Attività per un percorso autobiografico - "Pillole" per star bene insieme

In classe con Marcel: per una pedagogia autobiografica

In classe con Marcel: i colori dei ricordi

Se la guerra &egrave; semplificazione estrema e clamore delle armi, l&rsquo;antiguerra non pu&ograve; che essere esperienza di confronto con la complessit&agrave;, ragionamento, cura della sensibilit&agrave; propria e altrui, attenzione alle sfumature e ai dettagli, pausa, silenzio, confronto pacato e articolato e ascolto, ascolto, ascolto.&nbsp;

L&rsquo;antiguerra per eccellenza allora &egrave; il dialogo, il metterci in gioco insieme avventurandoci in un territorio sconosciuto, avendo l&rsquo;occasione di accorgerci sempre pi&ugrave; che in questa esplorazione non sono solo, che i mei occhi saranno aiutati dai tuoi, le mie emozioni e pensieri e ragionamenti saranno arricchiti da quelli delle altre e altri compagni di viaggio. Perch&eacute; il dialogo, quando &egrave; vero, &egrave; sempre un viaggio di conoscenza.&nbsp;

Il dialogo &egrave; composto da parole che attraversano, e attraversando territori inesplorati si trasformano e si arricchiscono.&nbsp;

Avventuriamoci in un territorio sconosciuto

Il dialogo in classe

Da mesi mi interrogo su cosa sia il contrario della guerra. Su cosa ci possa aiutare a sperimentare modalit&agrave; di relazioni reciproche che separino e allontanino il pi&ugrave; possibile il conflitto dalla violenza distruttiva.&nbsp;&nbsp;

Il conflitto, infatti, fa parte della vita e in molti casi &egrave; un elemento vitale nei rapporti, anche se ci fa soffrire. Se impariamo ad attraversare i conflitti senza farci travolgere possono divenire occasioni per crescere e capire molte cose di noi stessi e degli altri. La guerra no. La guerra &egrave; il peggior tradimento dell&rsquo;infanzia perch&eacute; rivela il lato pi&ugrave; oscuro e pestifero di noi adulti, prevalentemente maschi, capaci di immaginare che la soluzione stia nel sopprimere l&rsquo;altro. Nell&rsquo;uccidere, bombardare, radere al suolo case e citt&agrave;.&nbsp;

Ora la caratteristica prima della guerra &egrave; la semplificazione. L&rsquo;altro che non sopporto &egrave; mio nemico e io lo uccido, estirpando alla radice la contraddizione, abolendo e sopprimendo chi sento diverso da me.&nbsp;

&Egrave; un lungo allenamento quello che porta ad accorgerci che abbiamo bisogno degli altri per pensare meglio, che possiamo intraprendere a qualsiasi et&agrave;. Ma &egrave; un apprendimento decisivo, soprattutto quando ci accorgiamo che stiamo imparando da chi non ci aspettavamo e magari all&rsquo;inizio ci appariva pi&ugrave; distante da noi.&nbsp;

Sperimentarlo il pi&ugrave; spesso possibile in classe fa bene perch&eacute; la pace, come la democrazia, &egrave; una costruzione lenta pi&ugrave; che mai necessaria oggi.&nbsp;&nbsp;

Servono pochi minuti a demolire un palazzo con una bomba, ma a costruirlo ci vogliono stagioni e una cooperazione tra diverse intelligenze e mestieri: chi individua il terreno, chi lo progetta, chi stima la spesa, chi lavora con la ruspa e chi col cemento, chi con i mattoni e chi con i tubi o i fili elettrici, chi costruisce le finestre e chi le tegole, chi pittura pareti e facciate&hellip;&nbsp;&nbsp;

Tutte e tutti hanno qualit&agrave; da prestare alla nostra piccola comunit&agrave;, ma devono poter avere il tempo per accorgersene.&nbsp;&nbsp;

Il dialogo &egrave; una costruzione da progettare con cura a partire dalla scelta di domande generative da parte nostra o dall&rsquo;ascolto attento di domande che nascono in classe, di cui bambine e bambini non sono certo avari.&nbsp;

Dalle domande generative all&#39;ascolto

Da qualche anno conduco laboratori con gruppi di insegnanti in cui sperimentiamo le pi&ugrave; diverse forme di dialogo in classe e poi ci ragioniamo su.&nbsp;

Con i pi&ugrave; piccoli ma non solo spesso i dialoghi cominciano dagli elenchi. Siamo in cerchio, ci domandiamo ad esempio come nascono le nuvole in cielo, e ciascuno dice la sua. In questa sorta di grado zero della conversazione cerchiamo piano piano di nutrire l&rsquo;ascolto reciproco. In questa fase noi insegnanti abbiamo un ruolo cruciale, perch&eacute; immediatamente bambine e bambini si accorgono se davvero siamo interessati e incuriositi alle diverse ipotesi proposte o semplicemente ascoltiamo questo elenco con sufficienza, anche se inconsapevole, sapendo che saremo poi noi a dare la risposta &ldquo;giusta&rdquo;.&nbsp;&nbsp;

Il punto pi&ugrave; delicato sta nella lenta trasformazione dal dialogo-elenco in dialogo euristico, cio&egrave; a un dialogo in cui impariamo tutti insieme qualcosa di nuovo e, per dirla con Montaigne, &ldquo;sfreghiamo e limiamo i nostri cervelli gli uni con gli altri&rdquo;. La fisicit&agrave; di questa espressione la trovo particolarmente efficace perch&eacute; offre plasticamente l&rsquo;immagine di un lavoro che ci trasforma dentro e affina in nostro sentire e pensare.&nbsp;&nbsp;

Io parto dalla tua ipotesi e posso proseguire il ragionamento o tentare di falsificarlo, come si fa nella scienza. Un&rsquo;altra o altro osserva le cose da un altro punto di vista e propone una svolta ai nostri primi tentativi di &ldquo;pensare insieme&rdquo;.&nbsp;&nbsp;

Il dialogo come “antiguerra”

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