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I punti critici della morfologia italiana: suggerimenti didattici
La morfologia italiana ha diversi punti critici e uno di questi è il sistema dei pronomi personali. Sarà pertanto opportuno che la didattica attivi una costante consapevolezza riflessiva sull’intreccio di forme e funzioni che ne regolano gli usi
Fra le tante considerazioni generali sulla riflessione linguistica, già precedentemente illustrate, ci limitiamo qui a ricordare che la considerazione esplicita dei fatti più formali aiuta l’apprendente di L2 a fissare e riutilizzare in modo appropriato gli elementi e le regole della lingua di apprendimento.
Se infatti per un ragazzo italofono può essere forse ininfluente distinguere un pronome personale soggetto da uno complemento diretto, visto che sa che si dice “Posso stare accanto a te?” e non direbbe mai “Posso stare accanto a tu?”, per un apprendente straniero invece, per non commettere questo tipo di errori, è fondamentale capire che l’uso delle diverse forme dei pronomi è legato anche alla loro diversa funzione. O ancora, il saper distinguere un complemento di tempo da uno di luogo o di causa o di fine e saper dire da quali preposizioni è in genere introdotto, non servirà a migliorare le abilità linguistiche dei bambini e ragazzi italofoni, in quanto tutti sanno benissimo che, per esprimere il concetto di durata si usa la preposizione “per” e si dice “Abbiamo studiato per tre ore”. Ma conoscere le funzioni delle diverse preposizioni nell’introdurre i principali complementi può aiutare un apprendente di L2 ad orientarsi nella giungla degli usi preposizionali, anche se tutte le preposizioni possono esprimere molti significati e introdurre relazioni di vario tipo.
Il nodo dei pronomi personali
Il discorso potrebbe ovviamente riguardare molti nodi della morfosintassi, ma ci limiteremo qui ad osservare da vicino uno dei sistemi più critici e più spinosi, cioè quello dei pronomi personali.
Forse come nativi non riusciamo a percepire in tutta la sua ampiezza l’insieme di regole che devono essere tenute sotto controllo per usare correttamente i pronomi personali. Essi hanno infatti una grande varietà di forme legate non solo alla persona, al genere e al numero, ma anche alle funzioni sintattiche (soggetto, complemento diretto o indiretto) e prevedono, per le funzioni di complemento diretto e complemento di termine, forme duplici, toniche e atone. Le diverse forme hanno anche diverse posizioni rispetto al verbo: prima del verbo, dopo, o integrate in una sola parola.
Ci sono poi le regole d’uso: quando è obbligatorio usare il pronome personale soggetto, gli usi ondivaghi di esso / essa, la prassi dell’italiano corrente che sancisce in molti casi una prevalenza o esclusività delle forme atone (quale italofono direbbe mai, ad esempio, “Telefoni a me più tardi?”) ecc. Aggiungiamo gli usi allocutivi e quelli particolari di “lo”, di “si”, di “ci”, di “ne”, la coincidenza formale di “lo”, “la”, “le” con gli articoli e ce n’è quanto basta perché un alunno straniero abbia serie difficoltà a gestire tutta questa vasta serie di norme e modelli di uso.
E le difficoltà emergono in modo forte non solo a livello produttivo, ma anche ricettivo, dal momento che i pronomi personali, e in special modo quelli atoni, hanno un ruolo molto importante, ma una scarsa rilevanza fonetica, in quanto “paroline” monosillabe.
Nei testi scritti poi, che abbondano di pronomi con funzioni anaforiche, una loro interpretazione errata compromette spesso la comprensione del testo, e non solo da parte degli stranieri.
L’attivazione di una consapevolezza riflessiva tesa a far comprendere, in modo graduale, il fitto intreccio di forme e funzioni che regolano l’uso dei pronomi personali risulterà quindi di grande aiuto per gli alunni non italofoni, anche più piccoli.
Suggerimenti didattici
Ma come fare? Quale può essere l’approccio più adatto e funzionale per attivare una consapevolezza riflessiva efficace nel monitoraggio degli usi?
Certo non possiamo pensare di affrontare il discorso dei pronomi tutto insieme, presentando una bella tabella che comprenda tutte le forme e chiedendo ai ragazzi la loro memorizzazione. Cerchiamo invece di segmentare un sistema così complesso in parti più semplici e ricostruiamo il sistema attraverso passi successivi, passando ad esempio da un lavoro centrato sulle forme dei pronomi personali soggetto a quello dei loro usi allocutivi, alla loro posizione e alle particolari funzioni nella frase.
Facciamo poi, in un secondo tempo, lo stesso percorso per i pronomi con funzione di complemento di forma tonica e infine per quelli di forma atona.
Vediamo comunque i pronomi sempre all’interno della frase e usiamo una metodologia attiva sollecitando gli allievi a interrogare la lingua posseduta, gli usi che hanno interiorizzato. Per cominciare a ragionare sulla posizione dei pronomi possiamo, ad esempio, chiedere, anche ai bambini della primaria, che differenza ci sia fra “Igor mi telefona stasera e “Igor telefona mi stasera”. Con i più piccoli può essere molto efficace visualizzare certe regole con vignette e fumetti o far drammatizzare le “scene” delle diverse strutture frasali, con gli attori necessari alla “recita” del verbo protagonista.
Riprendiamo comunque ciclicamente la riflessione sui diversi elementi grammaticali, in modo particolare su quelli più complessi. Chiediamoci anche quali conoscenze, anche terminologiche, ciascuna regola presupponga negli alunni, valutando se la posseggano o meno, per non rischiare di costruire nel vuoto, senza le reti di salvataggio del “noto” a cui ancorare il “nuovo”.
In questo senso dobbiamo avere una particolare attenzione nel momento in cui mettiamo in mano ai ragazzi stranieri della secondaria una grammatica italiana, dove viene usato un linguaggio metalinguistico e delle definizioni date con un linguaggio formale che può risultare incomprensibile. Proprio nel caso dei pronomi, ad esempio, troviamo terminologie diverse (le forme dei pronomi atoni vengono talvolta definiti “atoni”, ma talaltra “deboli” oppure, più formalmente, “clitici”) che possono confondere ed essere di serio ostacolo all’apprendimento.
Controlliamo dunque anche questi aspetti in modo da volgere la grammatica a sostegno prioritario dell’apprendimento linguistico e non alla passiva e difficoltosa memorizzazione di astratte etichette.