Sabrina Giarratana: "Una voce per avvicinare i bambini al linguaggio poetico"

La scrittrice dà i propri consigli agli insegnanti per una lettura che coinvolga e invitando ad ascoltare il silenzio. Dieci anni fa l'uscita del suo capolavoro "La bambina delle nuvole, una storia del Sahara"

di Redazione GiuntiScuola19 luglio 20195 minuti di lettura
Sabrina Giarratana: "Una voce per avvicinare i bambini al linguaggio poetico" | Giunti Scuola
Una chiacchierata a tu per tu con Sabrina Giarratana, nota scrittrice di libri per l’infanzia, per toccare due aspetti: l’introduzione al linguaggio poetico e il decennale dalla pubblicazione di una delle sue opere più conosciute, vale a dire “La bambina delle nuvole, una storia del Sahara” (Rizzoli, 2009). Ecco come ha risposto alle nostre domande.

 

Come possiamo avvicinare i bambini della scuola primaria al linguaggio poetico, aiutarli a saperlo apprezzare, stimolarli in una scrittura capace di essere sia creativa che, contemporaneamente, ricca di contenuto?

Credo che i bambini siano naturalmente attratti dal linguaggio poetico perché sono affascinati dalla musicalità delle parole, ancora prima che dal loro senso. Hanno però bisogno di una voce che li avvicini alla poesia, una voce che risuoni intorno a loro e che piano piano si faccia strada dentro di loro. Una voce-seme, che si pianti nella loro terra interiore. Una voce-casa, che sappia accogliere tante diverse voci poetiche in cui i bambini si possano riconoscere. Se questa voce non arriva, oppure se arriva come una forzatura da chi non ha un vero amore per la poesia, difficilmente i bambini potranno apprezzarla. Se invece hanno la fortuna di incontrare questa voce, grazie a un insegnante che si emoziona quando legge per loro, che dà respiro e sguardo e immediatezza e presenza alle parole, che si nutre e li nutre spesso di tanti tipi di poesia, magari a piccole dosi ogni giorno, con naturalezza e divertimento, allora i bambini potranno apprezzarla e amarla.

Credo che durante i primi anni di scuola bisognerebbe dedicare molto tempo all’ascolto, non solo di tanti tipi di poesia. Ascoltare il silenzio, innanzitutto, che è l’origine della poesia. Io penso di avere iniziato a comporre poesie nella mia mente quando da bambina mi perdevo nel silenzio della natura con i miei fratelli e ascoltavo e immaginavo le voci di tutte le cose viventi intorno a me. Solo che ancora non avevo a disposizione abbastanza parole e la capacità di scriverle.

Nel silenzio i bambini possono sentire la propria voce interiore, imparare a non averne paura. Poi ciascuno avrà i suoi tempi per lasciarla emergere attraverso le parole e la scrittura. I bambini hanno bisogno di tempo e di silenzio per pensare, per osservare, per immaginare, per riuscire a sperimentare l’ascolto di sé e del mondo che hanno intorno, prima di scrivere. Hanno bisogno di sentire che non siamo ansiosi rispetto ai loro risultati, che diamo loro libertà per esprimersi e fiducia nelle loro capacità creative. La scrittura viene dopo, può essere nutrita di giochi di parole e di esempi da seguire, ma prima bisogna nutrire la capacità di ascolto e di immaginazione dei bambini.

 

Come è nato il libro “La bambina delle nuvole, una storia del Sahara”?

 

Il libro è nato dall’amicizia con Giulia Olmi, che nel 2001 si è trasferita da Roma a Bologna per aprire una sede regionale del Cisp in Emilia Romagna. Grazie ai racconti di Giulia e del Cisp sono venuta a conoscenza della storia di questo popolo e del lavoro straordinario fatto dalle donne saharawi nei Campi Profughi di Tindouf in Algeria. Sempre grazie a Giulia nel 2006 ho avuto occasione di incontrare a Bologna Aminatou Haidar, militante pacifica saharawi, di ascoltare dalla sua voce i racconti delle violenze subite da lei e da molte altre donne, e da tutto il popolo saharawi, nei Territori Occupati dal Marocco dal 1975. Quei racconti mi hanno così colpito da spingermi a scrivere questa storia.

 

Il 10 marzo 2019, nel grave incidente aereo dell’Ethiopian, ha perso la vita lo storico presidente del Cisp, Paolo Dieci. Che cosa ha provato in quel momento?

Non ho mai conosciuto personalmente Paolo Dieci, ne ho sempre e solo sentito parlare come di una persona eccezionale da parte di chi lo ha conosciuto. La notizia della morte improvvisa di Paolo Dieci e di altri cooperanti italiani di diverse associazioni, che viaggiavano tutti sullo stesso aereo, mi ha colpito profondamente e mi ha lasciato dentro un senso di ingiustizia e di rabbia per molti giorni. Sono molto grata al Cisp, di cui Paolo Dieci era presidente, perché senza il Cisp non avrei mai conosciuto il popolo saharawi.

 

A dieci anni dalla pubblicazione del libro, il messaggio trasmesso dalla sua opera resta ancora attuale, anche da far passare nel mondo della scuola?

Penso che il messaggio trasmesso da questo libro possa essere importante oggi più che mai. Viviamo in un periodo storico di forti migrazioni dall’Africa e purtroppo molta gente per ignoranza confonde l’Islam con l’integralismo islamico, o ancora peggio con il terrorismo, e ne ha paura. E purtroppo dal pregiudizio nasce il razzismo. Questo libro permette ai ragazzi di smontare qualche pregiudizio, conoscere il popolo saharawi, che è invece un esempio di islamismo moderato, di apertura, di rispetto e parità tra uomo e donna. Eduardo Galeano, grande scrittore uruguaiano, profondo conoscitore e amico di questo popolo, ha definito la società saharawi “la più aperta, e la meno machista, di tutto il mondo musulmano”. Il messaggio di questo libro può essere importante anche perché è un messaggio di luce in una storia di buio. La storia di un popolo che, nonostante da oltre quarant’anni sia vittima di una grande ingiustizia internazionale, continua a credere nella pace, nella giustizia e a non perdere la speranza.

 

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