Il tuo carrello (0 prodotti)

Il tuo carrello è ancora vuoto

Libri, riviste e tanti materiali digitali: trova la risorsa per te.

Apprendere con le storie alla scuola dell’infanzia

Potremmo affermare che il nostro cervello funziona creando storie, cioè collegando informazioni, stimoli e sensazioni in una narrazione

di Daniele Fedeli05 aprile 20215 minuti di lettura
Apprendere con le storie alla scuola dell’infanzia | Giunti Scuola

Sono spaventato per la recita: sicuramente dimenticherò quello che devo dire anche questa volta!

STORIE PER CONTENERE LE EMOZIONI

Pensiamo a quando il bambino sperimenta un’emozione rispetto a uno specifico evento: è preoccupato per la recita di fine anno, prova orgoglio per un disegno ben riuscito, si è arrabbiato con un amico ecc.

In tutti questi casi, il suo cervello costruisce una storia: collega alcuni sintomi somatici più o meno definiti, gli stimoli esterni o interni sotto forma di parole o immagini e una serie di pensieri su quello che è successo o potrebbe succedere, dando a tutto ciò un significato personale.

Tutto diventa parte di un’unica storia, anche se spesso a livello non consapevole: “Quando penso alla recita della prossima settimana, sento il cuore che batte più forte e lo stomaco contratto, perché mi torna in mente quando all’altra recita mi sono dimenticato quello che dovevo fare e ho visto i miei compagni che ridevano. Sicuramente andrà così anche questa volta!”. La conclusione di questa storia sarà l’emozione esperita consapevolmente: “Sono spaventato per la recita!”.


STORIE PER RICORDARE

La costruzione di storie è fondamentale non solo nel campo delle emozioni, ma in qualsiasi altro ambito vissuto dal bambino.

Fin dalle mnemotecniche della retorica greca e latina, sappiamo per esempio che ricordiamo meglio una serie di elementi tra loro slegati (per esempio, un elenco di parole, di immagini, di numeri ecc.) nel momento in cui li inseriamo all’interno di una storia dotata di un significato complessivo e, magari, anche personale.


NARRATORI NATI…

D’altro canto, fin dai primi anni di vita il bambino viene esposto a storie: i racconti dei nonni o quelli ascoltati al nido e alla scuola dell’infanzia, le storie veicolate dai cartoni animati o da un albo illustrato ecc. E che cosa dire dei racconti, più o meno fantasiosi, prodotti dai bambini stessi?

Si tratta di storie spesso molto fantasiose (qualche adulto arriverebbe a chiamarle bugie), che servono però al bambino per esprimere delle emozioni, per spiegare i propri comportamenti, anche solo per attirare l’attenzione dell’adulto e per dialogare con lui.


FUNZIONI EDUCATIVE DELLE STORIE

Potremmo continuare a lungo, ma è evidente che il cervello del bambino, prima ancora di imparare con le storie, funziona attraverso la creazione di storie, che assolvono molteplici funzioni educative:

aiutano la comprensione e la memorizzazione, perché dotano di significato le diverse informazioni, inserendole all’interno di una rete di legami (logici, causali, temporali);

favoriscono il coinvolgimento e la motivazione, introducendo elementi che potrebbero avere una risonanza affettiva con la vita emotiva del bambino;

esercitano funzioni cognitive di base, per esempio il mantenimento attentivo sulla storia mentre viene letta, ascoltata o raccontata;

sollecitano anche funzioni complesse, come la pianificazione o la flessibilità, quando il bambino racconta la storia ascoltata, modificandola, arricchendola.

promuovono infine il senso di “agentività” e protagonismo da parte del bambino, nel momento in cui riprende le storie ascoltate e le rende proprie, le personalizza ecc.


Nel caso di bambini con disabilità o bisogni speciali, l’attività con le storie può rappresentare un importante strumento sia di integrazione con il resto del gruppo, sia di espressione di emozioni e bisogni che, altrimenti, potrebbero avere come unico canale comunicativo l’insorgenza di comportamenti sregolati, acting-out emotivi, malesseri fisici ecc.


ATTIVITÀ ED ESPERIENZE DA PROPORRE AI BAMBINI

Presentiamo attività utili per far familiarizzare i bambini con l’uso delle storie: per esempio, proponiamo un racconto classico e chiediamo ai bambini di completarlo aggiungendo sé stessi in qualche ruolo; oppure chiediamo di fondere due storie insieme mescolando i personaggi.

Chiediamo ai bambini di raccontare la loro storia quando hanno sperimentato un evento emotivamente rilevante, per esempio il litigio con un compagno. Lasciamo il tempo e lo spazio necessario senza intervenire e senza preoccuparci se il racconto sia attendibile, veritiero ecc. L’obiettivo è che il bambino dia un senso personale e positivo a quanto sperimenta in quel momento, non che fornisca un resoconto oggettivo.

Con il tempo, per il bambino diventerà sempre più familiare inserire anche gli apprendimenti più strettamente scolastici all’interno di una storia personale: “Oggi ho imparato che… e questo mi ricorda che…”. In questo modo, le nuove informazioni si inseriscono in un reticolo di conoscenze già possedute, acquistano significato personale e, inevitabilmente, saranno ricordate in modo più efficace.

Ricordiamo che le potenzialità delle storie valgono per chi apprende, ma anche per chi insegna, perché entrambi possono ritrovarsi come protagonisti della stessa storia: anche il modo in cui vediamo il bambino (attento, partecipe, oppositivo, svogliato, curioso ecc.) è una storia che ci stiamo raccontando su di lui e, come per tutte le storie, possiamo decidere di cambiare il finale.

Nel caso di bambini con disabilità o bisogni speciali possiamo prevedere specifici adattamenti, consistenti nell’utilizzo di differenti canali espressivi, basati per esempio sulla produzione grafica, sull’espressività corporea ecc. In generale, però, è fondamentale, soprattutto, prevedere dei tempi più distesi, in quanto spesso il bambino con disabilità presenta un processamento informativo più lento.

Scuola dell'infanzia