La scuola che vogliamo

Bozza completa delle Indicazioni nazionali sul I ciclo di istruzione

"Indicazioni" per la scuola che guarda il futuro - Intervista a Mauro Ceruti

Come si vede, a livello nazionale, c&rsquo;&egrave; stato un effetto quasi paradossale: nel 2022 il punteggio &egrave; inferiore a quello del 2021, che &egrave; stato il primo anno di rilevazioni dopo i lunghi periodi del lockdown.

Qualcuno potrebbe dire che se i ragazzi sono andati peggio quest&rsquo;anno vuol dire che le prove erano pi&ugrave; difficili rispetto a quelle dell&rsquo;anno scorso. E questo stesso discorso potrebbe inficiare qualsiasi tentativo di confrontare i risultati da un anno all&rsquo;altro. Non &egrave; cos&igrave;. Da diversi anni l&rsquo;Invalsi ha adottato una tecnica che rende confrontabili anche i risultati di prove che presentano un livello di difficolt&agrave; non identico. &Egrave; la cosiddetta tecnica dell&rsquo;ancoraggio con la quale si possono &ldquo;ritarare&rdquo; i punteggi per collocarli sulla stessa scala1.

Risolto questo dubbio, resta da capire perch&eacute; ci sia stato questo lieve calo. Non abbiamo una risposta sicura. Personalmente ritengo che nelle competenze pi&ugrave; importanti e profonde, come quelle legate alla comprensione del testo e al ragionamento matematico, alcuni effetti possano farsi sentire maggiormente a lungo termine. Dobbiamo infatti considerare che gli alunni che hanno fatto le prove quest&rsquo;anno hanno vissuto l&rsquo;impatto della pandemia per tre anni, dalla terza alla quinta primaria. Diversamente da quelli che avevano fatto le prove l&rsquo;anno scorso che hanno vissuto (scolasticamente) nella pandemia solo due anni, in quarta e in quinta. Potremmo anche vederla in un modo complementare: gli alunni di quest&rsquo;anno hanno fatto una scuola normale (pre-pandemia) solo per due anni, in prima e in seconda primaria, mentre gli alunni dell&rsquo;anno scorso avevano frequentato per tre anni, dalla prima alla terza, la scuola prima che arrivasse la pandemia.

Tuttavia, considerando anche l&rsquo;andamento nazionale in matematica e in inglese, possiamo comunque apprezzare la tenuta sostanziale della scuola primaria. Le tre figure che seguono mostrano una percentuale di raggiungimento dei traguardi abbastanza elevata e, in inglese, nel confronto tra 2018 e 2022, si osserva un aumento degli alunni che conseguono il livello A1 pi&ugrave; marcato nel listening che nel reading.

Nella figura qui sopra sono riassunte le variabilit&agrave; per scuola e per classe riferite all&rsquo;apprendimento in italiano e in matematica in quinta primaria. Le colonnine incorniciate in rosso evidenziano i dati pi&ugrave; alti: la variabilit&agrave; tra scuole nell&rsquo;apprendimento della matematica nelle regioni del Sud (Abruzzo, Molise, Puglia e Campania) e nel Sud e Isole (Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna). In termini molto semplificati, un alunno della Campania potr&agrave; cavarsela a scuola soprattutto se ha la fortuna di andare nella scuola giusta. Questa fortuna, il pi&ugrave; delle volte, dipende dalle informazioni di cui dispongono i genitori e dalla possibilit&agrave; di portare i propri figli nelle scuole migliori. Parliamo di una sorta di &ldquo;bonus scuola&rdquo; che pu&ograve; far aumentare, da solo, dal 25% al 40% la qualit&agrave; dell&rsquo;apprendimento scolastico. Ma anche la variabilit&agrave; per classe &egrave; piuttosto consistente. In questo caso il &ldquo;bonus classe&rdquo; va dai valori poco preoccupanti delle regioni del centro nord (compresi tra il 3% e l&rsquo;8%) a valori ben pi&ugrave; rilevanti nel Mezzogiorno che superano il 20%.

Indicatore n. 2: &ldquo;indice di immobilit&agrave; sociale&rdquo;

Il secondo indicatore che attesta la scarsa equit&agrave; del sistema scolastico italiano &egrave; rappresentato dal peso del contesto di provenienza e dalla incapacit&agrave; della scuola di compensarne gli effetti.

Il ragionamento &egrave; semplice: se la scuola riuscisse davvero a &ldquo;rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana&rdquo; (articolo 3 della Costituzione), allora i punteggi degli alunni non dovrebbero dipendere dalla condizione socio-economica familiare. A scuola dovremmo trovare studenti poveri e ricchi (in tutti i sensi) sia tra quelli pi&ugrave; deboli che tra gli eccellenti. Purtroppo non &egrave; cos&igrave;.

NOTE

1. La tecnica consiste nel somministrare ogni anno un certo numero di prove segrete (dette prove &agrave;ncora), che non vengono rese pubbliche, a un campione di alunni. Questo permette di confrontare l&rsquo;abilit&agrave; media degli alunni di ogni anno sulle stesse prove. Se, ad esempio, il punteggio medio sulle prove &agrave;ncora del 2021 era 195 e quello del 2022 &egrave; 192 vuol dire che gli alunni del 2022 sono mediamente meno abili rispetto a quelli del 2021. Questa stessa differenza dovrebbe riscontrarsi anche sulle prove ufficiali che svolgono tutti gli alunni. Se non &egrave; cos&igrave; i punteggi sono ripesati al fine di renderli confrontabili.

2. Una classe pu&ograve; essere migliore di un&#39;altra principalmente perch&eacute; vi sono stati iscritti gli studenti migliori, o perch&eacute; ha i docenti migliori. Analogamente una scuola pu&ograve; essere migliore di un&rsquo;altra perch&eacute; &egrave; frequentata da studenti migliori o perch&eacute; vi lavorano docenti migliori o perch&eacute; &egrave; diretta da un dirigente scolastico pi&ugrave; capace. Per quanto riguarda le scuole (e non le classi) conta molto anche la qualit&agrave; culturale e socio-economica del territorio nel quale si trova.

3. Sulla prevalenza dell&rsquo;ambiente (scuola e territorio anzitutto), rispetto alle risorse genetiche e perfino rispetto al condizionamento familiare consiglio fortemente la lettura dell&rsquo;illuminante libro di Judith Rich Harris &ldquo;Non &egrave; colpa dei genitori&rdquo; che ha un sottotitolo molto eloquente: La nuova teoria dell&rsquo;educazione: perch&eacute; i figli imparano di pi&ugrave; dai coetanei che dalla famiglia&rdquo;. Rimane impressa un botta e risposta della Harris: &ldquo;Perch&eacute; i figli sono molto pi&ugrave; attenti a imparare dai coetanei che dai genitori? Semplicemente perch&eacute; i loro coetanei (e non i genitori) saranno i loro fidanzati, i loro colleghi di lavoro, ecc.&rdquo;

Partiamo dai dati sulla qualit&agrave; dell&rsquo;apprendimento in italiano, matematica e inglese. Molti quest&rsquo;anno si aspettavano qualcosa di pi&ugrave; in considerazione dei dati straordinariamente buoni dell&rsquo;anno scorso. Sfruttando le grandi potenzialit&agrave; della piattaforma pubblica Tableau&copy; dell&rsquo;Invalsi possiamo, ad esempio, vedere l&rsquo;andamento del punteggio medio in italiano delle classi quinte negli anni 2019, 2021 e 2022 (nel 2020 non si sono svolte le prove Invalsi a causa della chiusura delle scuole).

<h2>Cosa pu&ograve; fare il singolo insegnante?</h2>

Il PNRR destina un finanziamento di 1,5 miliardi di euro alla riduzione dei divari territoriali &ldquo;per quanto concerne il livello delle competenze di base (italiano, matematica e inglese) (&hellip;) e per sviluppare strategie per contrastare in modo strutturale l&rsquo;abbandono scolastico&rdquo;.

&Egrave; un impegno ragguardevole che va nella giusta direzione. Attualmente sono stati ripartiti i primi 500 milioni di euro destinati a 3.200 scuole.

Ancora a livello nazionale &egrave; sicuramente importante rafforzare la valutazione delle scuole per sostenere i loro piani di miglioramento e favorire il confronto costruttivo tra realt&agrave; simili (anche se non vicine territorialmente).

L&rsquo;anno scorso sono stato ben felice di essere contraddetto (in meglio) dai risultati delle prove Invalsi della scuola primaria.

Vorrei allora fornire, anche quest&rsquo;anno, una lettura personalizzata per insegnanti, dirigenti e genitori della scuola primaria, nell&rsquo;attesa che ogni scuola possa studiare i propri risultati che saranno resi disponibili dalla prima met&agrave; di settembre.

In omaggio a Giancarlo Cerini, ispettore appassionato e infaticabile scomparso poco pi&ugrave; di un anno fa, prover&ograve; a rispondere a una sua domanda scherzosa che talvolta poneva: &ldquo;come lo diresti con un tweet?&rdquo;, cio&egrave; con una frase di poche parole, pi&ugrave; o meno quanto la lunghezza di questo ultimo periodo.

Ecco il mio &ldquo;tweet&rdquo;:

<h2>I due indicatori fondamentali dell&rsquo;equit&agrave; (e come intervenire per migliorarli)</h2>

<h2>Cosa pu&ograve; fare la singola scuola?</h2>

<h2>Cosa possono fare il Governo e il Ministro dell&#39;Istruzione?</h2>

Le iniziative di recupero-mirato della scuola, cui ho appena accennato, sono efficaci se si affiancano a iniziative analoghe assunte dal team di docenti della classe e, infine, all&rsquo;azione compensativa di ogni docente. L&rsquo;elemento centrale da tenere presente &egrave; il diverso supporto che gli alunni pi&ugrave; deboli possono avere dalla famiglia.

Ricordo che in una scuola di periferia, dove ho lavorato molti anni, tra colleghi evocavamo spesso la mitica figura della &ldquo;zia insegnante&rdquo; che alcuni bambini nominavano, talvolta anche con un po&rsquo; di fastidio, ma che noi consideravamo una benedizione. Ebbene anche i bambini che non hanno una zia insegnante, n&eacute; altri a cui chiedere aiuto in casa, dovrebbero trovare in classe un aiuto supplementare, ben misurato nella quantit&agrave; e nella qualit&agrave;. &Egrave; certamente molto difficile e, in alcuni casi anche un po&rsquo; frustrante, perch&eacute; non sempre si ottengono i risultati sperati, ma credo che sia soprattutto in questa direzione che dovrebbero essere indirizzate le poche risorse della scuola e del territorio in cui ogni scuola opera. Se poi, in un prossimo futuro, verranno destinate risorse ben pi&ugrave; consistenti nell&rsquo;ambito del PNRR, allora sarebbe importante impiegarne una parte cospicua per favorire il supporto capillare e mirato degli alunni fin da quando emergono i primi segnali di difficolt&agrave;.

Le prove Invalsi servono anche, e soprattutto, per questo.

La scuola pu&ograve; fare moltissimo per ridurre la variabilit&agrave; tra le classi, soprattutto tra le classi parallele di uno stesso plesso o di plessi vicini. Il dirigente scolastico e i docenti di staff possono curare in modo particolare la formazione delle classi e la costituzione dei team dei docenti alle quali saranno assegnate.

Per essere chiaro ed esplicito, penso che ogni dirigente scolastico dovrebbe farsi questa domanda: se mio figlio, o mia figlia, dovesse essere inserito in questa scuola, posso onestamente dire che in qualsiasi classe capiter&agrave; le cose gli andranno altrettanto bene? Trover&agrave; compagni egualmente diversi in ogni classe e docenti con qualit&agrave; professionali e umane non significativamente diverse?

C&rsquo;&egrave; poi da prendere in carico i divari socio-economici tra gli alunni. Questo &egrave; un impegno ambizioso e, riconosciamolo, anche molto faticoso.

A questo scopo pu&ograve; essere molto utile l&rsquo;uso dei microdati che Invalsi restituisce ogni anno alle scuole.

Nelle scuole con cui ho lavorato negli ultimi mesi, ad esempio, &egrave; sembrato molto utile individuare nelle seconde classi della primaria tutti gli alunni collocati al di sotto di un determinato punteggio, mettiamo 160 o 150 (rispetto alla media di 200). Parliamo in genere di un numero limitato di bambini, da alcune unit&agrave; a poche decine. La maggior parte delle volte di questi bambini se ne trovano 3-4 in ogni classe. Se sono di pi&ugrave;, anche molti di pi&ugrave;, si potr&agrave; iniziare a seguire i bambini pi&ugrave; a rischio per poi allargare il cerchio a seconda delle risorse disponibili.

Una volta individuati questi alunni pi&ugrave; deboli, si potr&agrave; offrire, a loro e alle loro famiglie, un sostegno mirato durante il primo quadrimestre della terza classe. &Egrave; probabile che alcune famiglie non siano in grado di intervenire in modo efficace. In questi casi la scuola pu&ograve; organizzare attivit&agrave; di recupero che non richiedano alcun supporto da parte delle famiglie utilizzando le risorse di cui dispone: docenti disponibili, docenti in pensione volontari, associazioni del terzo settore, ecc. Al termine del primo quadrimestre si valuta se &egrave; necessario protrarre l&rsquo;intervento per tutto l&rsquo;anno scolastico o meno.

La figura con i risultati medi in funzione del titolo di studio familiare (si sceglie il titolo di studio pi&ugrave; alto posseduto da uno dei genitori), pur essendo espressa con un&rsquo;unit&agrave; di misura di non facile lettura (unit&agrave; di deviazioni standard), mostra chiaramente il peso del titolo di studio nel punteggio di un alunno in ciascuna delle quattro discipline testate. Come si vede bene il vantaggio degli alunni che hanno almeno un genitore laureato si fa sentire gi&agrave; nella scuola primaria e, quel che &egrave; peggio, aumenta fortemente nella scuola secondaria di primo grado e secondo grado. Per quest&rsquo;ultimo ordine di scuola bisogna tener conto delle diverse aspettative nelle tre tipologie di scuola (liceo, tecnico o professionale) e del fatto che gli studenti con maggiori difficolt&agrave; iniziano a lasciare la scuola gi&agrave; dalla prima classe.

Volendoci limitare alla scuola primaria, il dato pi&ugrave; grave &egrave; costituito dallo svantaggio relativo degli alunni con genitori che hanno la licenza elementare o, al massimo, la licenza di scuola media sia in matematica che in italiano (colonnine incorniciate in nero). Considerando, ad esempio, la competenza nella comprensione del testo (italiano), gli alunni che hanno il genitore pi&ugrave; istruito con la licenza elementare conseguono un punteggio che &egrave; inferiore di 28 punti rispetto alla media nazionale considerata pari a 200 (-14% che si riduce a -11% nel caso in cui almeno un genitore sia in possesso della licenza media). &Egrave; decisamente tanto.

Come intervenire per migliorare questi indicatori?

Non posso che limitarmi a un elenco molto sommario di strategie, articolato secondo i livelli di competenza.

&ldquo;Primaria bene alle prove Invalsi, ma meno dell&rsquo;anno scorso. Ma chi ama la scuola primaria non pu&ograve; accettare i preoccupanti dati sull&rsquo;equit&agrave;. Alle scuole, alle comunit&agrave; locali e alla politica il compito di porvi rimedio&rdquo;.

Finch&eacute; sentiremo parlare di equit&agrave; in modo generico non credo che vedremo dei miglioramenti. Dire che la scuola dovrebbe dare pari opportunit&agrave; a tutti non &egrave; sufficiente (e, come diceva Don Milani, &egrave; pure sbagliato). Occorre capire in modo pi&ugrave; accurato e circostanziato quali siano le variabili che segnalano l&rsquo;incapacit&agrave; del nostro sistema scolastico di far conseguire a tutti gli alunni le competenze di cittadinanza fondamentali. Dovremmo cercare di mettere in risalto queste variabili e farcene carico, scuola per scuola, docente per docente; aggiungerei: ministro dopo ministro. Questi indicatori dovrebbero diventare come i valori della pressione sanguigna di una persona ipertesa. Qualcosa da controllare periodicamente con precisione, adattando costantemente la terapia per ottenere i valori desiderati.

Indicatore n. 1: &ldquo;indice di ghettizzazione delle scuole e delle classi&rdquo;

Ricordando l&rsquo;alunno Pierino di Lorenzo Milani, esempio di bambino di buona famiglia, in contrapposizione con l&rsquo;alunno &ldquo;reietto&rdquo; Gianni, figlio di operai o di contadini, potremmo spiegare questo indicatore cos&igrave;: &ldquo;i Pierini coi Pierini, i Gianni con i Gianni&rdquo;.

&Egrave; un indicatore al negativo, nel senso che segnala non una qualit&agrave; che si vorrebbe sempre maggiore ma una distorsione, una patologia da ridurre quanto pi&ugrave; possibile o, quantomeno, tenere sotto controllo.

Parliamo della cosiddetta &ldquo;variabilit&agrave;&rdquo; (pi&ugrave; tecnicamente &ldquo;varianza&rdquo;) dei risultati rispetto alla scuola e alla classe. &Egrave; un parametro percentuale che ci dice in che misura i risultati conseguiti da un alunno dipendano non gi&agrave; dalle sue capacit&agrave;, o dal suo impegno, ma dalla &ldquo;fortuna&rdquo; di essere capitato in una classe migliore, o in una scuola migliore2. Quando questa fortuna conta molto si parla di &ldquo;ghettizzazione&rdquo; o &ldquo;segregazione scolastica&rdquo; per indicare l&rsquo;esistenza di &ldquo;ghetti&rdquo; o, al contrario, di &ldquo;isole felici&rdquo;; cio&egrave; di luoghi in cui sono concentrati gli studenti con pi&ugrave; difficolt&agrave; o con pi&ugrave; risorse, non tanto economiche quanto culturali. Un fenomeno del genere &egrave;, in una certa misura, inevitabile perch&eacute; va di pari passo con la &ldquo;ghettizzazione&rdquo; socio-economica dei territori. In una citt&agrave; ci sono quartieri abitati prevalentemente da famiglie benestanti e altri pi&ugrave; popolari e, talvolta, degradati. Ci&ograve; nonostante, abbiamo osservato scuola migliori del loro contesto (scuole buone in quartieri popolari) e scuole peggiori del loro contesto (scuola mediocri in quartieri residenziali di alto livello economico).

Dunque la variabilit&agrave; ci dice quanto &egrave; presente questo difetto di equit&agrave;.

Purtroppo in Italia la variabilit&agrave; tra le classi e tra le scuole raggiunge valori preoccupanti gi&agrave; nella scuola primaria.

Ora chiediamoci: perch&eacute; un alunno dovrebbe andare meglio per il fatto di frequentare una certa scuola o una certa classe? &Egrave; una domanda molto meno banale di quanto potrebbe sembrare.

A livello intuitivo, e spesso in modo solo parzialmente consapevole, il fatto che un bambino &ldquo;sia spinto&rdquo; dal contesto in cui si trova &egrave; qualcosa che fa parte del senso comune. I modelli concettuali a cui ci si riferisce sono quelli dell&rsquo;emulazione e dell&rsquo;esempio. Ognuno di noi, come figlio e anche come genitore, si &egrave; confrontato con la forza dell&rsquo;ambiente, delle cosiddette buone (e delle cattive) compagnie. E in genere, andando avanti con gli anni, ci si rende conto sempre di pi&ugrave; (spesso con una certa amarezza) dell&rsquo;importanza della qualit&agrave; dell&rsquo;ambiente nel determinare la crescita di un ragazzo3.

&Egrave; certamente meno ovvio e banale riuscire a misurare questo fenomeno. Tentare cio&egrave; di rispondere alla domanda: quanto dipende l&rsquo;apprendimento di un ragazzo dalla classe, o dalla scuola in cui si trova? E come mai in certi territori questa dipendenza &egrave; maggiore?

E qui il discorso &egrave; molto diverso a seconda che si parli di scuola o di classe. Se una scuola &egrave; inserita in un ambiente degradato faticher&agrave; di pi&ugrave; nel suo impegno educativo di una scuola collocata in un ambiente sano e curato. Non cos&igrave; per le classi di una stessa scuola. Perch&eacute; mai dovrebbero esistere sezioni migliori o peggiori di altre?

Come usare i dati Invalsi per migliorare la scuola