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Ansia da prestazione e apprendimenti scolastici
L’ansia può interferire in modo pesante sulle prestazioni scolastiche degli allievi e avere seri effetti negativi anche su autostima, autoefficacia, motivazione

L’ansia è un’attivazione emotiva che tutti ben conosciamo perché è parte essenziale della nostra esperienza di vita. I livelli sono diversi: dalla leggera, “normale” ansietà per i tanti problemi che la realtà quotidiana ci presenta, all’angoscia che accompagna stati patologici conseguenti a eventi stressanti forti e prolungati, fino al panico che stravolge le capacità adattive delle persone e ne blocca le attività cognitive e relazionali.
L’ansia è un costrutto multidimensionale con componenti cognitive, fisiologiche, comportamentali. Si manifesta fin dai primi periodi dello sviluppo e per tutto il ciclo evolutivo, ma si accentua nelle fasi critiche: ingresso in situazione scolastica, partecipazione a gruppi con forti richieste di efficienza, malattie transitorie o croniche, conflitti familiari o lavorativi, deterioramento cognitivo in età anziana.
I teorici distinguono un’ansia di “stato”, legata a situazioni contingenti e in genere transitorie, e una di “tratto”, come caratteristica stabile della personalità nel “far fronte” ai problemi.
L’ANSIA DA PRESTAZIONE
Un aspetto particolare dell’ansia è quella “da prestazione”, che si attiva quando si è impegnati in una prova che implica una valutazione esterna. Sieber (1980, pp. 17-18) la definì come «caso specifico dell’ansia generale consistente in riposte fenomenologiche, fisiologiche e comportamentali relative alla paura di fallimento […] e all’esperienza di valutazione o testing». La cognizione e il comportamento sono perturbati dalla sensazione di “essere sotto esame”. L’attenzione si divide tra la prestazione nelle prove richieste e altri aspetti cognitivi ed emotivi. Dominano l’incertezza sul modo di comportarsi e la sensazione di essere non adeguatamente preparati; a ciò si aggiunge la presenza di un pubblico giudicante, la cui valutazione è ritenuta importante. Di conseguenza, la situazione è percepita come una “sfida”, che comporta una minaccia per l’autostima.
Questo tipo di ansia si può manifestare in relazione a un’interrogazione o a un esame scolastico, a una gara sportiva, al presentarsi e al parlare in pubblico, a una selezione per l’accesso a un corso o a un lavoro. Ma anche quando bisogna farsi apprezzare nel gruppo dei pari, situazione frequente nei bambini piccoli.
Mancanza di fiducia in sé stessi e interferenza
Le preoccupazioni cognitive (worries) sono legate al timore delle risonanze negative che l’insuccesso potrebbe avere sui rapporti con i compagni e con la famiglia.
A queste preoccupazioni per le conseguenze di un fallimento, ritenuto probabile, si accompagnano, secondo Stöber (2004), altri fattori cognitivi come mancanza di fiducia in sé stessi e “interferenza”. La prima è collegata alla carenza generale di autostima e autoefficacia, mentre l’interferenza è specificamente legata alla distrazione e al blocco cognitivo che disturba o interrompe la prestazione durante la prova (Hodapp, 1995).
Parallelamente, agiscono le componenti emozionali che attivano il sistema nervoso autonomo e si traducono in manifestazioni psicofisiologiche come sudore, tensione addominale, tremore, agitazione interna, disturbi cardiaci o gastrointestinali ecc.
Le preoccupazioni per le conseguenze di un fallimento si accompagnano a mancanza di fiducia in sé stessi, a un blocco cognitivo che disturba o interrompe la prestazione e a un’attivazione psicofisiologica esagerata
L’attivazione esagerata a sua volta influenza negativamente il funzionamento cognitivo, abbassando il rendimento della percezione e della memoria, e provocando così interferenze che rendono sempre più intenso il “blocco” emozionale del soggetto. Così l’ansia interferisce, a volta in modo molto pesante, sulla prestazione che dovrebbe invece riguardare solo la manifestazione degli apprendimenti conseguiti.
L’effetto dell’ansia sulle prestazioni scolastiche
Le ricerche hanno confermato che gli alunni con ansia da esame:
- sono più suscettibili alla distrazione da parte di materiale irrilevante per il compito;
- hanno ridotte capacità metacognitive e minore auto-efficacia;
- manifestano più preoccupazione per la valutazione.
Come conseguenza generale, hanno risultati più negativi nelle prestazioni scolastiche, specie in quelle che richiedono compiti cognitivi più complessi. Quest’ultimo aspetto spiega perché in certi ambiti l’ansia da esame si manifesta con particolare intensità: esempio tipico è quella relativa alla matematica, in cui gli insuccessi si riflettono sulla motivazione, innescando e mantenendo un circuito che a volte perdura fino ai livelli accademici più elevati e resta anche nella vita adulta, “La matematica non fa per me…”.
L’ansia da prestazione può anche riguardare le attività motorie: la goffaggine naturale in certe fasi dello sviluppo o l’impaccio dovuto a ragioni contingenti può stabilizzare paure per difficoltà ritenute insormontabili
Ma non è solo negli apprendimenti di lettura, scrittura e matematica che l’ansia può danneggiare la prestazione: succede spesso anche nelle attività motorie, che alcuni alunni vivono con forte emotività negativa, dovuta a insuccessi precedenti e a critiche da parte di insegnanti, compagni e familiari.
Così la goffaggine naturale in certe fasi dello sviluppo, o l’impaccio dovuto a ragioni contingenti, attraverso l’ansia innescata e rinnovata a ogni successiva prestazione insoddisfacente, può stabilizzare nel comportamento motorio – e nelle relative prove – paure per difficoltà che l’alunno ritiene insormontabili.
Queste situazioni sono naturalmente diverse in base all’età e alla fase di sviluppo che l’alunno sta attraversando: dalle prime fasi della scolarizzazione, in cui le richieste sono di tipo emotivo più che cognitivo (per esempio, farsi accettare dall’insegnante e dai compagni), alla scuola primaria dove le prestazioni cognitive iniziano a essere più pressanti e “valutative”, fino ai livelli scolastici superiori in cui intervengono e interferiscono i problemi legati alla fase dell’adolescenza, con le sue componenti di per sé ansiogene.
L’intervento psicologico a scuola
La psicologia nella scuola può fare qualcosa per evitare le situazioni ansiogene che interferiscono sull’apprendimento e l’adattamento?
- Può abituare gli alunni, fin da piccoli, alla corretta percezione delle proprie emozioni e alla riflessione su di esse, ad accorgersi dei pensieri intrusivi che danneggiano la prestazione scolastica (e non solo).
- Può stabilire una relazione di fiducia per cui tutti gli alunni possano manifestare, all’interno della relazione educativa, emozioni e pensieri che interferiscono sul rendimento.
- Può programmare modalità diverse di interrogazione, di assegnazione dei compiti, di prove pubbliche, che non penalizzino gli alunni con ansia da esame.
Non servono modalità dispensative o compensative, in questi casi, anzi, sono spesso dannose perché possono cristallizzare situazioni che vanno invece affrontate e superate.
Vanno programmati interventi mirati a seguito di una precisa analisi della situazione di ciascuno studente (Scheda “Ansia e apprendimento: le variabili da valutare”): è infatti essenziale accertare se e in che misura i deficit di apprendimento possano essere dovuti all’ansia e approntare gli opportuni rimedi per lo specifico caso.
Un intervento certamente utile nella scuola per affrontare e ridurre l’ansia da prestazione è quello che fa riferimento alla mindfulness, di cui si è già parlato su questa Rivista (De Beni, 2022). Nella Scheda “La mindfulness: un rimedio efficace per l'ansia?” sono riassunti i punti essenziali di un intervento di mindfulness, che può aiutare anche gli insegnanti e rendere meno dannose le interferenze negative dell’ansia sulla vita scolastica.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
- Dal Zovo, S. (2020). Mindfulness e benessere a scuola. Trento: Erickson.
- De Beni, R. (2022). La mindfulness: una pratica funzionale all’apprendimento. Psicologia e scuola, 9, 7.
- Di Nuovo, S., & Magnano, P. (2013). Competenze trasversali e scelte formative. Trento: Erickson.
- Flook, L., Smalley, S.L., Kitil, M.J., Galla, B.M., Kaiser-Greenland, S., Locke, J., Ishijima, E., & Kasari, C. (2010). Effects of mindful awareness practices on executive function in elementary school children. Journal of Applied School Psychology, 26, 70-95.
- Greco, L., Baer, R., & Smith, G.T. (2011). Assessing mindfulness in children and adolescents: development and validation of the Child and Adolescent Mindfulness Measure (CAMM). Psychological Assessment, 23, 606-614.
- Hodapp, V. (1995). The TAI-G: A multidimensional approach to the assessment of test anxiety. In C. Schwarzer, M. Zeidner (Eds.), Stress, anxiety, and coping in academic settings (pp. 95-130). Tübingen: Francke.
- Segal, Z., Williams M., & Teasdale J. (2014). Mindfulness. Al di là del pensiero, attraverso il pensiero. Torino: Bollati Boringhieri.
- Sieber, J.E. (1980). Defining test anxiety: problems and approaches. In I.G. Sarason (Ed.), Test Anxiety: Theory, Research and Applications (pp. 15-42). Hillsdale (NJ): Erlbaum.
- Snel, E. (2015). Calmo e attento come una ranocchia. Esercizi di mindfulness per bambini (e genitori). Cornaredo (MI): Red! Edizioni.
- Stöber, J. (2004). Dimensions of test anxiety: Relations to ways of coping with pre-exam anxiety and uncertainty. Anxiety, Stress, & Coping, 17, 213-226.
- Willard, C. (2017). Mindfulness per bambini e adolescenti. Firenze: Terra Nuova edizioni.