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	<li>Fantozzi, D. (2022). Progettare per traiettorie inclusive. Fra qui pro quo e pregiudizi. Milano: Guerini e Associati, pp.37-52</li>
	<li>Dewey, J. (1949). Scuola e societ&agrave;. Firenze: La Nuova Italia.</li>
	<li>Trisciuzzi, L. (1993). Manuale di didattica per l&rsquo;handicap. Bari: Editori Laterza.</li>
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Variet&agrave; di bisogni e tanti stili di apprendimento

Si tratta di rivoluzionare il &ldquo;posizionamento&rdquo; temporale del sapere, saper fare e saper essere: ci&ograve; che la scuola deve avere ben chiaro all&rsquo;orizzonte &egrave; il saper essere, ovvero quale bambino, quale persona, vorrebbe contribuire a formare.

Il processo da attivare si incarna nel saper fare, quindi nella ricerca costante e irrinunciabile della concretezza, dell&rsquo;esperienza, del learning by doing, ma anche del teaching by doing.

Infine, se saremo stati capaci di credere in tutto ci&ograve; e di riuscire a motivare e stimolare la naturale curiosit&agrave; dei bambini, ci ritroveremo a constatare che indirettamente, ma con precisione e affidabilit&agrave;, i nostri alunni avranno acquisito anche i saperi, ovvero i contenuti disciplinari.

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Ancora troppo frequentemente ci imbattiamo nelle difficolt&agrave; del corpo docente che, pur avendo ottime competenze metodologiche e pur continuando ad aggiornare e a costruire costantemente la propria professionalit&agrave; per il coinvolgimento di tutte e tutti, lamenta barriere nella vita scolastica quotidiana; barriere che si frappongono fra la volont&agrave; di voler procedere con azioni didattiche pedagogicamente orientate verso l&rsquo;inclusione e la realizzazione di questo anelito.

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Proposte didattiche per tutte e tutti

La possibilit&agrave; di individuare le proposte didattiche in maniera tale che esse possano rispondere alla classe intera (e non solo a una parte) &egrave; rintracciabile nel far emergere tutte le competenze che intendiamo sviluppare nei ragazzi dalle occasioni di vita che realmente si presentano, stimolando cos&igrave; la loro curiosit&agrave; e proponendo, laddove possibile, una didattica del &ldquo;fare&rdquo;.

La creativit&agrave; e la professionalit&agrave; del docente si manifestano nel saper dimostrare che &egrave; proprio nella concretezza dell&rsquo;azione didattica che possiamo scoprire, ritrovare la necessit&agrave; di tutti i concetti teorici, andando a ridurre &ndash; se non addirittura ad annullare &ndash; quella scollatura talvolta considerevole fra le competenze disciplinari e quelle metodologico-didattiche dei docenti, ma anche fra le competenze e le conoscenze che vorremmo sviluppare nei bambini e nelle bambine.

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Il primo aspetto, fondamentale, consiste nel lasciar dialogare discipline diverse fra loro, lavorando sul piano interdisciplinare. Ci&ograve; implica il dover partire dalla situazione, dal contesto, e non dai contenuti (che emergeranno spontaneamente durante il processo).

Nuove evidenze ci chiedono di rimodellare le proposte didattiche affinch&eacute; la scuola possa rispondere ai bisogni reali: proposte graduali, chiarezza visiva, misure dispensative, strumenti compensativi, tecnologie di supporto, piani didattici personalizzati, individuazione degli obiettivi minimi, costruzione e monitoraggio effettivo di un Progetto di Vita, devono assumere un ruolo cardine per la scuola di tutte e tutti.

Scovare le metodologie, gli argomenti e le proposte per dare corpo ai contenuti disciplinari &egrave; la sfida che la scuola deve vincere, affidandosi a percorsi di ibridazione, di sconfinamento, di meticciamento, capaci di interpretare la realt&agrave; nella sua complessit&agrave;.

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Interdisciplinarit&agrave;, gradualit&agrave;, compiti di realt&agrave;, individuazione degli obiettivi minimi, devono avere un ruolo cardine per una scuola di tutte e tutti

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Un simile scenario chiede ai docenti di muoversi dinamicamente nell&rsquo;universo delle metodologie didattiche da scegliere affinch&eacute; ciascun alunno, e ciascuno insieme a tutti, possa procedere verso i propri personalizzati traguardi di competenza.

La complessit&agrave; che si delinea &egrave; sintetizzabile nella gestione di una classe che potremmo decidere di definire problematica, e quindi difficile; oppure ricca di variabili, e quindi interessante.

Se restiamo avviluppati nella prima definizione ci precludiamo ogni tipo di iniziativa pedagogica e scegliamo, pi&ugrave; o meno consapevolmente, di offrire un unico stile di insegnamento.

Se invece ci lasciamo affascinare dalla seconda opzione, allora possiamo intraprendere un viaggio nella complessit&agrave; e nell&rsquo;eterogeneit&agrave;, che non vanno sottovalutate, ma devono diventare una risorsa da valorizzare.

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Quali aspetti da tenere presenti?

La classe eterogenea: una risorsa da valorizzare

Imparare facendo, insegnare facendo

Una delle motivazioni pi&ugrave; diffuse &egrave; data dalla molteplicit&agrave; dei bisogni che si manifestano in una classe: bambini con disabilit&agrave;, con Disturbi Specifici di Apprendimento (DSA), con iperattivit&agrave; e/o disturbi dell&rsquo;attenzione, bambini che provengono da altre nazionalit&agrave;, bambini con situazioni socio-ambientali particolari tali da generare fragilit&agrave; e richiedere attenzioni specifiche.

La variet&agrave; delle nostre classi e la loro eterogeneit&agrave; non &egrave; determinata solo da bisogni specifici, ma anche dal fatto che ciascun bambino e bambina impara secondo il proprio stile di apprendimento.

Queste sono le classi italiane, questo il contesto all&rsquo;interno del quale si muove, ogni giorno dell&rsquo;anno, l&rsquo;insegnante della nostra scuola.

Questo &egrave; tuttavia anche il panorama di cui si fregia la scuola italiana, ritenuta dal resto del mondo un modello da imitare per quanto concerne i processi inclusivi.

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Sviluppare le competenze facendo leva sulle occasioni di vita reali, sulla curiosit&agrave; e proponendo una didattica del &ldquo;fare&rdquo;
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Imparare tutte e tutti

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