L'importanza del dialogo con i bambini - “Pillole” per cominciare bene

Bambini adottati in classe - “Pillole” per cominciare bene

Le paure dei bambini e l'importanza della famiglia - "Pillole" per cominciare bene

Psicologia e Scuola: come coltivare la relazione

La Gioia di ricominciare

Ciao, finalmente!

Eccoci, ci ritroviamo!

Strumenti e percorsi

Un esempio è la filiera del contatto <img filer_id="229050" src="/d/filer/sharing/1611651069/229050/" title="" align="" thumb_option="" original_image="false" style="height: 262px; width: 360px; margin: 10px 15px; float: right;" data-cke-saved-src="/d/filer/sharing/1611651069/229050/">Del contatto, indispensabile per la sua salute, il bambino non può fare a meno per tempi lunghi.&nbsp; Lo sappiamo bene nella vita quotidiana di nido e scuola dell’infan- zia; anche alle primarie, per quanto più rarefatto, non svanisce: anche lì vi sono momenti in cui un abbraccio, un tocco rassicurante sono necessari. Con lo sviluppo il contatto diviene meno direttamente legato agli organi sensoriali, ma è sempre raggiungibile tramite le esperienze di vicinanza (il bambino è rassicurato dalla stessa presenza dell’adulto). L’ambiente interattivo finisce per caratterizzarsi come un circondario affettivo (“So che ci sei per me”), che viene percepito e può bastare come tale anche nella maggior distanza e nei tempi di assenza; ma è un’evoluzione successiva e in continuità. Per questo il contatto nei primi anni è così importante: il “So che ci sei per me” funziona solamente perché richiama esperienze precedenti, registrate nei processi psicocorporei, altrimenti non&nbsp;avrebbe senso; il cervello potrebbe cercare quanto vuole nella propria banca dati la certezza rassicurante, ma inutilmente. Il contatto non svanisce neanche nell’adolescenza, dove si rivolge prevalentemente ai pari e, ancora, in modo più sporadico ma sempre significativo, con le figure adulte di riferimento. Nell’adulto è presente nel rapporto di coppia e in tutte le relazioni di prossimità, amicali, ludiche o lavorative. Ne è prova la difficoltà incontrata nell’evitare assembramenti, sperimentata nei lockdown in occasione della pandemia di Covid-19 iniziata nel 2020. Per contro, la solitudine e l’esclusione sociale sono evidenziate da molte ricerche come una delle principali fonti di stress.

L’adeguata risposta ai bisogni precedentemente illustrati, da cui dipende il raggiungimento degli scopi che l’evoluzione ha assegnato alla vicinanza nella relazione di&nbsp;accudimento, è in controtendenza con il doveroso distanziamento fisico subito dai bambini durante l’epidemia. Nei lockdown, e anche successivamente, i bambini sono stati deprivati di serene esperienze motorie e relazionali, sia nella cerchia familiare meno prossima (nonni e parenti), sia all’esterno della famiglia, con amici, conoscenti e pari. Per quanto noi adulti possiamo essere stati attenti a non passare ai bambini le nostre ansie, il distanziamento fisico ha inevitabilmente caricato di timore la vicinanza, rendendo concreto il rischio di traboccare in un “distanziamento sociale”, in una diffidenza, se non paura, della relazione. Dobbiamo renderci conto che per un bambino piccolo l’eccezionalità di sei mesi di isolamento e di un anno circa di vissuto di allarme diventano la norma perché rappresentano un tempo lunghissimo: per un bambino di 2 anni è il 50% dell’intera vita! Ed essendo questo un tempo in età evolutiva, quando l’assetto psicobiologico è in formazione, gli effetti possono essere potenzialmente gravi sul medio e lungo periodo, come rilevanti sono gli effetti negativi anche a breve termine. Per un po’ il bambino regge, poi sono necessarie delle compensazioni. Possiamo raggruppare in tre categorie gli stressor da distanziamento:<ol><li style="text-align: justify;">deprivazione relazionale: improvvisa e duratura interruzione dei contatti sociali abituali durante il lockdown e loro rarefazione successiva;</li><li style="text-align: justify;">deprivazione sensomotoria: improvvisa e duratura limitazione di aspetti importanti della motricità durante il lockdown e successivamente (per esempio giochi relazionali all’aria aperta, corse, salti);</li><li style="text-align: justify;">clima emotivo pervasivo di allarme: vissuto dai bambini per via diretta, nei comportamenti adottati e nell’allarme diffuso.</li></ol>

Ricostruire la fiducia La fiducia nasce dalle esperienze di contatto che permettono l’abbandonarsi con piacere a una forza più grande. Rientra nella filiera che sosterrà le capacità interattive di:<ul><li>lasciare un pensiero e un’emozione all’altro; </li><li>poter scegliere una figura elettiva; </li><li>chiedere aiuto e riuscire a utilizzarlo; </li><li>poter condividere i tanti “fardelli”; ricevere piacere e sostegno dall’altro; </li><li>avvalersi anche della “guida” di altri; </li><li>riuscire a stare in un team, un’organizzazione, un gruppo di educatrici o insegnanti...</li></ul>

La relazione di accudimento, attuabile solamente nella prossimità fisica, risponde a necessità di base ineliminabili, che sono al contempo bisogni e scopi, nell’Homo sapiens come in tutti i mammiferi. Ne citiamo alcuni. <ul><li style="text-align: justify;">Nutrimento affettivo e rassicurazione: molto mediato nella prima infanzia dal contatto fisico, è base di solidità del Sé (inteso non nel senso soggettivo di identità, ma come organizzazione sistemica e circolare di processi cognitivi, emozionali, sensomotori e biologici), della resilienza allo stress nonché della capacità di trovare poi nutrimento e rassicurazione in modo attivo nelle relazioni. </li><li style="text-align: justify;">Abbandono con certezza e fiducia a una guida: base di fiducia nel prossimo, della capacità collaborare e discernere tra sostegni&nbsp;adeguati e no. Poter non portare tutti i pesi sulle proprie spalle aiuta nella gestione dello stress.</li><li style="text-align: justify;">Conoscenza e sperimentazione della propria forza, ovvero scoperta di poter lasciare un segno nel mondo incidendovi in modo attivo: base di autostima e assertività, per non sentirsi in balia degli eventi ma poter influire su di essi in modo attivo.</li><li style="text-align: justify;">Sperimentazione della ricchezza e varietà di tutte le gamme sensomotorie (interocettive, percettive e motorie): base della conoscenza del proprio corpo, dei suoi bisogni e segnali.</li><li style="text-align: justify;">Riconoscimento ed espressione delle emozioni: base della regolazione emotiva. </li><li style="text-align: justify;">Godimento di momenti di calma: base neuroendocrina ed emozionale di modulazione dell’asse dello stress (principale sistema neuroendocrino di regolazione).</li><li style="text-align: justify;">Scoperta della varietà dei modi di interazione: base di adattamento alle differenze, tolleranza delle frustrazioni, consapevolezza e accettazione dei limiti.</li></ul>

La neuroplasticità del bambino consente di disporre ancora di tempo e di margini di intervento in famiglia e nelle istituzioni educative

Si sperimenta dalle prime interazioni, molto corporee e tattili, tra adulti e bambino. Da essa emergerà, in continuità, la capacità e la possibilità di allacciare positive relazioni di prossimità nella vita sociale, affettiva e lavorativa.

In famiglia Le famiglie devono essere consapevoli dell’importanza di adoperarsi per spegnere i timori della vicinanza, anche dopo la conclusione dell’epidemia, con una “overdose di contatto” compensatoria da parte dei familiari, con semplici azioni&nbsp;che stimolino un clima giocoso e gioioso. È possibile, per esempio, aumentare le occasioni di contatto e fare spesso massaggi e coccole; incentivare la vicinanza con altri familiari e con altri bambini; portare di frequente il bambino fuori casa e fare giochi all’aria aperta; ridurre le attività sedentarie (specie giochi elettronici).

Possiamo vedere il contatto come... <ol><li style="text-align: justify;">Un processo inerente il tatto: ci tocchiamo frequentemente, con le mani e con il corpo, e la pelle è l’interfaccia; nel neonato la bocca è una parte del corpo che instaura spesso per prima un contatto con l’altro da sé o per manipolare un oggetto. Il toccare viene prima di ogni cornice narrativa ed è più di un semplice senso: è un dispositivo relazionale attraverso il quale troviamo il nostro posto nel mondo e in mezzo agli&nbsp;altri; quando si sperimenta negli scambi affettivi e nelle interazioni di cura tra un adulto e un bambino provoca in ambedue sensazioni piacevoli.</li><li style="text-align: justify;">Un’emozione: del contatto possiamo cogliere l’emozione, lo stato d’animo a esso connesso (per esempio la felicità provata nel contatto con il volto di una mamma sorridente e felice); la sua venatura variabile tra rassicurazione ed eccitazione (per esempio provocata da un tocco solleticante, quello che fa sganasciare dalle risa il bimbo).</li><li style="text-align: justify;">Un pensiero: qui in primo piano passa la memoria dei fatti, dei gesti, il contesto ambientale e la persona oggetto del contatto; ma anche il valore che è stato dato all’esperienza, il suo significato personale.</li><li style="text-align: justify;">Una cascata di ormoni e neuromediatori: di questi processi non abbiamo una percezione cosciente diretta. Non percepiamo il rilascio di ossitocina conseguente a un abbraccio (possiamo anche non sapere che cosa sia) o l’aumento del tono neurovegetativo, ma ne sentiamo chiaramente gli effetti: il battito cardiaco che rallenta se prima era agitato, il rilassamento, il piacere che si diffonde, il peso sullo stomaco che si dilegua.</li></ol>

Il contatto è indispensabile per la salute del bambino ed egli non può farne a meno per tempi lunghi

Nel nido e nella scuola dell’infanzia In questi contesti è essenziale non solo un ritorno all’ambita routine, ma vanno previste azioni di recupero e incentivazione del piacere della relazione, proponendo con continuità e intensivamente attività e giochi che mantengano e sviluppino una relazionalità senza timori e una collaborazione giocosa tra i bambini, anche se questo comporta una modifica delle abituali programmazioni.

Tutto ciò avviene nella vicinanza tra corpi. La pregnanza della relazione di accudimento e delle sue tracce nella vita a seguire è nel costituire una taratura complessa di network che coinvolgono sistemi biologici e psichici con le partecipazioni di organi e processi (attentivi, cognitivi, emozionali, motori e mnemonici) diffusi in tutto l’organismo, che permettono di sintonizzare se stessi in modo diverso, per le diverse necessità ambientali e motivazioni.La carenza dei feedback ravvicinati sensoriali ed emozionali erode la filiera che collega in continuità le esperienze dei primi contatti pelle-pelle, i giochi tra cuccioli umani, i batticuori adolescenziali, la tolleranza delle frustrazioni, la scoperta di strategie di adattamento, la chiarezza di limiti tra il realizzabile e l’irrealizzabile.

La vicinanza come orizzonte di crescita: è così per tutti i mammiferi, Homo sapiens incluso. A differenza dei rettili, essi necessitano di cure parentali per periodi lunghi, per sopravvivere ma soprattutto per imparare a vivere tarando funzionamenti psico-biologici stabili che supporteranno la vita di relazione. Risale al 2008 una ricerca, molto citata, di McGowan, Meaney e Szyf che ha per oggetto la modalità di accudimento tra topi nei primi tempi successivi alla nascita. Mostra la differenza in termini di benessere (nello specifico l’efficacia del sistema regolatore dello stress, cioè la capacità psicobiologica di affrontare le varie prove che la vita pone) tra cuccioli allevati da madri ad alto livello di cura, cioè capaci di alti dosi di contatto, e cuccioli allevati&nbsp;da madri con bassa attitudine. I primi mostrano di stare sicuramente meglio nel breve e lungo periodo, sono maggiormente adattati, meno predisposti a malattie, e le femmine saranno da grandi a loro volta capaci di accudire al meglio i loro piccoli. I secondi stanno decisamente peggio, si ammaleranno di più e accudiranno poco i loro futuri cuccioli.&nbsp; Anche nei topi è evidente come le esperienze nella relazione di accudimento abbiano due funzioni: rispondano a una necessità di sopravvivenza (invariabilmente, i cuccioli abbandonati muoiono) e siano un rodaggio fondamentale per il resto della vita. In sunto: nella quantità e qualità della relazione nella vicinanza si gioca gran parte del futuro dei cuccioli, con ricadute anche sulle generazioni successive.

Distanziamento fisico nell’epidemia da Covid-19

Non sono ancora disponibili dati epidemiologici sugli effetti della pandemia nei bambini. Le ricerche su precedenti emergenze sanitarie hanno per oggetto adulti e adolescenti, ma sono concordi nel delineare i quadri della reazione post-traumatica da stress (PTSD), disturbo molto noto e oggetto di ampia letteratura scientifica. Le osservazioni raccolte già nei primi tempi dell’epidemia hanno comunque rilevato nei bambini: <ul><li style="text-align: justify;">sviluppo di comportamenti regressivi, specie nei più piccoli, con apparente ritorno a quelli di fasi precedenti (enuresi, voler dormire nel lettone, richieste insistenti di presenza adulta); </li><li style="text-align: justify;">umore più altalenante, con tendenza al nervosismo, ad agitazione e irritabilità, e comportamenti aggressivi; </li><li style="text-align: justify;">maggiore difficoltà a tollerare le frustrazioni, con atteggiamenti oppositivi e bizze; </li><li style="text-align: justify;">difficoltà di concentrazione e riduzione di tempi di attenzione; </li><li style="text-align: justify;">disturbi del sonno, come fatica ad addormentarsi, brutti sogni e risvegli frequenti; </li><li style="text-align: justify;">disturbi dell’alimentazione; </li><li style="text-align: justify;">sintomi “corporei” come mal di testa o mal di pancia;</li><li style="text-align: justify;">sentimenti di paura, timore del contatto, in alcuni casi paura a uscire e a vedere persone; </li><li style="text-align: justify;">difficoltà nel riprendere ritmi ordinari e accettare nuove proposte, per esempio dopo le pause della festività.</li></ul>

Il “tirocinio nella vicinanza”

La filiera tra bisogni di base e capacità adulte

Il corpo educativo e docente, esso stesso provato personalmente e professionalmente dal trauma, si è trovato quindi a dover affrontare il compito difficile e complesso di progettare e realizzare una programmazione educativa e didattica che, nel rispetto necessario delle normative sanitarie, tenga conto e affronti il trauma dei bambini, cercando di compensarne gli effetti negativi. Ma la neuroplasticità del bambino ci viene qui in aiuto. La sensibilità agli eventi va a braccetto con una maggior duttilità, che rende ancora disponibile un tempo di riserva supplementare e ancora ampi margini di intervento nei due luoghi sensibili: famiglia e istituzioni educative 0-6.

Interventi urgenti di compensazione

Nella realtà il contatto non è nessuna di queste cose da sola, ma un unico funzionamento psicobiologico corrispondente a uno specifico, essenziale e invariante bisogno di fondo che solo da un’esperienza piena e integrata può trovare una risposta appagante.

La vicinanza come orizzonte di crescita: è così per tutti i mammiferi,
 
 Homo sapiens
 
 incluso. A differenza dei rettili, essi necessitano di cure parentali per periodi lunghi, per sopravvivere ma soprattutto per imparare a vivere tarando funzionamenti psico-biologici stabili che supporteranno la vita di relazione.
 
 Risale al 2008 una ricerca, molto citata, di McGowan, Meaney e Szyf che ha per oggetto la modalità di accudimento tra topi nei primi tempi successivi alla nascita. Mostra la differenza in termini di benessere (nello specifico l’efficacia del sistema regolatore dello stress, cioè la capacità psicobiologica di affrontare le var

La vicinanza come orizzonte di crescita: è così per tutti i mammiferi, Homo sapiens incluso. A differenza dei rettili, essi necessitano di cure parentali per periodi lunghi, per sopravvivere ma soprattutto per imparare a vivere tarando funzionamenti psico-biologici stabili che supporteranno la vita di relazione.Risale al 2008 una ricerca, molto citata, di McGowan, Meaney e Szyf che ha per oggetto la modalità di accudimento tra topi nei primi tempi successivi alla nascita. Mostra la differenza in termini di benessere (nello specifico l’efficacia del sistema regolatore dello stress, cioè la capacità psicobiologica di affrontare le varie prove che la vita pone) tra cuccioli allevati da madri ad alto livello di cura, cioè capaci di alti dosi di contatto, e cuccioli allevati da madri con bassa attitudine. I primi mostrano di stare sicuramente meglio nel breve e lungo periodo, sono maggiormente adattati, meno predisposti a malattie, e le femmine saranno da grandi a loro volta capaci di accudire al meglio i loro piccoli. I secondi stanno decisamente peggio, si ammaleranno di più e accudiranno poco i loro futuri cuccioli. Anche nei topi è evidente come le esperienze nella relazione di accudimento abbiano due funzioni: rispondano a una necessità di sopravvivenza (invariabilmente, i cuccioli abbandonati muoiono) e siano un rodaggio fondamentale per il resto della vita. In sunto: nella quantità e qualità della relazione nella vicinanza si gioca gran parte del futuro dei cuccioli, con ricadute anche sulle generazioni successive.

Per comprenderne l’importanza, pensiamo a una vita dove tutte le possibilità precedenti siano espresse in negativo: Nessuno capisce i miei pensieri e le mie emozioni, posso tenerle solo per me; nessuno può aiutarmi, non ho mai avuto maestri; tutti i pesi sono sulle mie spalle e nessuno può o vuole condividerli; non mi fido di nessuno... L’effetto è quantomeno un mal di testa! La fiducia va ricostruita, se non vogliamo una futura generazione di diffidenti. Nella scheda&nbsp;Strumenti e percorsi&nbsp;proponiamo un gioco per favorire la fiducia e osservare nel bambino la capacità di affidarsi.

<ul><li style="text-align: justify;">Bianchi A., Mazzucchelli C. (2018), Tecnologie e sviluppo del benessere psicobiologico, Delos Digital, Milano. </li><li style="text-align: justify;"><a data-cke-saved-href="https://www.scuolastore.it/it/book/kit-gatto-nando" target="_blank" href="https://www.scuolastore.it/it/book/kit-gatto-nando">Bianchi A., Genta E. (2020a), Gatto Nando. La psicomotricità nella scuola dell’infanzia, Giunti EDU («Materiali di potenziamento e recupero»), Firenze</a>. </li><li style="text-align: justify;">Bianchi A., Genta E. (2020b), «Il lock down e i più piccoli: ripartire dal trauma», PNEI News, 3, 13-16. </li><li style="text-align: justify;">Sprang G., Silman M. (2013), «Posttraumatic Stress Disorder in Parents and Youth After Health-Related Disasters», Disaster Med Public Health Prep, Feb. 7(1),105-110. doi: 10.1017/dmp.2013.22. </li><li style="text-align: justify;">Lee J. (2020), «Mental health effects of school closures during COVID-19», The Lancet - Child &amp; Adolescent Health, 4, 421. doi: <a data-cke-saved-href="https://www.thelancet.com/journals/lanchi/article/PIIS2352-4642(20)30109-7/fulltext" target="_blank" href="https://www.thelancet.com/journals/lanchi/article/PIIS2352-4642(20)30109-7/fulltext">https://doi.org/10.1016/ S2352-4642(20)30109-7</a> </li><li style="text-align: justify;"><a data-cke-saved-href="https://www.thelancet.com/journals/lanchi/article/PIIS2352-4642(20)30109-7/fulltext" target="_blank" href="https://www.thelancet.com/journals/lanchi/article/PIIS2352-4642(20)30109-7/fulltext"></a>McGowan P.O., Meaney M., Szyf M. (2008), «Diet and the epigenetic reprogramming of phenotypic differences in behaviour», Brain Research, 1327, 12-24. </li><li style="text-align: justify;">Wang C., Pan R., Wan X., Tan Y., Xu L., Ho C.S., Ho R.C. (2020), «Immediate Psychological Responses and Associated Factors during the Initial Stage of the 2019 Coronavirus Disease (COVID-19) Epidemic among the General Population in China», International Journal of Environmental Research and Public Health, 17(5), 1729.doi: 10.3390/ijerph17051729 </li><li style="text-align: justify;">Xie X., Xue Q., Zhou Y. et al. (2020), «Mental Health Status Among Children in Home Confinement During the Coronavirus Disease 2019 Outbreak in Hubei Province, China», JAMA Pediatrics, 174(9), 898-900. doi:10.1001/jamapediatrics.2020.1619.</li></ul>

Nel cucciolo umano le cose sono più complesse e raffinate. Siamo una specie esigente, con bisogni variegati. Il “tirocinio nella vicinanza” deve preparare a un mondo relazionale più complesso che non nei topini. La cultura, variabile nei tempi e nei luoghi, ha poi allungato a dismisura l’elenco delle necessità, rendendo difficile distinguere tra fondamentali e accessorie, vere o indotte, se non addirittura false e deleterie (un esempio su tutti: lo smartphone a tre anni).&nbsp; Oggi l’evoluzione delle conoscenze scientifiche nelle neuroscienze e nella psicologia evolutiva ci viene in aiuto, gettando molta più luce su quali siano i bisogni di fondo a cui la relazione di accudimento debba rispondere in modo adeguato per costituire basi solide all’equilibrio complesso della salute, le capacità di fronteggiare gli eventi e la resistenza allo stress. È assodato che gli esiti, positivi o negativi, delle esperienze dei primi anni lascino tracce psicobiologiche profonde nella vita adulta, che si ripercuotono nella catena generazionale. In primo piano, tra i luoghi sensibili “traccianti”, oltre la vicinanza nella cura parentale vi sono le istituzioni educative e didattiche 0-6, cioè nidi e scuole dell’infanzia.

Distanziamento fisico e vicinanza relazionale

Dove trovi questo contenuto