Lo stile dell’insegnante alla prova del contesto educativo

Il curricolo implicito, il gioco libero e la regia dell'adulto e un esempio dalle scuole di Berlino

di Giancarlo Cerini14 ottobre 20193 minuti di lettura
Lo stile dell’insegnante alla prova del contesto educativo | Giunti Scuola
Quando parliamo di contesto ci riferiamo ad una particolare qualità dell’ambiente educativo, in cui tende a ridursi la mediazione didattica “diretta” dell’insegnante. Spesso ci siamo detti che un insegnante di scuola dell’infanzia non “fa lezione” nel senso classico del termine, spiegando alla classe intera un particolare contenuto da apprendere. La progettualità pedagogica è piuttosto “indiretta”, perché è affidata in gran parte alla organizzazione degli spazi e dei tempi, alla successione dei momenti della giornata educativa, all’iniziativa e alla curiosità dei bambini.

Non a caso si parla di curricolo “implicito”, contrapposto a curricolo “esplicito”, proprio perché le situazioni appaiono quasi il frutto di accadimenti naturali e spontanei: l’aggregarsi di bambini verso un centro di interesse, la scomposizione e ricomposizione dei gruppi, il libero manifestarsi del gioco. Però “implicito” non significa affatto casuale e occasionale, perché la regia educativa dell’adulto è affidata alla sua preventiva capacità di pensare agli spazi, alla natura degli stimoli e dei materiali da offrire, alla capacità di osservare i comportamenti e le reazioni dei bambini e di fornire appigli (scaffolding) per farli evolvere. Invece, spesso ci facciamo prendere dalla preoccupazione di organizzare il curricolo esplicito, di proporre attività strutturate, di abusare di schede, ecc. Il rischio di una poco efficace didattica “insegnativa” è sempre dietro l’angolo.

La coerenza di un contesto educativo

Nei recenti documenti europei sulla qualità dei servizi educativi per l’infanzia (ad es. il “Quality Framework ECEC”) si riscopre il valore del gioco libero e spontaneo e qualche ricercatore si spinge fino a rivendicare che metà del tempo che un bambino passa in una struttura educativa sia dedicato ad attività creative di cui i bambini hanno la possibilità di scelta e di direzione. Comune è poi la richiesta di un approccio olistico, che “tenga insieme” le diverse modalità del bambino di giocare, muoversi, porsi in relazione, apprendere, senza spezzettarle in tante mini-lezioni per ogni campo di esperienza. È a questa integrazione che si riferiscono anche le Indicazioni per il curricolo (2012), sulla scia degli Orientamenti del 1991, quando definiscono la scuola dell’infanzia un ambiente “di vita, di relazione, di apprendimento”. Ed è proprio dall’equilibrio di questi diverse dimensioni che si determina la coerenza di un contesto educativo.

Un esempio da Berlino

Nel curricolo più diffuso nelle scuole dell’infanzia berlinesi si propone di dedicare un adeguato tempo a quattro aspetti:
- le routine (la base sicura da cui i bambini partono per nuove scoperte);
- l’organizzazione degli spazi (sia in sezione, ma anche caratterizzando angoli, laboratori, open space);
- il gioco libero (con l’adulto attento osservatore);
- le attività didattiche (con la mediazione di materiali: oggi si fanno molto apprezzare quelli di risulta, gli scarti, i ritagli, ecc.).
Non per questo l’insegnante potrà estraniarsi dalle situazioni. Anzi la sua regia sarà più acuta, perché più delicata. Dovrà saper gestire l’arte della vicinanza (stare nel gioco…) e del distanziamento (favorire l’autonomia, le conquiste, l’immaginazione). Il gioco libero, che dovremo riscoprire, è uno spazio vitale (motorio, simbolico, immaginativo, di ruoli) per ogni bambino, ma è uno spazio educativo per l’adulto, perché deve saper “stare nel gioco” per capirlo, rispettarlo, farlo evolvere verso esperienze più ampie e aperte con i suoi sapienti rilanci. Quello stile che J.S.Bruner chiamava “l’arte della cortesia del dialogo”.
 

 
 
 
 
 
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