è divenuta negli anni un importante presidio culturale e un grande esempio di convivenza e di valorizzazione delle differenze , grazie alla didattica d’avanguardia e di qualità offerta dal personale docente ed anche alla partecipazione attiva dei genitori. L’Associazione Pisacane 0-11 è stata creata nel 2013 dai genitori della scuola "Carlo Pisacane" (infanzia e primaria) per favorire l'inclusione sociale, l'intercultura e l'interazione fra le famiglie e il quartiere ed organizza innanzitutto corsi pomeridiani ed eventi culturali.
Mano nella mano: intercultura come percorso a doppio senso
Accoglienza, partecipazione, apertura al territorio sono le tre caratteristiche principali della scuola Pisacane di Roma: lavorare con i bambini dell’infanzia e della primaria sull’intercultura significa lavorare anche sulle famiglie, sul contesto, sul territorio. Soprattutto significa lavorare, anche dal punto di vista di noi genitori, per la formazione di una comunità educante , del senso di appartenenza e di cittadinanza attiva, che riguardano tutti e tutte i bambini e le bambine, sia chi è nato in Italia sia chi ha origine straniera.
Parlando di inte(g)razione, forse è il caso di togliere quella «g» di troppo e concentrarsi sull ’interazione . Non ha più molto senso (e forse non l’ha mai avuto) lavorare solamente sui bambini e sulle bambine di origine straniera, ma è necessario lavorare con tutta la comunità scolastica sulla valorizzazione delle differenze. Favorire percorsi e attività che riguardano tutti e tutte i bambini e le bambine, sia chi è nato in Italia sia chi ha origine straniera.
Vorrei portare come esempio positivo di questo percorso la festa per la Giornata di azione globale contro il razzismo e per i diritti dei migranti del 18 dicembre, che si svolge alla Pisacane dal 2012, che è diventato un evento attesissimo da bambine e bambini, da maestre e genitori, come momento fondante e catalizzatore delle energie positive della scuola e della comunità, a proposito di riflessione sulle migrazioni, sull’accoglienza e sulla valorizzazione delle diversità. Un momento di messa in valore delle qualità intrinseche della nostra scuola: lotta al razzismo, educazione al rispetto, all’accoglienza e al valore delle diversità e della convivenza. Si lavora insieme : genitori, docenti, realtà del territorio.
Il tema affrontato nel 2015/2016 – “ Le città (in)visibili. Luoghi e identità fra passato e presente ” – vuole aiutarci a (ri)scoprire insieme alle bambine e ai bambini della scuola "Pisacane" la Storia/le storie nascoste in ogni persona, in ogni strada, in ogni quartiere, in ogni città. Memorie spesso sepolte che hanno dato forma al presente e che, riscoprendole e raccontandole, ci aiutano a collegare luoghi e storie apparentemente lontani e a capire che le nostre identità, come le culture, sono il frutto di incroci, scambi, contaminazioni. E che, come scriveva Italo Calvino: «D'una città non godi le sette o le settantasette meraviglie, ma la risposta che dà a una tua domanda».
Per questa nuova avventura, abbiamo cercato di offrire più momenti di incontro e riflessione , prima e dopo il 18 dicembre, e di rivolgerci non solo ai bambini e alle bambine (con i laboratori per le classi, in orario scolastico), ma anche ai genitori e alle famiglie, con alcune proiezioni di film e presentazioni di libri pomeridiane, iniziate a novembre 2015 e che continueranno fino a maggio 2016. Perché lavorare sul valore della convivenza e sul rispetto delle diversità ci riguarda, tutti e tutte.
La festa del 18 dicembre. Due esempi di laboratori interculturali trasversali, per bambini dell’infanzia e della primaria, svolti nel 2013 e nel 2014
In “Mare madre. I bambini e le bambine incontrano Zakaria” (2013), il rifugiato somalo, giornalista e cineasta Zakaria Mohamed Ali ha raccontato e “messo in scena” come in un messaggio nella bottiglia, per i bambini dell’infanzia e delle prime classi della primaria, il proprio viaggio attraverso il deserto e il mare , rivivendolo insieme a loro, e facendo vedere alle quarte e quinte anche il suo documentario girato a Lampedusa ( To Whom It May Concern ). Zakaria narra ai bambini la sua storia, il suo viaggio, spiega cosa significa per lui “partire e accogliere”, attraversare il mare e pensare all’incontro con l’altro; anche leggendo una fiaba della propria infanzia, che lo ha aiutato nel suo viaggio.
Prima di incontrare Zakaria, con le classi dell’infanzia abbiamo letto il libro Giordano del faro , lasciato messaggi nelle bottiglie e creato un gioco con barche per mettere in scena l’attraversamento del mare e lo scambio dei messaggi. Poi, sull’ Atlante di Peters , Zakaria ha portato con lui nel viaggio i bambini e le bambine dell’infanzia e della primaria.
Tante le domande sollevate: “Come hai fatto senza acqua?”, “C’erano gli animali feroci nel deserto?” (scuola dell’Infanzia); “Ma non potevi prendere l’aereo?”, “Anche i miei zii hanno attraversato il mare…” (scuola primaria).
In “Le parole per stare insieme” (2014) partendo dai libri Piccolo Frank architetto , La falsa nota di Nyambè e Gli altri abbiamo ragionato su cosa significa vivere in una città e sulle parole/concetti che esprimono meglio l’idea della convivenza felice, dell’incontro nella diversità, del rispetto di ogni identità. V ivere insieme significa anche abitare la città , ognuno con le città invisibili che si porta dentro, i paesi di origine, i luoghi da cui veniamo o quelli che conserviamo nel cuore. Ogni classe ha realizzato due elaborati/costruzioni: “Per stare insieme ci vuole…” (con le parole venute fuori durante l’incontro e che sono appese su alberi di legno come foglie, uccelli e altri animali) e “La mia città è fatta di…” (con le foto o le immagini che ogni bambino/a ha portato da casa come simbolo della propria città di origine o della propria famiglia).
Prima dell’incontro, ogni classe ha preparato una grande sagoma di casa, per essere poi “abitata” dalle foto/immagini portate dai bambini (sulla casa, incollate o appese a fili). La città dei bambini e delle bambine alla fine ha preso forma.