La parola, nel dialogo quotidiano, si arricchisce, si definisce, si irrobustisce

Gianni Rodari auspicava per tutti la possibilità di usare le parole per dire, raccontare, immaginare, proporre... come strumento potente di liberazione, &ldquo;non perché tutti siano artisti ma perché nessuno sia schiavo&rdquo;. E per Mario Lodi, il parlare insieme è il passaggio necessario dal mondo individuale di ciascuno alla conoscenza organizzata. E la parola, nel dialogo quotidiano, si arricchisce, si definisce, si irrobustisce: &ldquo;Parlare non è chiacchierare, non è cosa che viene da sé, spontaneamente: deve essere progettata, sperimentata, guidata giorno per giorno, verso un comportamento sempre più responsabile che porti il bambino al di là dell&rsquo;egocentrismo, ad ascoltare gli altri, a inserirsi nella discussione con atteggiamento critico-costruttivo, a pervenire a decisioni meditate&rdquo;. 
Nella scuola di Mario Lodi, l&rsquo;oralità ha un posto centrale. La tecnica della comunicazione richiede tempi lunghi e passa attraverso fasi diverse. In un primo momento si tratta di costruire insieme ai bambini le regole del dialogo e di passare &ldquo;dal caos alla norma&rdquo; attraverso l&rsquo;ascolto, i turni di parola, le condizioni per appropriarsi del linguaggio per farne buon uso. In questa fase, i temi di cui si parla sono immediati, relativi alle esperienze quotidiane, ai vissuti dei bambini e dei ragazzi. La seconda fase dell&rsquo;apprendimento del parlare segna il passaggio dalla comunicazione legata al qui e ora all&rsquo;intervento individuale su un dato argomento e questo pone dei vincoli al discorso, chiede a ciascuno di pensare prima di parlare. La terza fase riguarda la tipologia della discussione e la presa di parola collettiva su diversi temi: scientifici, organizzativi, grammaticali, progettuali, fantastici... 
I criteri applicati per osservare, valutare e promuovere una comunicazione riuscita in una seconda lingua possono venire in aiuto anche per osservare le produzioni orali nella lingua madre, nella lingua della scuola. Essi sono sostanzialmente quattro:

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	<li style="text-align: justify;">l&rsquo;efficacia: lo scopo comunicativo del parlante è raggiunto; il contenuto risulta evidente e comprensibile agli interlocutori;</li>
	<li style="text-align: justify;">la fluenza: la pronuncia è chiara e il ritmo è adeguato; i passaggi logici e cronologici sono trasparenti;</li>
	<li style="text-align: justify;">la complessità: vi sono legami, nessi e connessioni nel discorso e la sintassi è sufficientemente articolata;</li>
	<li style="text-align: justify;">l&rsquo;accuratezza: dal punto di vista grammaticale e dell&rsquo;uso delle e strutture linguistiche, vi è sufficiente correttezza, ad esempio, nell&rsquo;uso della temporalità, delle concordanze...</li>
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La proposta per sviluppare nei bambini una comunicazione efficace si può articolare in cinque passi e tappe graduali:

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	<li style="text-align: justify;">dire di sé: sollecitare la parola autobiografica che dice le esperienze, i vissuti individuali o collettivi; che si riferisce al qui e ora, dà voce a fatti, emozioni, scoperte. Parola che si arricchisce grazie all&rsquo;ascolto e al dialogo e che si ccostruisce nell&rsquo;interazione;</li>
	<li style="text-align: justify;">raccontare storie: nella narrazione, la parola e l&rsquo;immaginazione si intrecciano, anche grazie all&rsquo;ascolto o alla visione di storie, alla lettura di libri e albi illustrati e la lingua orale diventa più preziosa. Si possono, ad esempio, inventare e costruire i testi dei silent book a piccoli gruppi per poi confrontarli;</li>
	<li style="text-align: justify;">esporre: la parola veicola conoscenze e contenuti del curricolo e si fa chiara e competente. Si basa spesso sul lessico specifico delle microlin- gue disciplinari e chiede a ciascun parlante di pensare prima di dire. La definizione è un costrutto cardine del discorso espositivo; un&rsquo;attività efficace è quella di allenare i bambini a scoprire i modi diversi di definire: la descrizione, gli usi, l&rsquo;appartenenza/non appartenenza, i concetti...</li>
	<li style="text-align: justify;">argomentare: una tappa ulteriore è rappresentata dalla capacità di sostenere il proprio punto di vista attraverso ragioni, esperienze, evidenze. Secondo me...: argomentando si impara ad assumere la responsabilità delle proprie parole e ad accogliere punti di vista diversi;</li>
	<li style="text-align: justify;">
	mettere in scena la parola: e infine, la parola può diventare gesto, teatro, racconto per altri che assistono. E si sviluppa nei bambini e nelle bambine la cura delle parole, il gusto della bellezza del dire poesia, di usare le parole per edificare palazzi e regge, per far rivivere con la voce magie e incantamenti.
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L&rsquo;eterogeneità linguistica delle classi si è ulteriormente ampliata in questi anni per la presenza di bambini e bambine non italofoni. Questo ha contribuito a sollevare nuovi interrogativi e a diffondere qualche consapevolezza sullo sviluppo della competenza orale, della comprensione e della produzione di messaggi e discorsi. Il cammino di bambini e ragazzi che all&rsquo;ingresso a scuola non parlano in italiano ci permette di osservare le tappe e i passaggi che essi percorrono &ndash; ognuno a modo proprio e con tempi peculiari, e tuttavia con importanti regolarità e analogie. Il percorso di acquisizione di una seconda lingua per comunicare disvela fasi, bisogni, impacci e conquiste di questa avventura. Certo, riferiti in maniera specifica a chi non è italofono, ma per molti aspetti validi per tutti gli alunni. Innanzitutto, è evidente che non basta la situazione di immersione, il &ldquo;bagno linguistico&rdquo; quotidiano per acquisire competenza e capacità di produzione orale. Serve un input diretto e coinvolgente, affettivo e graduale, per permettere a ciascuno di prendere la parola e di uscire dal silenzio. Inoltre la comunicazione, perché essa sia autentica, significativa, efficace, deve collocarsi dentro una relazione, una sollecitazione diretta, un compito compreso e comprensibile. E il docente rappresenta il &ldquo;modello linguistico&rdquo;, l&rsquo;esempio e la fonte di input (spesso l&rsquo;unica fonte) della comunicazione riuscita. 
Nella eterogeneità delle situazioni linguistiche, e grazie all&rsquo;osservazione della comunicazione quotidiana, la scuola che coltiva e sollecita la parola può acquisire consapevolezze e sperimentare le pratiche più efficaci, i tempi da rispettare, le fasi da ricomporre, le pratiche da diffondere con regolarità e in maniera sistematica.

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Che cosa abbiamo imparato dalle &ldquo;nuove&rdquo; domande

L&rsquo;importanza dell&rsquo;oralit&agrave;

Parlare in maniera chiara ed efficace non è cosa che viene da sè. Richiede passaggi, tappe, sollecitazioni molteplici, situazioni coinvolgenti e non ansiogene. 
La competenza comunicativa è un caleidoscopio che si aricchisce nel tempo, attraverso la pratica intenzionale, le occasioni che invitano a prendere la parola, gli interlocutori differenti con i quali intrecciare discorsi.

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Coltivare parole

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