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Educare all’affettività o all’ipocrisia? Il ruolo della scuola
I terribili fatti di cronaca, la risposta del Ministero... L’educazione affettiva è un tema complesso e non basta qualche “bel progetto” scolastico

Recenti fatti di cronaca hanno visto protagonisti dei giovani che hanno compiuto fatti di particolare gravità (stupro di gruppo). Come sempre succede in questi casi, vari commentatori e lo stesso Ministro hanno richiamato il ruolo che può e deve svolgere la scuola per diffondere la cultura del rispetto anche al fine di prevenire la violenza contro le donne.
Il Ministro ha anche ipotizzato la possibilità di coinvolgere le vittime di violenze in incontri con gli studenti per rafforzare ancor più la prevenzione alla violenza di genere. Generalmente quando si fanno proposte di questo tipo si pensa soprattutto alla scuola secondaria di primo e secondo grado, ma è fuor di dubbio che è l’intero sistema educativo che può dare un contributo significativo allo sviluppo di una cultura del rispetto e di una educazione all’affettività, a partire dai primi anni di scolarità. Vi sono però almeno due aspetti da considerare a questo proposito.
L’educazione al rispetto verso l’altro, all’affettività, al riconoscimento e gestione dei propri sentimenti è un’operazione alquanto complessa ed è illusorio (oltre che ingenuo) pensare di poterla trattare con i tradizionali strumenti della ritualità scolastica (lezioni, studio, oppure incontri con esperti o testimoni privilegiati). In realtà essa chiama in causa il modo di percepire, di stare e di rapportarsi con gli altri. Questo richiede necessariamente l’allestimento di un contesto educativo all’interno del quale le relazioni, gli affetti, la comunicazione abbiano modo di esprimersi e di essere compresi e decodificati. Non si tratta tanto di fare “lezioni” sul rispetto e l’affettività, ma di vivere quotidianamente situazioni che aiutino i bambini a rendersi conto di quel che succede dentro di loro e intorno a loro in merito a questi aspetti. E questo vale per tutti i gradi scolastici. Ecco perché i tradizionali progetti di educazione all’affettività o al rispetto degli altri sono destinati a incidere relativamente poco se all’interno della classe gli affetti non circolano (o non vengono riconosciuti e tematizzati) e se non vi è un genuino interesse e rispetto verso gli altri, in primo luogo da parte dei docenti.
Il secondo aspetto riguarda il ruolo che il contesto socio-ambientale gioca nello sviluppo di tali processi. Quand’anche la scuola riuscisse a fare tutto questo, non si può trascurare che ciò che avviene all’esterno della scuola va spesso in tutt’altra direzione. L’universo mediale in cui i bambini e i ragazzi sono immersi è caratterizzato ancora fortemente da modelli in cui la parità di genere è un miraggio e la donna è spesso considerata un oggetto di consumo al pari di un altro (basti vedere l’idea di donna veicolata da gran parte della pubblicità), i rapporti tra le persone sono basati sul profitto, il malaffare, gli interessi di clan. Si fa presto a riversare sulla scuola attese messianiche di palingenesi, ma se non vi è un’assunzione sociale di responsabilità rispetto a questi temi la scuola può fare ben poco.