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Valutazione dei DSA in tempo di DAD
Quali profili di apprendimento per i bambini che frequentano la didattica a distanza? Come affrontare il percorso diagnostico di questi alunni? Quali gli elementi clinici da osservare? Due voci a confronto.

Il rischio del proliferare di diagnosi DSA
non corrette
Valentina De Franchis, Psicologa
In questi ultimi mesi ho notato il crescere di dubbi rispetto a potenziali DSA che arrivano in valutazione in seguito a segnalazioni da parte della scuola e l’aumento della preoccupazione delle famiglie per sopraggiunte difficoltà di apprendimento nella scuola primaria. Il dubbio che sento molto forte negli operatori della mia regione (la Liguria, n.d.R.) è quello di effettuare una valutazione con prove di apprendimento che spesso stanno dando esiti negativi sul piano della matematica ma anche della comprensione e dell’ortografia. Al momento io mi sto aiutando da un lato con l’esperienza clinica e dall’altro anche con approfonditi colloqui con le insegnanti, che possano chiarirmi rispetto alla “storia” della difficoltà di apprendimento di ogni bambino. Nonostante questo, io stessa non trovo comunque facile attribuire determinate diagnosi a bambini che non sono andati a scuola per tanti mesi e che hanno potuto seguire pochissime lezioni online e con modalità non univoche (alla scuola primaria alcuni bambini hanno ricevuto soprattutto dei video registrati dalle insegnanti, altri lezioni in diretta). Lavorando in una zona periferica della città, la maggior parte dei bambini che arrivano per una diagnosi appartengono a famiglie in condizioni socio-culturali svantaggiate e le occasioni formative di questi allievi sono completamente delegate alla scuola perché i genitori stessi hanno magari percorsi di studio brevi e non sono in grado di seguire i figli nel sopperire alle difficoltà della scuola in questo periodo storico.
Il caso di Luca
Mi ha colpita in particolare un bambino, Luca (nome di fantasia), in classe seconda primaria, che era arrivato alla valutazione per altri aspetti più emozionali; i genitori (con titolo di studio di scuola superiore e situazione sociale nella norma) esprimevano però preoccupazione perché Luca, avendo frequentato solo fino a marzo la prima e non avendo lavorato per nulla a casa con loro, si ritrova ora in classe seconda ma con competenze bassissime negli apprendimenti (e alla mia valutazione cognitiva avrebbe alla WISC un punteggio molto alto: dunque un bambino davvero in gamba!).
Allo scopo di analizzare le caratteristiche e il livello della difficoltà e per dar loro indicazioni su come stimolarlo negli apprendimenti, ho somministrato a Luca le prove di lettura della sua classe e, visto che non riusciva proprio ad affrontarle, anche quelle della prima intermedia, dove ha ottenuto punteggi bassissimi. Peraltro, Luca era stato stimolato dalla famiglia per tutta l’estate a leggere libri in autonomia, con una lettura praticamente lettera per lettera, lentissima... una tortura in piena regola! Ora esprime disagio scolastico (che già manifestava per difficoltà emotive legate alla separazione dei genitori) e mi ha detto che la sua rabbia a scuola da uno a dieci era 10.000.000! Mi ha fatto veramente tenerezza. La famiglia è molto ansiosa perché, peraltro, lo confronta sugli apprendimenti con un fratellino più grande che alla fine della prima sapeva leggere benissimo.
I dubbi sulle valutazioni
Questa storia mi ha fatto riflettere sul fatto che potrebbe essere utile per gli operatori ricevere qualche risposta autorevole circa i dubbi che insorgono nelle valutazioni di DSA, in particolare dei bambini che frequentano la classe terza o comunque che ancora non avevano raggiunto un buon livello di automatizzazione e hanno perso parte delle competenze già acquisite per non averle esercitate o per non aver avuto accesso all’insegnamento.
Gli orari scolastici ridotti, gli eventuali periodi di quarantena, la didattica a distanza potrebbero far aumentare il numero di profili di apprendimento dubbi
La mia riflessione è che, poiché i bambini hanno quest’anno ripreso la scuola spesso con orario ridotto, o hanno dovuto affrontare settimane di quarantena in casa per situazioni di COVID-19 in classe, o addirittura hanno lavorato tramite la didattica a distanza (DAD), se la scuola dovesse di nuovo chiudere per un tempo lungo nei prossimi mesi i bambini potrebbero mostrare profili di apprendimento dubbi e le diagnosi saranno sempre più complicate per i clinici.
Stando così le cose, quali indicazioni offrire per la scelta delle prove e l’interpretazione delle stesse per gestire le valutazioni nei mesi che verranno in modo adeguato e con l’obiettivo di scongiurare anche il rischio del proliferare di diagnosi DSA non corrette?
Considerate le condizioni attuali della didattica, potrebbe essere anche utile sostenere la scuola nell’individuazione dei casi effettivamente sospetti, promuovendo un’accurata osservazione dei processi di apprendimento nelle fasi iniziali, considerate le condizioni attuali della scuola, e aiutare le famiglie a evitare allarmismi e improvvisazioni di supporto agli apprendimenti che potenzialmente potrebbero essere deleteri sulla motivazione se troppo elevati rispetto al livello del bambino.
Il parere di Claudio Vio
Università degli studi di Padova
È molto importante prestare attenzione all’anamnesi, cioè ricercare eventuali fattori di rischio presenti già in età prescolare o nelle prime fasi di apprendimento
Le osservazioni della collega sollevano interrogativi importanti in questo particolare momento storico, nel quale la frequenza scolastica è spesso interrotta da necessità sanitarie e la didattica a distanza (DAD) viene a volte organizzata su iniziativa degli insegnanti, magari anche con proposte creative, solo in qualche caso interattive con gli alunni della classe, ma a proposito delle quali poco conosciamo circa l’impatto sull’apprendimento.
È ovvio che in questa situazione il contesto familiare e le disponibilità dei genitori fanno la differenza rispetto alle opportunità educative. Per esempio: dove la DAD ha visto la presenza costante del genitore e la disponibilità degli strumenti necessari per un adeguato collegamento Internet, la risposta del bambino alle attività a distanza può essere stata diversa da quella nella quale, al contrario, per il problema di disporre di una buona rete telefonica e/o di un computer o per l’assenza dei genitori in casa, in quanto impegnati nel lavoro, sia stato difficile far arrivare all’alunno la proposta didattica.
I quesiti di fondo
Analizziamo allora le difficoltà che solleva la collega.
«Il dubbio che sento molto forte negli operatori della mia regione è quello di effettuare una valutazione con prove di apprendimento che spesso stanno dando esiti negativi sul piano della matematica ma anche della lettura e dell’ortografia».
Il dubbio pone almeno due importanti quesiti in relazione alle scelte operative necessarie per la diagnosi:
- le prove che vengono utilizzate per indagare il livello di appren- dimento dei bambini, in ordine alla strumentalità in lettura, scrittura, calcolo, contengono dati normativi raccolti su campioni di soggetti con una storia scolastica diversa da quegli alunni per i quali lo strumento dovrebbe essere utilizzato;
- che cosa sappiamo di un processo di apprendimento che viene interrotto per alcuni mesi e poi, molto tempo dopo, ripreso e magari interrotto di nuovo? Che cosa sappiamo degli esiti di proposte didattiche e di stimolazioni che potremmo definire di tipo naïf?
Come orientarsi nel processo diagnostico
Provo a rispondere a questi interrogativi, ovviamente sulla base della mia esperienza e non sulla disponibilità di ricerche specifiche, per cercare di orientarci nel processo diagnostico.
Come affrontare dunque il percorso diagnostico di questi alunni? Quali sono gli elementi clinici da osservare?
È importante in questi casi prestare particolare attenzione all’anamnesi, cioè ricercare eventuali fattori di rischio presenti già in età prescolare o nelle prime fasi di apprendimento; le prove strumentali, inoltre, possono essere quelle della classe precedente e non quella di appartenenza. Tutto questo ancora non è sufficiente per orientarsi nel processo diagnostico.
Credo che in aggiunta sia importante porre sotto una sorta di lente di ingrandimento la qualità dei processi in esame. Per esempio trovo molto utile cercare di comprendere se il processo di decodifica si colloca nelle fasi iniziali del processo fonologico, riconoscimento della lettera, poi aggregazione di fonemi (fase definita come fase alfabetica stadio iniziale); oppure se il bambino procede attraverso la pronuncia di singole parti di parole (il sillabare tipico della fase intermedia dello stadio alfabetico, dove sono importanti da valutare anche le pause), o infine se ha invece acquisito la fase più avanzata della lettura fonologica, dove la sillabazione della parola può essere parziale o totale, così da aprirsi la strada verso una lettura lessicale dove l’effetto “frequenza della parola” è fondamentale.
Ci sono poi indici comportamentali da registrare: per esempio difficoltà nell’andare a capo, processi di migrazione di lettere appartenenti alla parola successiva o precedente rispetto a quella che il bambino sta leggendo, l’affaticabilità manifestata dopo 4 minuti di lettura, la postura ecc.
Anche l’analisi qualitativa degli errori è importante: nella lettura la situazione più grave si verifica quando si riscontra la produzione di errori misti (per esempio inversioni statiche, cinetiche, soprattutto errori fonologici, visivi per fonemi diversi dal punto di vista delle caratteristiche distintive).
I dati del Ministero: la cautela degli insegnanti nell’invio ai servizi
A questo proposito vorrei ricordare alcuni dati del documento intitolato I principali dati relativi agli alunni con DSA - anno scolastico 2018/2019, del Ministero dell’Istruzione (2020, appena pubblicato al momento di scrivere queste note). Il report contiene, oltre alle segnalazioni di rischio di disturbo – per la verità molto poche, dato che si tratta dello 0,23% del totale degli alunni frequentanti la scuola dell’infanzia e i primi due anni di scuola primaria –, il numero di certificati depositati presso le scuole relativi ad alunni frequentanti il terzo, quarto e quinto anno di corso della scuola primaria e la scuola secondaria di primo e di secondo grado, cui è stato diagnosticato un disturbo specifico dell’apprendimento. La differenza tra il valore indicato per la scuola primaria rispetto a quello della scuola secondaria è il dato più interessante, come se già fosse presente una certa cautela nell’invio degli alunni ai servizi da parte degli insegnanti; nello stesso tempo, però, l’incidenza epidemiologica (3,1%) è in linea con quanto emerso da specifiche ricerche in questo ambito svolte in Italia (Barbiero, Montico, Lonciari et al., 2019).
Relativamente al caso di Luca, descritto da Valentina De Franchis (vedi sopra), infine, l’impressione è che si tratti di un disturbo specifico di apprendimento, non solo con riferimento al criterio della discrepanza, ora messo in secondo piano dalle nuove linee di consenso, ma anche sulla base dei comportamenti descritti e dei tentativi effettuati dai genitori: non possiamo in questo caso parlare di mancanza o del tutto inadeguata istruzione scolastica.
- Barbiero C., Montico M., Lonciari C. et al. (2019), «The lost children: The underdiagnosis of dyslexia in Italy. A cross-sectional national study», PLoS ONE 14(1): e0210448.
- MIUR (2020), I principali dati relativi agli alunni con DSA - anno scolastico 2018/2019, MIUR, Roma.